Martedì 25 ottobre 2022

     

    XXX Settimana tempo ordinario

     

    Aforisma del giorno di don Bepo Vavassori

    Senza l’aiuto di Maria SS. non si vince nessuna partita, specie quella decisiva in hora mortis nostrae.

     

    Preghiera del giorno Salmo 9 (2.a parte)

    Ma il Signore sta assiso in eterno; erige per il giudizio il suo trono: giudicherà il mondo con giustizia, con rettitudine deciderà le cause dei popoli. Il Signore sarà un riparo per l’oppresso, in tempo di angoscia un rifugio sicuro.

    Confidino in te quanti conoscono il tuo nome, perché non abbandoni chi ti cerca, Signore. Cantate inni al Signore, che abita in Sion, narrate tra i popoli le sue opere. Vindice del sangue, egli ricorda, non dimentica il grido degli afflitti. Amen.

     

    Santo del giorno

    B. Carlo Gnocchi

    Carlo Gnocchi, nacque da povera famiglia in diocesi di Lodi nel 1902. Morto il padre si trasferì a Milano, entrò in Seminario e fu ordinato prete nel 1925. Curato di oratorio è assistente spirituale dell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, a Milano.

    Allo scoppio della 2.a guerra mondiale, partì come cappellano militare prima sul fronte greco-albanese e nel 1942 ma in Russia con gli alpini della Tridentina. La drammatica esperienza della guerra e della ritirata dei soldati italiani lo spinse a riflettere e a considerare il mistero del dolore, specie negli innocenti e nei bambini. Finita la guerra realizzò una grandiosa opera di carità per gli orfani e i mutilatini.

    Malato di tumore, morì il 28-2-1956, dopo aver donato le cornee a 2 ragazzi ciechi (i trapianti d’organi non erano ancora regolamentati dalla legge italiana). Beatificato da papa Benedetto XVI nel 2009 in piazza del Duomo a Milano.

     

    Parola di Dio del giorno Luca 13,18-21

    Diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».

    E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

     

    Riflessione del giorno

    Qualche mese fa don Martino Campagnoni ha evocato l’episodio della chiusura dell’orfanotrofio di Torre Boldone avvenuto nel 1938. La mancanza di scuole professionali adeguate aveva spinto le Suore delle Poverelle, su consiglio del Vescovo, a chiedere l’aiuto di don Bepo Vavassori.

    Così mentre si chiudeva l’opera aperta da un santo (S. Luigi Palazzolo), si apriva la porta del Patronato di un futuro santo (don Bepo Vavassori). Nel suo racconto, don Martino ha rivissuto anche i primi passi della sua vocazione. Orfano di padre e madre, il piccolo Martino fu portato a Torre Boldone dal suo parroco, proprio mentre l’orfanotrofio stava chiudendo e così anche lui fu aggregato ai ragazzi che a piedi raggiunsero il Patronato di Bergamo.

    Un ex allievo ricorda così il suo primo incontro con don Bepo: «Una sera del 1938 ci riuniscono in una sala. A capo della riunione c’è un prete con pochi capelli e un sorriso dolcissimo. Non so come, ci entusiasmò tutti. Spiegò che l’Istituto Palazzolo chiudeva i battenti per i giovani, ma che noi non ci dovevamo preoccuparci, perché ci avrebbe presi lui con sé, nella sua casa».

    L’ex allievo temeva di finire in uno dei collegi dove il rigore era di casa e invece…Una sera d’ottobre con soltanto un pacco di indumenti, partì verso la Malpensata. “Ma quando varcammo la porta del Patronato – racconta l’ex allievo- la campanella suonava a festa, i giovani e i ragazzi ci battevano le mani, il cortile era illuminato a festa e noi cenammo con don Bepo e con gli altri preti mentre un ragazzo, Granata, cantava canzoni che ci toccavano il cuore».

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Per i portatori di handicap e i disabili, perché trovino rispetto, accoglienza e il sostegno necessario per vivere al meglio la loro vita.

     

    Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo

    GUSTAVE COURBET: L’ATELIER DU PEINTRE

    1855 – olio su tela – 362 x 598 cm – Museo d’Orsay Parigi

    La bottega del pittore è un dipinto di Gustave Courbet (1819-1877) da lui definito un’allegoria reale per sottolineare la difficile comprensione di un’opera destinata a suscitare molteplici interpretazioni. A centro del dipinto, Gustave Courbet è seduto di fronte a una grande tela che raffigura un paesaggio di Ornans.

    Dietro a lui la giovane donna nuda osserva l’opera dell’artista, coperta solo dal panno che stringe in mano. Ai suoi piedi un gatto gioca a terra mentre un bambino osserva composto il dipinto. Nel gruppo di destra si riconoscono il mecenate Alfred Bruyas, di profilo e con folta barba; il filosofo Proudhon, il critico Champfleury seduto su uno sgabello e il poeta Baudelaire impegnato nella lettura.

    Sono presenti anche due estimatori d’arte e una coppia che amoreggia presso la finestra: si tratta del genere di persone in cui il pittore si riconosce, mentre a sinistra colloca alla rinfusa quelli che non fanno parte del suo mondo e cioè un rabbino, un bracconiere, un mercante, un mendicante e un operaio senza lavoro cioè –secondo le stesse parole del pittore- “il popolo, la miseria, la povertà, la ricchezza, gli sfruttati, gli sfruttatori, le persone che vivono della morte altrui”.

    Gli oggetti raffigurati a terra (chitarra, daga, cappello e teschio) così come il modello legato al palo che ricorda S. Sebastiano, sono richiami a quell’arte accademica che il pittore rifiuta. La figura femminile accanto all’artista è la sua musa ispiratrice ed è insieme il simbolo della nuda verità che si completa con l’innocenza e con la spontaneità rappresentate dal bimbo e dal gatto.

    Ma rimane comunque non facile determinare il senso di una rappresentazione così complessa e suscettibile di mille possibili interpretazioni che lui stesso intitolò: La Bottega del pittore, allegoria reale che determina una fase di sette anni nella mia vita artistica e morale. Questo quadro insomma rimane uno dei suoi dipinti più enigmatici, ma definisce in modo netto il ruolo centrale dell’artista come interprete del nuovo mondo e della classe borghese che lo guida.   

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