Tempo di Natale
Aforisma del giorno di Enzo Bianchi
Il mio augurio? cercate di vincere ogni tristezza, di voler bene a chi è con voi, di stupirvi della vita.
Preghiera del giorno
O Dio, che per mezzo del santo apostolo Giovanni ci hai dischiuso le misteriose profondità del tuo Verbo, donaci intelligenza e sapienza per comprendere l’insegnamento che egli ha fatto mirabilmente risuonare ai nostri orecchi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Santo del giorno
S. Giovanni apostolo ed evangelista
Giovanni, l’autore del quarto Vangelo e dell’Apocalisse, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo maggiore, fu considerato dal Sinedrio un «incolto». In realtà i suoi scritti sono una vetta della teologia cristiana. La sua propensione più alla contemplazione che all’azione non deve farlo credere, però, una figura “eterea”.
Si pensi al soprannome con cui Gesù – di cui fu discepolo tra i 12 – chiamò lui e il fratello: boanerghes cioè «figli del tuono». Lui si definisce semplicemente «il discepolo che Gesù amava». Assistette alla Passione con Maria. E con lei, dice la tradizione, visse a Efeso. Qui morì tra fine del I e inizio del II secolo, dopo l’esilio a Patmos. Per Paolo era una «colonna» della Chiesa, con Pietro e Giacomo.
Parola di Dio del giorno 1Giovanni 1,1-4
Figlioli miei, quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.
Riflessione del giorno di Natale Edith Stein
Le tenebre ricoprivano la terra, ed egli venne come la luce che illumina le tenebre, ma le tenebre non l’hanno compreso. A quanti lo accolsero egli portò la luce e la pace; la pace col Padre celeste, la pace con quanti come essi sono figli della luce e figli del Padre celeste, e la pace interiore e profonda del cuore; ma non la pace con i figli delle tenebre. Ad essi il Principe della pace non porta la pace, ma la spada. Per essi egli è la pietra d’inciampo, contro cui urtano e si schiantano.
Questa è una verità grave e seria, che l’incanto del Bambino nella mangiatoia non deve velare ai nostri occhi. Il mistero dell’incarnazione e il mistero del male sono strettamente uniti. Alla luce, che è discesa dal cielo, si oppone tanto più cupa e inquietante la notte del peccato. Il Bambino protende nella mangiatoia le piccole mani, e il suo sorriso sembra già dire quanto più tardi, divenuto adulto, le sue labbra diranno: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati».
Alcuni seguirono il suo invito. Così i poveri pastori sparsi per la campagna attorno a Betlemme che, visto lo splendore del cielo e udita la voce dell’angelo che annunciava loro la buona novella, risposero pieni di fiducia: «Andiamo a Betlemme» e si misero in cammino; così i re che, partendo dal lontano Oriente, seguirono con la stessa semplice fede la stella meravigliosa. Su di loro le mani del Bambino riversarono la rugiada della grazia, ed essi «provarono una grandissima gioia».
Queste mani danno e esigono nel medesimo tempo: voi sapienti deponete la vostra sapienza e divenite semplici come i bambini; voi re donate le vostre corone e i vostri tesori e inchinatevi umilmente davanti al re dei re; prendete senza indugio su di voi le fatiche, le sofferenze e le pene che il suo servizio richiede.
Voi bambini, che non potete ancora dare alcunché da parte vostra: a voi le mani del Bambino nella mangiatoia prendono la tenera vita prima ancora che sia propriamente cominciata; il modo migliore di impiegarla è quello di essere sacrificata per il Signore della vita. «Seguimi», così dicono le mani del Bambino…
Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo
IL’JA EFIMOVIČ REPIN: I COSACCHI DI ZAPOROZHYE RISPONDONO AL SULTANO
1878 /’91 – Olio su tela – 217 x 361 cm – Museo Russo Mosca
I Cosacchi dello Zaporož’e scrivono una lettera al Sultano di Turchia è uno dei dipinti più complessi di Repin che occupò molti anni della sua vita. L’idea dell’opera venne da letture di passatempo, ma Repin credeva sinceramente negli ideali dei cosacchi: libertà, eguaglianza e fratellanza. L’artista credeva anche nel repubblicanesimo cosacco.
Il quadro, di grandi dimensioni, venne cominciato alla fine degli anni ’70, e terminato solo nel 1891. Venne comprato subito dallo zar Alessandro III, per il prezzo di 35.000 rubli, una cifra astronomica destinata a un dipinto, per l’epoca. L’opera ritrae un momento di divertimento tra cosacchi: li vediamo intenti a inventare insulti e volgarità da scrivere nella lettera di risposta a quella indirizzata loro dal Sultano Mehmet IV. Nel 1894 Repin iniziò a insegnare all’accademia di San Pietroburgo e diventò una figura venerata tra i suoi allievi.
Dopo la rivoluzione del 1905 rinunciò al suo posto perché non voleva avere niente a che fare con un governo che considerava stupido e prossimo a un totale tracollo. L’artista nel 1899 aveva acquistato una tenuta in campagna a Kuokkala, vicino a S. Pietroburgo, allora parte della Finlandia. Dopo che nel 1917 la Finlandia dichiarò l’indipendenza dalla Russia e chiuse in confini, Repin si ritrovò fuori dalla sua patria e non vi tornò più. Oggi Kuokkala fa di nuovo parte della Russia ed è stata rinominata Repino in suo onore; la sua casa è diventata museo.
LETTERA DEL SULTANO TURCO MEHMED IV
In quanto sultano; figlio di Maometto; fratello del Sole e della Luna; nipote e viceré per grazia di Dio; governatore del regno di Macedonia, Babilonia, Gerusalemme, Alto e Basso Egitto; imperatore degli imperatori; sovrano dei sovrani; cavaliere straordinario e imbattuto; fedele guardiano della tomba di Gesù Cristo; fido prescelto da Dio stesso; speranza e conforto dei Musulmani; grande difensore dei cristiani — Io comando a voi, cosacchi dello Zaporož’e, di sottomettervi a me volontariamente e senza resistenza alcuna, e cessare di tediarmi con i vostri attacchi.
LETTERA DI RISPOSTA DEI COSACCHI ZAPOROŽI AL SULTANO TURCO
(censurata delle parti più volgari)
Tu, diavolo turco, maledetto compare e fratello del demonio, servitore di Lucifero stesso. Quale straordinario cavaliere sei, tu che non riesci a uccidere un riccio col tuo … nudo? … Non avrai, figlio d’una cagna, dei cristiani sotto di te, non temiamo il tuo esercito e per terra e per mare continueremo a darti battaglia…Tu cuoco di Babilonia, carrettiere di Macedonia, birraio di Gerusalemme … porcaro di Alto e Basso Egitto, maiale d’Armenia, ladro infame della Podolia, “amato” tartaro, boia di Kam”janec’ idiota del mondo e dell’altro mondo, nipote del Serpente…. Muso di porco, deretano di giumenta, cane di un macellaio, fronte non battezzata … Ecco come i cosacchi Zaporozi ti hanno risposto, essere infimo: non comanderai neanche i maiali di un cristiano. Così concludiamo, visto che non conosciamo la data e non possediamo calendario, il mese è in cielo, l’anno sta scritto sui libri e il giorno è lo stesso da noi come da voi. Puoi baciarci il …!
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