Martedì 27 giugno 2023

     

    XII settimana Tempo Ordinario

     

    Aforisma di Esopo secolo VII a. C.

    “Non fidarti mai dei consigli di un uomo in difficoltà.”

     

    Preghiera Colletta

    Signore Gesù, tu meglio di me conosci la mia debole natura umana: Tu sei l’unico che puoi guarirmi, l’unico che può donarmi la forza. Signore, che rialzi chiunque è caduto, effondi la tua potenza nel mio cuore, fa’ che possa vivere e non sopravvivere, che possa offrire e non soffrire. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Cirillo (370-444), che succedette allo zio Teofilo, vescovo di Alessandria d’Egitto tra il 385 e il 412, fu protagonista assoluto nella Chiesa della prima metà del V secolo.

    Fronteggiò gli avversari della Cristianesimo con la stessa determinazione con cui combatté le derive teologiche dentro la Chiesa stessa. Scrittore prolifico e polemico, non si sottrasse nelle dispute contro i pagani e contro i giudei e divenne punto di riferimento nelle dispute teologiche che precedettero e seguirono il III Concilio Ecumenico, celebrato ad Efeso nel 431.

    In quegli anni particolarmente difficili per la Chiesa, Cirillo, nonostante alcune situazioni ancora oscure sotto il profilo storico, governò la Chiesa di Alessandria d’Egitto difendendo strenuamente l’ortodossia.

     

    Parola di dio del giorno Matteo 7,6.12-14

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.

    Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano.

    Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».

     

    Riflessione Detti e fatti dei monaci del nuovo deserto

    “Abba, mi sono accorto che mia cognata odia mia moglie. Dice che mia moglie l’ha maledetta”. Quest’uomo, visibilmente contrariato e sofferente veniva dalla città. “È vero che dalla bocca di tua moglie sono uscite maledizioni? Se fosse così sarebbe davvero una disgrazia, perché la maledizione è grave peccato con conseguenze disastrose per chi la pronuncia, come pure per chi la riceve”, così abba Lino cercava di capire cos’era successo. “Ma no, abba. Mia moglie non è capace di maledire.

    Lei ha soltanto detto a mia cognata: «Se vizi così tuo figlio, diventerà un delinquente». La cognata sostiene invece che mia moglie le ha augurato che suo figlio diventi un delinquente”. L’abba pareva riflettere, ma in realtà pregava e chiedeva sapienza al Signore, poi disse: “Purtroppo molte persone non sono abituate ad ascoltare. Ascoltano sé stesse ed esprimono il loro malessere accusando gli altri.

    Tu hai fatto bene a venire: io mando una benedizione a tua moglie, affinché non abbia paura, e anche a tua cognata, affinché trovi sollievo dalle sue sofferenze e ricuperi la capacità di ascoltare e imparare a educare i suoi figli. E dò una benedizione anche a te, che il Signore ti faccia strumento della sua pace”. L’uomo ripartì sollevato perché, tornando a casa, pregava nel suo cuore.

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Preghiamo perché attraverso la preghiera e la pazienza impariamo a sanare i nostri conflitti con il prossimo.

     

    Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo

    GIACOMO FABRETTO: IL SORCIO

    1878 – olio su tela – 59 x 90 cm – Accademia di Brera – Milano

    Giacomo Favretto (1849-1887) fu un grande pittore veneziano che rinnovò la scuola locale nel XIX secolo e diventò il miglior narratore della quotidianità popolare della laguna. Di lui oggi presentiamo “Il sorcio” che è probabilmente la sua opera più famosa ed è un tipico esempio della sua arte.

    Una scena di vita di tutti i giorni in uno di quei quartieri popolari di Venezia che Giacomo Favretto conosceva benissimo dal momento che anche lui proveniva da una famiglia di basso ceto: il padre era falegname, e il pittore, da bambino, si procurava qualche piccolo guadagno ritagliando pizzi per scatole di dolcetti, prima ancora di scoprire la vocazione da pittore che l’avrebbe fatto diventare una delle principali personalità dell’Ottocento veneziano, nonostante la carriera stroncata prematuramente da una malattia fulminea.

    Nel dipinto, un bambino sta dando la caccia a un topolino mentre le tre sorelle si sono letteralmente arrampicate sulle sedie e seguono, a debita distanza, la caccia, dando indicazioni al fratello minore. Un sottile gusto per l’ironia si mescola alla vivissima capacità descrittiva e narrativa del pittore, che descrive la scena con grande realismo e con una luminosità tipicamente lagunare, che attingeva dalla grande tradizione veneziana (un nome su tutti, quello di Giambattista Tiepolo) rivisitandola però in chiave moderna, anche alla luce di un recente soggiorno a Parigi, dove conobbe l’opera di due pittori come lo spagnolo Mariano Fortuny e il francese Jean-Louis-Ernest Meissonier, da cui ricavò forti suggestioni.

    Di lui scrisse Matilde Serao per il Corriere di Roma nel 1887 «…nella semplicità dei suoi quadri aveva qualcosa di intimo, di commovente, di affascinante. Non volle dipingere che il suo paese, le sue case, le persone che amava, la vita che ha vissuto».

     

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