7.a settimana del tempo pasquale
Novena di pentecoste
Avvenne il 3 giugno…
350 – Nepoziano si proclama imperatore ed entra a Roma a capo di una forza costituita da gladiatori.
1098 – I crociati prendono Antiochia, in Turchia.
1257 – A Bologna viene abolita la servitù della gleba con il Liber Paradisus
1654 – Luigi XIV di Francia viene incoronato re a Reims.
1980 – Terroristi di Prima Linea uccidono il carabiniere Antonio Chionna in una rapina
1989 – La notte fra il 3 e il 4 le autorità cinesi reprimono la protesta di piazza Tienanmen.
Aforisma di Papa Francesco
“Che lo Spirito Santo vegli su di te e ti accompagni ogni giorno indicandoti la strada verso la felicità del cuore e dell’anima.”
Preghiera Colletta
O Dio, che nel sangue dei martiri hai posto il seme di nuovi cristiani, concedi che il campo della tua Chiesa, irrigato dal sangue di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni, produca una raccolta di messe sempre più abbondante a gloria del tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Santi del giorno

I SS. Martiri Ugandesi sono 22 servitori, paggi e funzionari del re di Buganda (Uganda) convertiti al cattolicesimo dai missionari d’Africa i cosiddetti “padri bianchi”.
Essi vennero fatti uccidere in quanto cristiani sotto il regno di Mwanga II (1884-1903) tra il 15-11-1885 e il 27-1-1887. Inizialmente l’opera dei missionari, avviata nel 1879, venne ben accolta dal re Muanga, che però si fece influenzare dal cancelliere del regno e dal capotribù, decidendo la soppressione fisica dei cristiani.
Questa violenta persecuzione vide in totale un centinaio di vittime: tra loro Carlo Lwanga, capo dei paggi del re che fu bruciato vivo insieme a dodici compagni il 3-6-1886.
Papa Benedetto XV beatificò i ventidue gloriosi martiri il 6 giugno 1920 ed infine furono canonizzati l’8 ottobre 1964 da papa Paolo VI che, durante il suo viaggio in Africa del 1969, intitolò loro anche il grande santuario di Namugongo, eretto sul luogo del martirio.
Parola di dio del giorno Giovanni 17,1-11
Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola.
Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».
Riflessione Da G.K. Chesterton, L’Uomo eterno
Non è che le scimmie abbiano cominciato delle pitture e gli uomini le abbiano finite; il Pitecantropo non disegnò una renna neanche alla peggio, l’Homo sapiens la disegnò e bene. Gli animali più intelligenti non hanno mai progredito nell’arte del ritratto; il cane non ha dipinto nel suo miglior periodo come non ha scarabocchiato nei tempi primordiali quando pareva uno sciacallo; il cavallo selvaggio non era un impressionista, come il cavallo da corsa non è un postimpressionista.
Tutto quel che sappiamo di questo istinto di riprodurre gli oggetti adombrandoli o rappresentandoli è che esso non esiste in natura altro che nell’uomo; e che noi non possiamo parlarne se non parliamo dell’uomo come di qualche cosa di separato dalla natura. In altri termini, una vera storia non può cominciare che con l’uomo in quanto uomo, una cosa che sta completamente a sé.
Come sia arrivato a questo punto, e come vi sia arrivato tutto il resto, è roba da teologi, da filosofi, da scienziati, e non da storici. Ma una prova eminente di questo isolamento è il mistero dell’impulso artistico. Questa creatura era realmente diversa da tutte le altre: perché era non solo creatura, ma creatore.
Intenzione di preghiera
Preghiamo perché la chiesa, chiamata a vivere il periodo di mezzo tra la tua venuta e il regno dei cieli, sappia sempre mantenere salde le sue radici e libero il suo sguardo verso il futuro.
Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo
ETTORE DE MARIA BERGLER: AL SOLE
1881 – olio su tela – 51 x 100 cm – Galleria Beatrice – Palermo
Nato a Napoli il 25-12-1850, morì a Palermo il 28-02-1938. Dal 1875 al 1877 fu allievo, a Palermo, di Francesco Lo Jacono, pittore celebre per i paesaggi e per le marine d’accurata resa stilistica. Tra il 1877 e il 1880, grazie al mecenatismo del barone Riso di Calabria, intraprese viaggi di studio a Napoli, Roma e Firenze, fondamentali per completare la sua formazione artistica.
Dal 1881 al 1885 lavorò per il gallerista Luigi Pisani di Firenze, affermandosi come pittore di paesaggi e di scene di genere tipicamente siciliane. Nella città entra in contatto con le più aggiornate correnti artistiche del tempo e quindi con l’ambiente dei Macchiaioli. Nel quadro che presentiamo il pittore ambienta “en plein air” due giovani donne sedute per terra che hanno steso ad asciugare i panni appena lavati, sullo sfondo del muretto bianco che divide la parte superiore dove dominano l’azzurro intenso di un cielo senza nubi e il blu scuro di un maro puntinato dalle piccole vele di barche lontane, dalla parte inferiore del terreno in primo piano, invaso a destra da vasi di fiori e da verdi erbe spontanee e a sinistra dall’erba ingiallita dal cocente sole siciliano.
I panni creano l’effetto di una suggestiva esposizione sull’orizzonte sconfinato del cielo e del mare mentre i vasi di fiori e le erbe fanno pensare a una natura morta che però in questo caso fa vivere un ambiente altrimenti spoglio e immobile. Le due donne più che vivere di vita propria, sembrano confondersi con il paesaggio, ma alla fine tutti gli elementi di questo quadro (le donne, il prato, i fiori, le erbe, la terra, il muro bianco, i panni stesi, il mare e il cielo) vibrano di vita e sembrano cantare di gioia.
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