Martedì 4 luglio 2023

     

    XIII settimana Tempo Ordinario

     

    Aforisma di Blaise Pascal

    “In una grande anima tutto è grande.”

     

    Preghiera Colletta

    O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

     

    Santo di oggi

    Nacque a Saragozza, Aragona (Spagna), nel 1271. Figlia del re Pietro III a soli 12 anni venne data in sposa a Dionigi, re del Portogallo, da cui ebbe due figli. Fu un matrimonio travagliato dalle infedeltà del marito ma Elisabetta diede la testimonianza cristiana che la portò alla santità.

    Svolse opera pacificatrice in famiglia e, da consigliera, riuscì a smorzare le tensioni tra Aragona, Portogallo e Spagna. Alla morte del marito donò i suoi averi a poveri e monasteri, diventando terziaria francescana. Dopo un pellegrinaggio a Compostela, in cui depose la propria corona, si ritirò nel convento delle clarisse di Coimbra, da lei stessa fondato.

    Dopo la morte nel 1336 ad Estremoz in Portogallo, il suo corpo fu riportato al monastero di Coimbra. Nel 1612 lo si troverà incorrotto, durante un’esumazione, collegata al processo canonico per proclamarla santa. Fu canonizzata a Roma da Urbano VIII nel 1625.

     

    Parola di dio del giorno Matteo 8,23-27

    In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!».

    Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».

     

    Riflessione su don Bepo di don Arturo Bellini

     Così scrive don Bepo sul suo diario il 30 aprile 1974: “La pace è un dono da conservare”. La guerra che sta insanguinando l’Ucraina con la catena di morti, persone costrette a fuggire dalle loro case, di distruzione di città, di tensione tra le grandi potenze, dovrebbe insegnarci che nessuna conquista è per sempre.

    Don Bepo che ha attraversato due guerre mondiali e ha sperimentato il costo della libertà, sapeva che non ci si può cullare nell’illusione di una pace acquisita una volta per tutte. “La pace ha bisogno di essere custodita e alimentata” rimettendo sé stessi, ogni giorno, nelle mani di Dio e facendo “memoria” che ogni istante è un filo teso verso l’eterno, senza mai abbassare la guardia di fronte alla tentazione di mettere in letargo la “responsabilità” verso il tempo che viviamo.

    Il tempo è come un telaio tra il presente e l’eterno: ciò che conta è tessere rapporti di bene, fondati non su false e superflue sicurezze, ma attingendo ogni volta alla sorgente che ha nutrito l’anima dei nostri paesi, la vita dei nostri anziani. La pace si costruisce giorno per giorno, lavorando e potenziando quei beni rari e preziosi che stanno a fondamento di relazioni fraterne di comunità coese.

    Don Bepo a molti dei suoi giovani faceva dono dell’Imitazione di Cristo in formato tascabile; un libro che ricorda che nella vita spirituale non si deve mai smettere di camminare. «La pace del cuore, dopo la grazia di Dio, – scrive l’Imitazione di Cristo – è il più grande di tutti i beni, e non dobbiamo lasciar mezzo intentato per trovarla e conservarla.

    Ma non possiamo trovarla né conservarla se non col far resistenza alle nostre passioni, ai nostri desideri sregolati; poiché quanto più li contentiamo, tanto meno saremo contenti; quanto più si fa loro contrasto, tanto meno ci daranno pena; quanto più usciremo vittoriosi dai combattimenti, tanto meno avremo difficoltà a conservare e possedere la pace».       

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Preghiamo perché sappiamo combattere contro i nostri difetti, vizi e cattive tendenze per poter vivere una esistenza più serena e gioiosa.

     

    Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo

     JUAN MANUEL BLANES: LA PARAGUAYA

    (ovvero IMMAGINE DEL TUO PAESE DESOLATO)

     1880 – Olio su tela – 100 x 80 cm –

    Museo Nacional de Artes Visuales – Montevideo Uruguay

     

    L’artista uruguayano Juan Manuel Blanes (1830-1901) è noto per le sue tele che ritraggono grandi eventi storici nazionali. Il dipinto che oggi presentiamo descrive il disastro provocato dal dittatore paraguayano gen. Francisco Solano Lopez che dichiarò guerra (detta della triplice alleanza e che si svolse fra il 1864 e il 1870) ad Argentina, Brasile e Uruguay, guerra che per il suo paese fu un’enorme catastrofe con la sconfitta militare, la perdita di importanti porzioni di territorio e la decimazione della popolazione che lasciò il Paraguay in una situazione gravissima; infatti la popolazione del paese che era di 525 000 persone, venne ridotta a 221.000 nel 1871, delle quali solo 28.000 erano uomini.

    Durante la guerra i paraguaiani soffrirono non solo il nemico, ma anche malnutrizione, malattie e la tirannia di López, che fece torturare e uccidere innumerevoli persone (arrivò a ordinare l’esecuzione dei propri fratelli, fece torturare la madre e le sorelle ed eliminare i suoi comandanti più valorosi).La donna sola e pensierosa con gli occhi bassi e le mani intrecciate è una meticcia (metà guaranì e metà spagnola) che reca sul volto i segni di una nazione devastata e paralizzata dalla disperazione.

    Ha la camicia strappata all’altezza della spalla e in vita una fusciacca coi colori della bandiera paraguayana. Tutto attorno a lei si stende un deserto e silenzioso campo di battaglia abitato solo da corvi e ricoperto di cadaveri, di armi abbandonate e di relitti del conflitto. La donna è l’immagine simbolica e desolata di una nazione ridotta alla rovina da un leader che considerava sé stesso il “Napoleone d’America”, ma fu solo un temerario dittatore che guidò le sue truppe alla morte e la sua patria alla rovina.     

     

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