Martedì 6 giugno 2023

     

    V settimana Tempo Ordinario

     

    Aforisma di Lucio A. Seneca 4 a. C – 65 d. C

    “Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e, quel che forse sembrerà più strano, ci vuole tutta la vita per imparare a morire.”

     

    Preghiera allo Spirito Santo di S. Agostino

    Io vi invoco, o Santa Trinità, affinché veniate in me a donarmi la vita, e a fare del mio povero cuore un tempio degno della vostra gloria e della vostra santità. O Padre Eterno, io vi prego per il vostro amato Figlio; o Gesù, io vi supplico per il Padre vostro; o Spirito Santo, io vi scongiuro in nome dell’Amore del Padre e del Figlio: accrescete in me la fede, la speranza e la carità. Amen

     

    Santo del giorno

    S. Norberto

    San Norberto è il fondatore, nel 1121, di un antico ordine monastico, che però si dedicò anche all’evangelizzazione “ad extra”, anticipando così l’avvento degli ordini mendicanti: i Premostratensi.

    Il nome viene dalla valle francese di Prémontré, nei pressi di Laon, dove il santo si era fermato insieme ad alcuni compagni. Norberto era nato a Xanten, in Germania, tra il 1080 e il 1085. Fece vita mondana, ma poi un evento lo sconvolse e lo indusse a cambiare.

    Un fulmine gli cadde vicino, per fortuna solo tramortendolo. Divenne prete, fondò l’ordine – che presto si diffuse in Europa e anche in Palestina – dal 1126 fu vescovo di Magdeburgo. Morì nel 1134 ed è santo dal 1582.

     

    Parola di dio del giorno Marco 12,13-17

    Mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità.

    È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.

    Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.».

     

    Riflessione il mattutino di Mons. Ravasi

    Poco basta a consolarci, perché poco basta ad affliggerci. È accaduto a tutti di vivere una giornata serena, ma dove all’improvviso, un imprevisto, un piccolo incidente ci fa piombare nell’amarezza. Ma la nube non staziona sistematicamente all’orizzonte e qualche ora dopo ” dimenticato quell’infortunio ” ritorna il sorriso sulle labbra.

    È, questa, la mutevolezza tipica della persona umana e a ricordarcelo è il grande Pascal in uno dei suoi Pensieri (n. 136) che oggi abbiamo proposto nella sua essenzialità. Vorrei proporre però un’altra riflessione, partendo da un punto di vista inatteso, ossia dalla radice che sta alla base della parola «consolare». Ebbene, l’etimologia di questo vocabolo è il termine «solo»: quindi «consolare» è sostanzialmente «stare con uno che è solo».

    L’idea è suggestiva perché tanta tristezza o dolore nasce proprio dall’essere soli e abbandonati, privi di una presenza che ti riscaldi, di una mano che ti accarezzi, di una parola che spezzi il silenzio e le lacrime. Aveva ragione il poeta spagnolo Pedro Salinas quando scriveva che «le mani di chi ama terminano in angeli», sono presenze angeliche che spezzano la solitudine dell’infelicità.

    Non per nulla la parola «desolato» significa in radice «essere solo» pienamente. Come affermava il romanziere Vladimir Nabokov, «la solitudine è il campo da gioco di Satana», ed è per questo che lo Spirito Santo è detto «il Consolatore». 

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Preghiamo perché cessino le feroci violenze nei confronti delle donne ed affidiamo al Signore quelle uccise di recente, perché il loro sacrificio renda tutti più consapevoli e rispettosi della vita altrui.

     

    Don’t forget! 1000 quadri più belli del mondo

    GIOVANNI SEGANTINI: LE DUE MADRI

    1889 – olio su tela – 157 x 295 cm – Galleria d’arte moderna di Milano

    Giovanni Segantini è forse il più noto pittore divisionista: le sue composizioni descrivono una natura ora selvaggia, ora serena, sempre filtrata dalla sua profonda spiritualità. Attraverso il colore indaga la luminosità del cielo, i suoi riflessi cangianti sui prati, sui monti, sull’acqua. Giovanni Segantini nacque ad Arco il 15-1-1858. Orfano di madre, crebbe a Milano e fu internato in un istituto di correzione. Nel 1875 si iscrisse all’Accademia di Brera: da quel momento iniziarono i primi successi.

    La pittura fu per lui un’esperienza totale, tanto che per dipingere cercò la solitudine immerso nella natura. Abbracciò diversi stili di pittura, tra cui il Divisionismo e i Simbolismo. Morì in Svizzera di peritonite il 28-9-1899. Il quadro che oggi presentiamo è molto famoso, sebbene il soggetto dello stesso sia molto umile: all’interno di una stalla scarsamente illuminata da una lanterna infatti, una giovane contadina seduta su uno sgabello tiene tra le braccia il bambino addormentato.

    Al suo fianco una mucca, con la parte anteriore seminascosta nell’oscurità, mangia del fieno, mentre il vitello è accoccolato ai suoi piedi. L’opera ha un chiaro intento simbolico: l’universale sentimento dell’amore materno che pervade la natura e tutti gli esseri viventi. Il pittore, in quest’opera di grande intensità emotiva, ha costruito le forme con pennellate fitte di colore filamentoso che rafforzano la luminosità del dipinto.

    Il problema della luce fu sempre centrale per Segantini. Egli la studiò e la riprodusse in tutte le sue manifestazioni attraverso gli effetti divisionisti. Delle tante donne che Segantini dipinse, questa rimane una perla di rara bellezza e sta lì a ricordarci che ogni esperienza anche la più piccola e umile vissuta nel microcosmo della psiche individuale non è solitaria ma si rispecchia in quella del prossimo e in quella del cosmo.

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