XXX Settimana Tempo Ordinario
Accadde il 7-11-…
680 – Ha inizio il Sesto Concilio Ecumenico a Costantinopoli
1659 – La pace dei Pirenei, stipulata tra Francia e Spagna, pone fine alla guerra franco-spagnola.
1917 – Russia: i bolscevichi assaltano il Palazzo d’Inverno, sede del governo di Aleksandr Kerenskij. È l’inizio della Rivoluzione d’ottobre che porta al potere Lenin.
1931 – Fondazione della Repubblica Sovietica Cinese.
2020 – Joe Biden vince le elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America
Aforisma di Esopo
“Più piccola è la mente più grande è la presunzione.”
Preghiera del giorno
Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me. Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, un bimbo svezzato è in me l’anima mia. Israele attenda il Signore, da ora e per sempre. Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come era in principio ora e sempre per i secoli dei secoli. Amen
Santo del giorno
S. Villibrordo
A 30 anni ricevette l’ordinazione sacerdotale, dopo di ché con 11 compagni si dedicò all’evangelizzazione della Frisia (Paesi Bassi) e di una parte della Germania. Anversa fu la prima residenza e il centro dell’apostolato di Villibrordo, l’avamposto e forse il Seminario delle fondazioni di Utrecht.
La consacrazione episcopale, ricevuta a Roma, avvenne la domenica 24-11-695, antivigilia della festa di S. Clemente. In quella occasione il papa dette al nuovo arcivescovo il nome di Clemente. Per parecchi anni percorse la Frisia, la Fiandra, il Lussemburgo e le rive del Reno predicando e costruendo conventi.
Dopo una vita dedicata alla preghiera e alla creazione di vescovi ausiliari la malattia e la vecchia rallentarono la sua attività. Morì a 81 anni. Qualche giorno dopo il suo corpo venne deposto in un sarcofago nel monastero di Echternach.
Parola di Dio del giorno Luca 14,15-24
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”.
Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
Riflessione di A. Lonardo
Anche noi, come tutti gli uomini di ogni condizione e professione, spesso viviamo presi da mille preoccupazioni quotidiane fatte “di fango e loto”, come scrive Machiavelli a Francesco Vettori nel testo che proponiamo di seguito: “Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro» (da una lettera di Niccolò Machiavelli a Francesco Vettori, ambasciatore fiorentino presso il S. Pontefice, proprio benefattore, in Roma).
Anche noi abbiamo bisogno di avere un’“appuntamento” con la saggezza, dopo le tante cose, a volte belle, a volte insensate, che si debbono frequentare. Tale è la preghiera, quella liturgica, e quella personale del dialogo con Dio.
Ma dovremmo anche mantenere aperto un dialogo con i grandi maestri, che “non si vergognano” di parlare con noi e che “per la loro umanità ti rispondono” delle loro scelte di vita e della loro felicità, nel silenzio di un mondo che non ha di certo il gusto del dialogo e della frequentazione del dialogo, sereno e aperto, senza preclusione e anzi nel gusto di capire e di ascoltare. La preghiera e lo studio sono come un’oasi, come uno spazio di vero riposo che ricrea, che spalanca porte, dove si può essere sé stessi e dove gli altri sono loro stessi, senza finzioni.
Intenzione di preghiera
Perché troviamo tempo per la preghiera, per lo studio, per il dialogo personale con Dio e con i grandi uomini che hanno lasciato la loro impronta nella storia.
Don’t forget! 1000 quadri più belli del mondo
WILLIAM HOLMAN HUNT: IL CAPRO ESPIATORIO
1854 – olio su tela – 86 x 136 cm Lady Lever Art Gallery Liverpool UK
Il pittore William Holman Hunt (1827-1910) fu uno dei fondatori della confraternita dei Preraffaelliti. Profondamente credente, nel gennaio 1854 lasciò l’Inghilterra per la Siria e la Palestina dove volle tornare alle fonti antiche della sua fede “circondato dalle stesse persone e circostanze della vita in Giudea dei tempi antichi”. Il risultato è il quadro che oggi presentiamo intitolato “il capro espiatorio”: per dipingerlo, il pittore acquistò un caprone a Gerusalemme e si recò sulle rive del Mar Morto per un’ambientazione attendibile. Nel dipinto sono visibili teschi di caproni sacrificati in precedenza che affondano nella sabbia, la stessa che immobilizza anche il caprone di Hunt.
A parte l’animale, non vediamo altro che un sinistro deserto di sale, abbagliante e splendente con al centro una capra bianca sofferente e tormentata, bloccata com’è sulla riva del Mar Morto. Secondo l’Antico Testamento, il capro espiatorio è l’animale scelto per il rito di purificazione della comunità: dopo che i fedeli hanno caricato sull’animale i loro peccati, il capro veniva portato nel deserto per esservi abbandonato. Per Hunt (e non solo per lui) il capro è un simbolo di Cristo, che porta i peccati di tutti e muore per loro.
Il dipinto è incorniciato da citazioni della Bibbia: “E il Capro porterà su di sé tutte le loro Iniquità in una Terra non abitata ” è inscritto nella parte inferiore della cornice. “Sicuramente ha sopportato il nostro dolore e portato i nostri dolori eppure lo stimava colpito, colpito da Dio e afflitto” nella parte superiore. L’immagine è realistica, il paesaggio omogeneo, i dettagli precisi ed eseguiti con tale meticolosità da ricordare una fotografia. Non c’è elemento di glorificazione o idealizzazione, ma l’opera conserva tutto intero il suo significato mistico.
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