2a Settimana tempo di Avvento
nell’immagine un quadro di José Benlliure y Gil
Proverbio del giorno
«Non puoi aprire un libro senza imparare qualcosa (Cina)»
Iniziamo la Giornata Pregando (Canti liturgici di Avvento)
Cielo, terra e mare invocano la nuova luce che sorge sul mondo: luce che irrompe nel cuore dell’uomo, luce allo stesso splendore del giorno. Tu come sole percorri la via, passi attraverso la notte dei tempi e dentro il grido di tutto il creato sopra la voce di tutti i profeti. Viviamo ogni anno l’attesa antica, sperando ogni anno di nascere ancora, di darti carne e sangue e voce, che da ogni corpo tu possa risplendere. A te che sveli le S. Scritture ed ogni storia dell’uomo di sempre, a te che sciogli l’enigma del mondo, il nostro canto di grazia e di lode”
V. MARIA DI GUADALUPE
L’apparizione, nel dicembre 1531 della “Virgen Morenita” all’indio J. Diego, a Guadalupe, ha lasciato un solco profondo nella cultura e religiosità messicane. L’evento è un caso di inculturazione miracolosa: meditare su questo evento significa oggi porsi alla scuola di Maria, maestra di umanità e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l’immagine misteriosa sulla tilma (poncho) del veggente messicano, che la Chiesa ha di recente proclamato santo.
Ascoltiamo La Parola di Dio (Matteo 11,28-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
BREVE COMMENTO AL VANGELO
Cristo è stato umiliato al punto che, ai suoi tempi, nulla fu giudicato più infimo di lui. Fu così grande la sua umiltà, così profondo il suo abbassarsi, che nessuno poteva capirlo, nessuno poteva crederlo Dio. Ora, il nostro Signore e Maestro ha detto di se stesso: “Un servo non è da più del suo padrone” (Mt 10,24); se dunque voi siete servi di Cristo, discepoli di Cristo, dovete farvi piccoli, senza considerazione, umili. (S. Bonaventura)
Riflessione del giorno (Stupe-Fatto)
Teatro Piccolo, Milano: centinaia di studenti e professori assistono al monologo teatrale “Stupefatto” che ripercorre la storia di Enrico Comi, tossicodipendente dai 14 ai 21 anni. Dopo la risalita (che non intrapresero tutti, eravamo in 19: 9 sono morti e oggi solo due sono persone libere) Comi ha dedicato la vita a spiegare ai ragazzi come ci si brucia col fumo, le pasticche, l’eroina: si silenzia l’anima e si vive da ebeti, eterni schiavi di un dittatore invisibile. “Se avessi saputo cosa scatenano le droghe, le mie scelte sarebbero state diverse. Non cerco alibi, perché chi prova decide in prima persona ma quando a 14 anni vedi gli amici ridere divertiti dopo il primo spinello e li scopri più simpatici e spavaldi con le ragazze, non capisci perché i tuoi genitori ti avevano detto che il fumo fa male. E poi, qualche anno più tardi, quando ascolti il racconto estasiato di chi si inietta l’eroina pensi sempre che i tuoi genitori ti abbiano raccontato bugie…Lavoravo in fabbrica, lo stipendio non bastava più, mi servivano fino a 4mila euro al mese. È stato il mio datore di lavoro ad accorgersene: non so se l’ho odiato o l’ho amato perché ha informato i miei…”. Stupefatto è stato visto da 150mila studenti in 6 anni di tournèe e 250 repliche. Ha conquistato il premio nazionale Enriquez nel 2016. Ha ottenuto l’approvazione del Ministero dell’Istruzione, che ne promuove la visione nelle scuole superiori.
Intenzione del giorno
Preghiamo per tutte le persone vittime della dipendenza da droga
Don’t forget! Il personaggio della settimana – DON LUIGI PALAZZOLO (1827-1886)
Luigi Maria Palazzolo nacque a Bergamo il 10-12-1827, ultimo degli 8 figli di Ottavio e Teresa, unico dei fratelli a raggiungere l’età adulta; nel 1837 perse il padre e fu educato dalla madre, donna molto religiosa. Luigino dal fisico gracile, dopo le elementari, frequentò il pubblico ginnasio. Al termine degli studi ginnasiali il Palazzolo passò al seminario per lo studio della filosofia come alunno esterno.
Fu ordinato prete dal vescovo di Bergamo il 23-6-1850 e impegnato nella parrocchia di S. Alessandro in Colonna e in seguito nella chiesa di S. Bernardino di cui nel 1855 divenne rettore. Nel 1862 morì la madre lasciandolo erede di tutte le sue sostanze. Liberato dall’ultimo filo che lo legava alla famiglia, impresse alla sua vita un carattere religioso, consacrandosi a Dio con voti privati. Eresse un oratorio con chiesetta, vasto cortile, salone teatrino e varie stanze per le scuole serali e prese dimora in una casetta attigua dove viveva poveramente. Ascoltando le confessioni capì che c’erano molte piaghe da curare anche tra la gioventù femminile. Decise di fare qualcosa per loro, istituendo nel 1864 la Pia Opera di S. Dorotea per ragazze in difficoltà. Nel 1869 chiese a Maria Teresa Gabrieli, maestra elementare e vice-superiora dell’Opera di S. Dorotea, di stabilirvi la sua dimora per accogliere le ragazze bisognose. La Gabrieli acconsentì di trasferirvisi e accolse un’orfanella sciancata, deforme, coperta di piaghe che il Palazzolo le aveva affidato. Nasceva così la Congregazione delle Suore delle Poverelle il cui fine sarebbe stato quello di esercitare le opere di misericordia. Più tardi il fondatore scriverà: «Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perché dove altri provvede lo fa assai meglio di quello che io potrei fare, ma dove altri non può giungere, cerco di fare qualche cosa io, così come posso». Nel 1872 fondò la congregazione maschile dei Fratelli S. Famiglia, per assistere e aiutare gli orfani, stabilendoli a Torre Boldone (BG). L’attività di questa congregazione cessarono nel 1928. La congregazione femminile invece si diffuse in tutto il mondo. Finché la salute glielo permise don Luigi non stette fermo mai. Fu continuamente da una casa all’altra dell’Istituto per sorvegliare, provvedere, animare, correggere, predicare ritiri ed esercizi spirituali. Del gran bene che operava egli attribuiva il merito solo a Dio. Non voleva neppure che lo chiamassero fondatore tant’era convinto di essere un povero peccatore, un buono a nulla, un sacco di miserie pur sentendosi l’anima monda da colpe gravi. Pari alla sua umiltà era la sua ubbidienza. Don Palazzolo morì nel 1886 e fu proclamato beato da Giovanni XXIII il 19 marzo 1963.
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