mercoledì 18 ottobre ’17

    XXVIII settimana del tempo ordinario

     

    nell’immagine un quadro di Karen Hollingworth

     

     

    Proverbio del Giorno (Afganistan)

    Le cose a buon mercato portano grane, quelle costose richiedono sforzo.

     

    Iniziamo la giornata pregando

    Signore Dio nostro, che hai scelto san Luca per rivelare al mondo con la predicazione e con gli scritti il mistero della tua predilezione per i poveri, fa’ che i cristiani siano un cuor solo e un’anima sola, e tutti i popoli vedano la tua salvezza. Per il nostro Signore… 

     

    Luca Evangelista

    Figlio di pagani, compagno e collaboratore di Paolo, che lo chiama «il caro medico», è l’autore del 3° Vangelo e Atti degli Apostoli. Da osservatore attento, Luca conosce le debolezze della comunità cristiana e ha preso atto che la venuta del Signore non è imminente. Dischiude dunque l’orizzonte storico della comunità cristiana, destinata a crescere e a moltiplicarsi per la diffusione del Vangelo.

    Secondo la tradizione, Luca morì martire a Patrasso. I suoi resti si trovano a Padova nella Basilica di S. Giustina.

     

     

     

    Ascoltiamo la Parola di Dio Lc 10,1-9

     

    Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 
    In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 
    Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”». 

     

    La Riflessione del giorno (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, Libro X)

    Ti lamenti di esserti imbattuto in un ingrato: se questa è la prima volta, ringrazia la fortuna oppure la tua prudenza; ma in questo caso la prudenza non può fare niente, se non renderti gretto; difatti, se non vorrai correre il pericolo dell’ingratitudine, non elargirai più benefici: e così, perché non vadano perduti per colpa d’altri, i benefici andranno perduti per te. E’ meglio non ricevere gratitudine piuttosto che non fare del bene; anche dopo un cattivo raccolto bisogna seminare: spesso il raccolto abbondante di un solo anno compensa ciò che si era perduto per la persistente sterilità di un terreno infecondo; vale la pena sperimentare anche l’ingratitudine per trovare anche solo una persona grata. Nessuno può elargire benefici con tanta avvedutezza da non sbagliare di frequente: si disperdano pure, purché, un giorno, si radichino. I marinai riprendono il mare anche dopo un naufragio; se un debitore fallisce, non per questo l’usuraio abbandona i suoi affari. La vita si intorpidirebbe ben presto in un ozio inerte se dovessimo lasciare da parte tutto ciò che delude. Proprio questa delusione deve renderti più generoso; anche se la riuscita di un’azione è incerta, bisogna tentare più volte perché, prima o poi, dia frutto.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per i perseguitati a causa della fede, perché Dio li aiuti e la comunità cristiana li sostenga

     

    Ricorda…Don’t forget! 188° Quadro de: “1.000 Quadri più belli del mondo”

    PIETER BRUEGHEL il VECCHIO: LA GRANDE TORRE DI BABELE 1563 – OLIO SU TAVOLA – 114 X 155 cm.  KUNSTHISTORISCHES MUSEUM VIENNA

     

    Realizzata nel 1566 per Nicolas Jongelinck, la cosiddetta “Grande Torre di Babele” è fra le opere più geniali di Pieter Brueghel il Vecchio e una delle più celebri nella Storia dell’Arte. La rappresentazione e le idee simboleggiate, hanno pochi eguali in pittura: questo tema non è mai stato immaginato in termini così grandi e l’opera è considerata tra le vette dell’immaginazione artistica. L’interrogativo riguarda il tema del dipinto: si tratta di una presunzione punita o di una meraviglia architettonica? Cioè, secondo Brueghel, la torre incompiuta può essere portata a termine o no? La risposta trapela dall’immagine stessa. Una massa colossale, simile a una montagna se rapportata alla città e al porto e, soprattutto, ai minuscoli operai che brulicano sulla torre stessa, si erge fino a bucare le nuvole: la torre si è sviluppata ovunque fosse possibile, come un formicaio sul quale si scorgono biancherie stese ad asciugare e altre manifestazioni della vita umana che attecchisce ovunque, come un morbo. Un’intera città dagli aguzzi tetti nordici circonda la torre, mentre gli operai si muovono a ogni livello con le macchine edili dell’epoca e, in primo piano, appare il re Nimrod, il discendente di Noè che ordinò la costruzione della torre. Il tutto è rappresentato con la tipica cura maniacale dei fiamminghi per i dettagli.

    Ma la costruzione è incoerente e incompleta, come si nota guardando al suo interno là dove l’intero corpo architettonico sembra spalancarsi per una colossale ferita. Interno ed esterno non si corrispondono affatto e dentro la costruzione si sviluppa in modo incoerente tra le diverse parti che la compongono. In realtà questo cantiere gigantesco e disordinato emana una sensazione di scherno gigantesco nei confronti di un’impresa che è diventata disperata già da molto tempo…Brueghel in altre parole vuole farci capire che la costruzione è palesemente assurda, anzi, che si tratta di un vero e proprio monumento all’imbecillità umana. Alla grandezza della costruzione in più si contrappone la piccolezza dell’uomo, ancora una volta per farci capire che la torre non solo non può essere portata a termine, ma nemmeno costruita. In un’epoca in cui in Europa si celebrava la possibilità dell’Uomo di divenire la misura di tutto il creato e di regolarlo col proprio intelletto, il pittore fiammingo con questo quadro rivela il suo pensiero su quello stesso uomo, che biblicamente egli ritrae come piccolo e insulso nella sua presunzione e votato a sicura catastrofe: insomma l’artista concepisce il suo quadro come un’allegoria della superbia umana e del carattere fallimentare di ogni impresa tentata dall’uomo senza tener conto del volere di Dio. Comunque il quadro comunica la grandiosità dell’impresa e del dramma che si sta compiendo: proprio quando l’umanità si illude di poter sfidare Dio, è costretta ad ammettere la sua piccolezza, i suoi limiti e il fallimento dei suoi propositi.

     

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