Mercoledì 20 agosto 2025

     

    20.a settimana tempo ordinario

     

    Avvenne il 20 agosto…

    479 a.C. – La battaglia di Platea vinta da Pausania pone fine all’invasione persiana della Grecia

    1940 – Il rivoluzionario russo Lev Trockij è ferito mortalmente a Città del Messico da un sicario

    1960 – Il Senegal si separa dalla federazione del Mali e dichiara l’indipendenza.

    1968 – 200.000 soldati del Patto di Varsavia e 5000 carri armati invadono la Cecoslovacchia per porre fine alla Primavera di Praga

    1991 – L’Estonia dichiara l’indipendenza dall’Unione Sovietica.

     

    Aforisma di Fëdor Dostoevskij

    L’amore è un maestro, ma bisogna saperlo conquistare, perché è difficile meritarlo: lo si ottiene a caro prezzo e con grande fatica per lungo tempo, perché bisogna amare sino alla fine, non per un istante, fortuitamente. Perché di amare fortuitamente tutti sono capaci, anche i malvagi.

     

    Preghiera Colletta

    O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi nei nostri cuori la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Bernardo nasce nel 1090 a Fontaines (Francia). Studente modello eccelle in grammatica e retorica, cioè nell’arte di parlare bene. Perde la madre a 17 anni e decide di diventare monaco cistercense. Indossa un saio bianco e convince i suoi fratelli, decine di parenti e altrettanti amici a seguirlo.

    Ordinato sacerdote, fonda, poi, un’abbazia che Bernardo chiama Clara Vallis (da cui Chiaravalle) in una località francese denominata Champagne. Il monastero accoglie centinaia di monaci, compreso il padre di Bernardo rimasto vedovo. Il monaco riforma l’Ordine Cistercense stabilendo che ogni convento debba vivere in povertà, sostenendosi con il proprio lavoro.

    L’obbedienza e il bene della Chiesa lo spinsero a dedicarsi alle questioni politico-religiose del tempo. Maestro di guida spirituale, lascia nei suoi sermoni di commento alla Bibbia e alla liturgia un eccezionale testo di teologia monastica. Ispirò l’affetto all’umanità di Cristo e alla Vergine. Morì nel convento a Chiaravalle nel 1153.

     

    Parola di dio Matteo 20,1-16

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono.

    Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.

    Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

     

    Riflessione di don Arturo Bellini su don Bepo

    «Quello che devo subito eseguire: 1° Rinnovare il mio testamento; 2 Tenere in ordine il mio studio – l’archivio – ogni amministrazione così che non nasca confusione in qualunque momento mi colpisse la morte; 3 Scegliere una o due persone da cui attendermi garanzia d’essere avvisato di ricevere gli ultimi sacramenti appena si manifestasse qualche pericolo; 4 Massima cordialità con tutti, una cordialità che cercherò con ogni forza che sia anche interna così chi mi è un po’ avverso dipenda o no [da me ] la causa di tale avversione; 5 Oltre il mio confessore avrò un direttore cui aprire l’animo mio ogni volta che mi sarà possibile incontrarmi».

    Don Giuseppe Vavassori (Esercizi spirituali 23.4.1920) Don Bepo Vavassori aveva 32 anni quando mise a scritto questi propositi. Ciascuno meriterebbe un approfondimento. Tra questi, sul piano educativo è bella la volontà di manifestare «Massima cordialità con tutti, una cordialità che cercherò con ogni forza, che sia anche interna, con chi mi è un po’ avverso, dipenda o no [da me] la causa di tale avversione».  È un allenarsi a manifestare dispiacere per le proprie azioni o parole quando possono nuocere a qualcuno. Tutti sbagliamo e a volte si dicono parole forti, ma è importante saper chiedere scusa e ricominciare di nuovo, Tra le parole educative, suggerite da don Davide Rota, chiedere “scusa” sta al quinto posto. «Chiedere scusa – scrive don Rota – è per tutti un ottimo modo per addestrarsi alla vita sociale: migliora le relazioni tra le persone, riduce la rabbia e la contiene, accresce la coesione della comunità.

    Chi si scusa dimostra di avere autostima: sono i complessati e gli insicuri che fanno più fatica a scusarsi». «Chiedere scusa è così importante – spiga don Davide Rota – che Gesù ordina: “Se tuo fratello …pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai”. (Luca 17,1 ss.). Per imparare a chiedere scusa abbiamo due “mezzi” utili ed efficaci: la legge e la coscienza. La legge è il fattore “esterno” che segna il limite oltre cui scatta la colpa. La coscienza è il fattore “interno” che permette di distinguere il bene dal male; è la fonte della nostra libertà ed è lo spazio interiore del dialogo fra Dio e l’uomo». Perciò l’uomo giusto vigila sul proprio comportamento, perché non sia lesivo nei riguardi degli altri: se sbaglia, si scusa.

    L’uomo giusto si scusa sempre. In qualche situazione arriva a sacrificare un bene personale per metterlo a disposizione della comunità. Desidera una società ordinata, dove siano le persone a dare lustro alle cariche, e non le cariche a dare lustro alle persone. A qualcuno sembrerà poca cosa, ma un poco il mondo si cambia.

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo perché i tentativi di pace in atto producano qualche risultato dopo tanta violenza subita soprattutto dagli innocenti.

     

    Don’t Forget! Santi della carità

    S. ALBERTO HURTADO CRUCHAGA Sacerdote gesuita, fondatore

    1901-1952

    Alberto nacque a Viña del Mar, in Cile, il 22-1-1901 Suo padre morì e la famiglia andò in rovina quando lui aveva 4 anni e un fratello più piccolo. La madre, per pagare i debiti, vendette tutto, anche la casa, e i due bimbi si ritrovarono “senza fissa dimora”. Venivano accolti qua e là in casa di parenti, sempre in maniera temporanea, sempre estranei. Per Alberto arrivò però una borsa di studio, con un posto nel collegio dei Gesuiti a Santiago. Ma non dimenticò gli anni dell’abbandono, la vita da “figlio di nessuno”.

    Appena poteva, aiutava la madre e il fratello facendo lo studente-lavoratore, e si laureò in legge nell’agosto 1923, a 22 anni. Ma già da ragazzo pensava di entrare nella Compagnia di Gesù: e, poche settimane dopo la laurea, eccolo infatti accolto per il noviziato nella casa dei Gesuiti a Chillán (Cile centrale). Il corso degli studi proseguì poi in Argentina, in Spagna e a Lovanio, Belgio dove fu ordinato sacerdote nel 1933, e due anni dopo si laureò anche in pedagogia.

    Ritornò in patria all’inizio del 1936, in un momento difficile: durante la dittatura di Carlos Ibañez del Campo (1925-1931), il Cile risentì in modo durissimo della crisi mondiale del 1929. L’esportazione del rame, principale risorsa del Paese, era scesa a meno della metà, e due terzi dei minatori avevano perduto il posto: un lungo periodo di depressione, con una ripresa che sembrava non venire mai, da un presidente all’altro, da un governo all’altro. P. Hurtado rivide sé stesso nei tanti bambini spinti a vagare nelle strade dalla miseria che disgregava le famiglie…e così, nel 1944, da studioso si fece uomo di azione.

    Lanciò appelli e mobilitò coscienze, per restituire ciò che la crisi toglieva a tanti infelici. Si tratta non solo di portare aiuto, ma di restituire dignità e speranza. Diede vita a un piano di costruzioni abitative per gli emarginati, ma in forma nuova: come scrisse un suo biografo, si trattava di offrire a tutti “non solo un luogo in cui vivere, ma un vero focolare domestico, El Hogar de Cristo”. Li chiamò ad abitare in casa di Gesù, e per fare case su misura viaggiò all’estero, promosse studi, andò in cerca di esperienze, si occupò di edilizia e arredo. Molti lo aiutarono, perché molti erano stati formati da lui attraverso predicazione, conferenze, iniziative sindacali, attività in mezzo ai giovani.

    Il “focolare (hogar) di Cristo” si modella sulle necessità, e può dunque essere anche centro sanitario, scuola, luogo di formazione professionale. Ma il tempo di p. Alberto Hurtado Cruchada si faceva scarso: restava sempre capace di sorridere, ma il suo viso era sempre più scavato, aggredito com’era da un cancro devastante, che spense la sua vita a soli 51 anni. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 14 ottobre 1994. Papa Benedetto XVI lo ha proclamato santo il 23 ottobre 2005 in piazza San Pietro.

     

     

     

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