mercoledì 23 ottobre ’19

     

     

    Proverbio del giorno

    «Anche risciacquato con l’acqua di rose, l’aglio non perde il suo odore (India)»

     

    Iniziamo la giornata Pregando (preghiera allo Spirito Santo)

    “O Spirito Santo, anima della mia anima, io ti adoro, illuminami, guidami, fortificami, consolami, dimmi ciò che devo fare, dammi i tuoi ordini: ti prometto di sottomettermi a tutto quello che desideri da me e di accettare quello che permetterai che mi succeda. Fammi conoscere la tua volontà! Amen”

     

    Giovanni da Capestrano

    Nato nel 1386 da barone tedesco e madre abruzzese, studia a Perugia e diventa ottimo giurista, tanto che viene eletto governatore della città. Fatto prigioniero, decide di diventare francescano; conosce S. Bernardino e diventa suo amico. Il Papa lo invia come legato in Austria, Baviera e Polonia dove dilaga l’eresia Hussita; il Terra Santa promuove l’unione degli Armeni con Roma. Nel 1456 si trova a Belgrado dove infuria la battaglia contro i Turchi e per 11 giorni e notti non abbandona il campo. Muore tre mesi dopo in Slavonia oggi Croazia.

     

    Ascoltiamo la Parola di Dio del giorno (Lc 12,39-48)

    Gesù disse ai discepoli: «Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate». Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato il servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

     

    La Riflessione del giorno (detti e fatti dei padri del deserto)

    Un monaco viveva da anni in monastero: da giovane esuberante e facoltoso, aveva lasciato ogni cosa per diventare santo. Prima aveva le mani come avorio, ora incallite come squame di coccodrilli; prima il volto era liscio e rasato, la capigliatura lucida di unguenti, la toga adorna di fermagli d’argento: ora, tosato come una pecora, portava sotto la tonaca un duro cilicio. Aveva sì domato la carne, ma una passione ancora resisteva tenace: la tendenza ad adirarsi. Se un fratello nel mietere lasciava indietro una spiga, subito gli strappava di mano la falce con gesto iracondo. Se al vicino di stallo sfuggiva una nota falsa, gli allungava una gomitata. Così disse all’Abate: “Padre non sono fatto per vivere coi fratelli: trovo in loro continue occasioni di peccato. Io pensavo che i monaci fossero tutti perfetti, invece mi sono d’inciampo. Mi ritirerò nel deserto: solo con Dio, non avrò più occasione di adirarmi”. E trascurando gli ammonimenti dell’Abate, prese con sé una brocca per l’acqua e se ne partì. La prima notte, dormì il più bel sonno di vita sua. Poi cantò i dodici salmi senza una nota stonata, e pregò con fervore. Com’era quieto e felice in quella solitudine, in quel silenzio! Ma occorreva andare al fiume per attingere acqua. Mentre tornava la brocca si rovesciò. “Pazienza!” disse il monaco, e rifece la via andata e ritorno, quieto come l’olio, meditando sulla morte. Posò la brocca, e di nuovo gli sfuggì di mano. “Maledizione! Il diavolo mi tenta, ma pazienza!”. Trafelato, riprese la via, attinse e fece ritorno. E la brocca rotolò a terra una terza volta. “Maledetta! Vattene al diavolo!”. Una pedata e la brocca va in cento pezzi. Il povero giovane allora capì, e tornò piangendo al monastero. “Padre mio, mea culpa!” dice all’Abate. “Ho rotto la brocca a furia di calci. La causa delle mie collere non sono i fratelli: il nemico (e indicava il petto) è qui dentro”.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per i missionari, sacerdoti, religiosi e religiose e laici bergamaschi nel mondo

     

    Don’t Forget! – PERSONAGGIO DELLA SETTIMANA

     

     

    I Giganti della Carità:

    S. Francesca Saverio Cabrini

    (S. Angelo Lodigiano 1850

    Chicago –Usa- 1917)

    Tra il 1901 e il 1913 emigrarono in America quasi cinque milioni di italiani, di cui oltre tre milioni provenivano dal meridione: un morbo sociale, un salasso, come lo hanno definito parecchi politici e sociologi. Accanto ai drammi che l’emigrazione suscitò, merita di essere ricordata una santa italiana che a questo fenomeno guardò con gli occhi umanissimi di donna, di cristiana, meritando così il titolo di “madre dei migranti” SANTA FRANCESCA SAVERIO CABRINI. Nata a S. Angelo Lodigiano il 15 luglio 1850 e rimasta orfana di padre e di madre, Francesca desiderava chiudersi in convento, ma non fu accettata a causa della sua salute malferma. Accettò allora l’incarico di accudire un orfanotrofio, affidatole dal parroco di Codogno.

    Da poco diplomata maestra, la ragazza fece ben di più: convinse alcune compagne ad unirsi a lei, costituendo il primo nucleo delle Suore missionarie del Sacro Cuore; era il 1880. Ispirandosi al grande S. Francesco Saverio, sognava di salpare per la Cina, ma il Papa le indicò quale luogo di missione l’America, dove migliaia e migliaia di emigranti italiani vivevano in drammatiche e disumane condizioni. Anche lei nella prima delle sue ventiquattro traversate oceaniche condivise i disagi e le incertezze dei nostri compatrioti, poi con straordinario coraggio affrontò la metropoli di New York, badando agli orfani e agli ammalati, costruendo case, scuole e un grande ospedale.

    Passò poi a Chicago, quindi in California, onde allargare ancora la sua opera in tutta l’America, sino all’Argentina. A chi si congratulava con lei per l’evidente successo di tante opere, Madre Cabrini soleva rispondere in sincera umiltà: “Tutte queste cose non le ha fatte forse il Signore?”. La morte la colse in piena attività durante l’ennesimo viaggio a Chicago il 22 dicembre 1917. Il suo corpo venne trionfalmente traslato a New York presso la chiesa annessa alla “Mother Cabrini High School”, perché fosse vicino ai suoi “figli”. Nei suoi quaderni di viaggio aveva scritto “Oggi è tempo che l’amore non sia nascosto, ma diventi operoso, vivo e vero”.  Papa Pio XII l’ha canonizzata nel 1946.

     

    nell’immagine un dipinto di Grace Hartigan

     

     

     

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