XXIX settimana T. Ordinario
Avvenne il 23 ottobre…
425 – Valentiniano III diventa imperatore romano.
1863 – Quintino Sella fonda il Club Alpino Italiano.
1942 – Inizia la seconda battaglia di El Alamein
2001 – L’Irish Republican Army, in Irlanda del Nord, inizia il disarmo dopo i colloqui di pace
2002 – Mosca: ribelli ceceni assaltano il teatro della Casa della Cultura, prendendo in ostaggio oltre 800 persone.
aforisma la sapienza dei Chassidim
«Ciò che vuole il Maligno non è tanto farci cadere nel peccato, quanto farci cadere nella disperazione attraverso il peccato.».
Preghiera salmo 12
“Mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza. Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza. Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere, fate ricordare che il suo nome è sublime. Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse, le conosca tutta la terra. Amen”
Santo del giorno
Era nato a Capestrano, vicino all’Aquila, nel 1386, da un barone tedesco, ma da madre abruzzese. Studente a Perugia, si laureò e divenne ottimo giurista, tanto che Ladislao di Durazzo lo fece governatore della città. Ma fatto prigioniero, divenne amico di S. Bernardino e difendendolo quando, a causa della devozione del Nome di Gesù, venne accusato d’eresia.
Anch’egli così si fece francescano e prese come emblema il monogramma di Cristo Re. Il Papa lo inviò suo legato in Austria, in Baviera, in Polonia, dove si allargava sempre di più la piaga degli Ussiti. In Terra Santa promosse l’unione degli Armeni con Roma. Aveva 70 anni, nel 1456, quando si trovò alla battaglia di Belgrado investita dai Turchi. Per 11 giorni e 11 notti non abbandonò mai il campo.
Ma tre mesi dopo, il 23 ottobre, Giovanni moriva a Villaco in Austria (oggi Ilok, in Croazia). È stato canonizzato da papa Alessandro VII il 16 ottobre 1690. Nel 1984 il Papa san Giovanni Paolo II lo ha proclamato patrono dei cappellani militari di tutto il mondo.
Parola di Dio del giorno Luca12,39-48
Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Riflessione Fatti e detti dei Padri del deserto
Si racconta che l’abate Silvano aveva nel deserto di Scete un discepolo chiamato Marco, di provata obbedienza. Era un calligrafo. L’anziano lo amava per la sua obbedienza; ma gli altri undici suoi discepoli sopportavano male questa preferenza. Alcuni anziani del vicinato vennero a sapere che Silvano amava Marco più degli altri e ne furono contrariati. Un giorno si recarono a visitarlo e lo rimproverarono.
L’abate Silvano allora li prese con sé e, uscendo dalla sua cella, si mise a battere alla porta di ciascuno dei suoi discepoli dicendo: «Vieni, fratello, ho bisogno di te». Ma nessuno lo seguì immediatamente. Arrivato alla cella di Marco, egli bussò, chiamando: «Marco!». Costui, alla voce dell’anziano si presentò all’istante e Silvano lo mandò a fare un lavoro qualsiasi. Poi disse agli anziani: «Padri miei, dove sono dunque gli altri fratelli?».
Poi entrò nella cella di Marco ed esaminò il suo quaderno; constatò che aveva cominciato a tracciare la lettera «omega», ma che, alla voce dell’anziano, non aveva neppure girato il calamo per terminare la lettera che stava tracciando. Gli anziani dissero allora: «Veramente, Padre, colui che tu ami noi pure l’amiamo, perché Dio lo ama».
Intenzione di preghiera settimanale
Per i ragazzi che nelle nostre parrocchie hanno iniziato il catechismo affinché genitori, catechisti e sacerdoti si impegnino a fare tutto con serietà e impegno a beneficio dei loro figli.
Don’t Forget! Santi e beati della carità
BEATO GIUSEPPE BALDO
1843 – 1915
Giuseppe Baldo nacque a Puegnago provincia di Brescia, diocesi di Verona, il 19-2-1843. I genitori, Angelo Baldo, contadino onesto e laborioso, e Ippolita Casa, ostetrica e buona educatrice, erano credenti e praticanti. Giuseppe ragazzo di vivo ingegno, si impegnò a crescere nella pietà e nelle virtù umane e cristiane. Al manifestarsi della vocazione, la madre lo ammonì: “Ricordati: o prete buono o niente!”. Entrato nel Seminario di Verona il 7-12-1858, si distinse per pietà, disciplina e buoni risultati negli studi. Il 15-8-1865, a soli 22 anni di età, per indulto pontificio, fu ordinato prete dal Vescovo di Verona Luigi di Canossa.
Passò un anno, come Vicario coadiutore, nella parrocchia di Montorio, dopo di che venne chiamato a svolgere il ruolo di Vicereggente del Collegio Vescovile di Verona, dove rimase per 11 anni come educatore e plasmatore di anime. Volendo dedicarsi a un apostolato di più ampio respiro, chiese ed ottenne di essere mandato Parroco in Ronco all’Adige (VR), borgata agricola della Bassa Veronese la cui popolazione formata da braccianti e da pochi latifondisti, conduceva una vita povera, fatta di miseria e di ignoranza, minata dalle malattie, dalla privazione.
Entrato in parrocchia per una via secondaria, per colpa di un gruppo di anticlericali che volevano ostacolare il suo arrivo, si presentò al popolo dall’altare: «Sono il vostro parroco! Da ora innanzi avrete una nuova proprietà, un nuovo cuore cui avrete diritto di fare appello, una nuova anima che dovrà per voi pregare, soffrire, per voi…». A Ronco rimase 38 anni di iniziative pastorali, caritative e sociali, spesso all’avanguardia, per cercare una giusta soluzione ai numerosi e gravi problemi della sua gente. «A tempi nuovi rimedi nuovi: è tempo di fare» egli diceva.
E agì di conseguenza, sfidando anche l’impopolarità con il coraggio del testimone ministro del Vangelo. L’urgenza di provvedere ai più bisognosi: ammalati poveri, vecchi impotenti e soli, bambini incustoditi, fanciulli e ragazzi privi di istruzione, lo spinse a fondare la Congregazione “Piccole Figlie di S. Giuseppe”. Consumato dalle fatiche, morì il 24-10-1915 a 72 anni. A conclusione del processo canonico, il 31 ottobre 1989, ebbe l’esaltazione agli onori degli altari con il titolo di Beato.
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