Tempo di Natale
Avvenne l’8 gennaio…
1198 – Viene eletto papa Innocenzo III.
1324 – A Venezia muore l’esploratore e commerciante Marco Polo
1642 – Ad Arcetri vicino a Firenze, muore l’astronomo e fisico Galileo Galilei
1944 – Verona: processo contro 6 dei 19 membri del Gran consiglio del fascismo che, il 25-7-1943 avevano sfiduciato Benito Mussolini e che saranno fucilati.
1959 – Fidel Castro entra a L’Avana dopo l’abbandono del paese da parte del generale F. Batista.
1973 – Inizia il processo per lo scandalo Watergate: 7 uomini sono accusati di aver piazzato cimici negli uffici del Partito Democratico degli Usa.
Aforisma di Gandhi
“Un oggetto, anche se non ottenuto con il furto, è tuttavia come rubato se non se ne ha bisogno.”
Preghiera
O Padre, il tuo Figlio unigenito si è manifestato nella nostra carne mortale: concedi a noi, che lo abbiamo conosciuto come vero uomo, di essere interiormente rinnovati a sua immagine. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Santo del giorno
Fu il primo patriarca di Venezia. Di nobilissima famiglia, era nato nel 1381; a 23 anni, rinunciando agli agi, si unì ad altri chierici, che poi furono riconosciuti come Canonici secolari di San Giorgio (dall’isola sulla quale vivevano).
Sacerdote nel 1407, nel 1409 divenne priore, non rinunciando, però, alla questua e alla scrittura, producendo opere di ogni genere, sia destinate ai “dotti” che al popolo. Nel 1433 fu nominato vescovo di Castello, cioè pastore di Venezia e nel 1451 Niccolò V gli attribuì il titolo di patriarca dopo aver soppresso il patriarcato di Grado.
Dovette da subito affrontare tempi difficili, segnati dalla lotta contro i Turchi. Il suo rigore, il suo intento riformatore e la sua testimonianza di fede lo resero un vero padre per i veneziani. Morì nel 1456.
Parola di Dio del giorno Marco 6,34-44
In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare».
Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta.
Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Riflessione da: gli scritti di A. Lonardo
Sulle parole di Gesù ai discepoli: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,7-10) occorre chiarire che questa espressione evangelica vuole esprimere che il “servire” non è qualcosa che si viene ad aggiungere alla condizione umana, come un possibile merito, come una realtà superflua ed accidentale.
L’essere creatura dell’uomo, opera del Creatore, implica la disponibilità e la normalità dell’essere messi a disposizione, dell’essere chiamati a servire. Un uomo che non “servisse” avrebbe fallito la sua stessa identità, avrebbe perso la sua vita, avrebbe perso sé stesso. Colui, invece, che vive la sua esistenza proprio come servitore, non fa altro che rispondere a quel disegno iscritto nella sua stessa vita, nello stesso disegno divino che lo ha generato.
Ecco perché non è necessaria una ricompensa, ecco perché il servire non diviene motivo di rivendicazioni. Tornano alla mente le parole di Paolo: “Non è un vanto per me, l’annunciare il vangelo. È un dovere per me. Guai a me se non predicassi il vangelo!” (1 Cor 9, 16).
Intenzione di preghiera per la settimana
Preghiamo per il nuovo anno 2025 anno giubilare della speranza perché il Signore non ci faccia mai mancare questa virtù che insieme alla fede e alla carità fanno andare avanti il mondo.
Don’t Forget! Le più belle natività della storia dell’arte
MELCHOR PÉREZ de HOLGUÍN – ADORAZIONE DI GESù BAMBINO
1701 – pittura a olio su tela – Museo Casa de la Moneda – Potosí – Bolivia
Il pittore e architetto MELCHOR PÉREZ de HOLGUÍN (1665- 1735) considerato uno dei migliori artisti della storia di Bolivia e della pittura barocca iberoamericana, svolse un ruolo importante nella creazione e nel consolidamento della scuola d’arte di Potosí. Il quadro che presentiamo è un tipico esempio di pittura coloniale che realizzò una fusione tra l’arte pittorica europea (soprattutto spagnola, fiamminga e italiana) e la cultura indigena (andina in questo caso).
Il quadro è diviso in due parti: in quella superiore il Padreterno vestito di rosso insieme alla colomba dello Spirito Santo effonde benedizioni sulla Sacra Famiglia di Maria, Giuseppe e il bambino Gesù. Il pittore ripropone in questo modo il tema delle due famiglie: la famiglia divina cioè la Trinità di Padre, Figlio e Spirito Santo che il pittore ritrae sulla linea verticale e quella umana di Maria, Giuseppe e il Bimbo che è ritratta su una linea orizzontale. Si tratta di un tema frequente nella pittura spagnola coeva (cfr. ad es. la somiglianza con il quadro di Murillo intitolato “Le due Trinità” immagine a sinistra).
Gesù è poggiato al suolo su un giaciglio di paglia coperto dal panno bianco: Maria lo contempla con gioia, mentre Giuseppe col giglio fra le mani giunte (a indicare la sua castità) contempla Maria. Dietro di loro una coppia di devoti che inginocchiati pregano con il Rosario in mano: l’uomo con la tipica borsa a tracolla e con giacchetta con i pantaloni a tre quarti e la donna di cui sotto il manto si intravede l’abito indigeno più che pastori, sono forse i due committenti del quadro che forse serviva da ex-voto.
I due reggono una croce e stanno pregando sia la Trinità celeste come quella terrestre: il segno che la loro supplica è stata accolta ed esaudita sono le rose che due angeli fanno cadere dai loro cestini fino agli oranti. Sullo sfondo a destra del quadro si intravede una specie di demonio che sta fuggendo mentre dietro alla donna si innalza un alto monte. La scena è tutta soffusa di tenerezza e ingenuità, ma non ci si confonda: lo scopo non è solo quello edificante, ma anche quello di comunicare in una catechesi per immagini i contenuti della dottrina cristiana secondo i dettami del Concilio di Trento.
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