Mercoledì 9 luglio 2025

     

    14.a settimana tempo ordinario

     

    Avvenne il 9 luglio…

    1540 – Enrico VIII d’Inghilterra annulla il suo matrimonio con la quarta moglie, Anna di Clèves.

    1762 – Caterina la Grande imperatrice di Russia dopo il colpo di stato contro il marito Pietro III

    1816 – L’Argentina dichiara l’indipendenza dalla Spagna.

    1942 – La famiglia di Anna Frank si nasconde nell’attico di un magazzino di Amsterdam.

    2006 – La nazionale di calcio dell’Italia vince il campionato mondiale.

    2011 – Il Sudan del Sud diventa ufficialmente indipendente dal Sudan

     

    Aforisma del S. Curato d’Ars

    «I nostri errori sono granelli di sabbia accanto alla grande montagna della misericordia di Dio».

     

    Preghiera Colletta

    O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, dona ai tuoi fedeli una gioia santa, perché, liberati dalla schiavitù del peccato, godano della felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Veronica Giuliani, al secolo Orsola, è una delle più grandi mistiche della storia. Ebbe numerose rivelazioni e ricevette le Stimmate. Nata a Mercatello sul Metauro, presso Urbino, nel 1660, visse cinquant’anni nel monastero delle Clarisse di Città di Castello. Entratavi 17enne, vi morì nel 1727, dopo essere stata cuoca, infermiera, maestra delle novizie e badessa. All’autopsia risultò che il cuore era trafitto da parte a parte.

    Dopo aver ricevuto le piaghe della Passione di Cristo, infatti – rivela nel diario spirituale – «piansi molto e con tutto il mio cuore pregai il Signore di volerle nascondere agli occhi di tutti». Nulla sapremmo delle esperienze di Veronica, se il direttore spirituale non le avesse ordinato di trascriverle. Lo fece per 30 anni e il risultato è il «Tesoro nascosto», pubblicato in 10 volumi dal 1825 al 1928. Morì nel 1727, dopo 33 giorni di malattia. È santa dal 1839..

     

    Parola di dio del giorno Matteo 10,1-7

    In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.

    Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».».

     

    Riflessione Dialogo dal film K-Pax con KEVIN SPACEY e JEFF BRIDGES

    Personaggi: MARK, lo psichiatra. PROT, forse alieno (o forse psicotico)

    Mark: Allora, che mi dice dell’ordinamento sociale, del governo?

    Prot: No, non ce n’è nessun bisogno…di governi intendo.

    Mark: Quindi voi non avete leggi?

    Prot: Niente leggi. Niente avvocati.

    Mark: Come fate a distinguere il bene dal male?

    Prot: Ogni creatura dell’universo distingue il bene dal male.

    Mark: Ma se per caso… Ammettiamo che qualcuno facesse qualcosa di sbagliato, commettesse un omicidio o uno stupro, come verrebbe punito?

    Prot: Le voglio dire una cosa, Mark. Voi umani, la maggior parte di voi, approva questa politica dell’occhio per occhio, vita per la vita, che è conosciuta in tutto l’universo per la sua stupidità. Anche i vostri Buddha e Cristo avevano una visione diversa, ma nessuno ha prestato loro molta attenzione, neppure i buddhisti e i cristiani. Voi umani…talvolta è difficile capire come abbiate potuto sopravvivere…

     

    Intenzione di Preghiera

    Perché non dimentichiamo che Dio ci ha dato e continua a darci tutto ciò che è necessario per vivere bene noi e far vivere bene gli altri e questo dono di Dio non è fuori, ma dentro di noi.

     

    Don’t Forget! Divina Commedia Inferno 4.a parte

    I vv. 73-120 del 4° canto dell’Inferno servono a Dante anche per aprire un discorso intorno alla poesia, infatti i protagonisti del Canto sono 4 fra i principali poeti classici secondo il pensiero medievale: anzitutto OMERO presentato come il più autorevole del gruppo, poi ORAZIO, OVIDIO, LUCANO. Dante conosceva il testo omerico solo attraverso traduzioni e rimaneggiamenti (l’episodio di Ulisse del Canto XXVI, ad es. è estraneo ai poemi classici); più diretta la sua conoscenza degli altri tre, soprattutto di Ovidio e Lucano di cui conosceva Metamorfosi e Bellum civile, fonte di innumerevoli immagini mitologiche.

    Il pensiero medievale aveva sottoposto specie Ovidio a un intenso lavoro di reinterpretazione in chiave cristiana, il che vale anche per Virgilio e per la letteratura classica in generale, per cui non c’è da stupirsi se Dante accorda la sua preferenza a questi autori che costituivano il «canone» del Medioevo latino ed erano presi a modello dagli scrittori di poesia; tra essi vi era una sorta di gradazione di importanza, per cui si può ipotizzare che l’ordine in cui li cita Dante rispetti tale gerarchia e consideri Virgilio e Omero come i modelli più autorevoli, non solo in quanto maestri di letteratura ma anche di filosofia e sapere, il che vale in particolare per il poeta latino.

     

    73-75 ««O tu ch’onori scienzia e arte, questi chi son c’hanno cotanta onranza, che dal modo de li altri li diparte?».                              

    76-78 E quelli a me: «L’onrata nominanza che di lor suona sù ne la tua vita, grazia acquista in ciel che sì li avanza».

    79-81 Intanto voce fu per me udita: «Onorate l’altissimo poeta: l’ombra sua torna, ch’era dipartita».                          

    82-84 Poi che la voce fu restata e queta, vidi quattro grand’ombre a noi venire: sembianz’avevan né trista né lieta.                                   

    85-87 Lo buon maestro cominciò a dire: «Mira colui con quella spada in mano, che vien dinanzi ai tre sì come sire:                                 

    88-90 quelli è Omero poeta sovrano; l’altro è Orazio satiro che vene; Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano.                               

    91-93 Però che ciascun meco si convene nel nome che sonò la voce sola, fannomi onore, e di ciò fanno bene»                   

    94-96 Così vid’i’ adunar la bella scola di quel segnor de l’altissimo canto che sovra li altri com’aquila vola. 

    97-99 Da ch’ebber ragionato insieme alquanto volsersi a me con salutevol cenno, e ’l mio maestro sorrise di tanto;                             

    100-102 e più d’onore ancora assai mi fenno, ch’è sì mi fecer de la loro schiera, sì ch’io fui sesto tra cotanto senno.

    103-105 Così andammo infino a la lumera, parlando cose che ’l tacere è bello, sì com’era ’l parlar colà dov’era.                            

    106-108 Venimmo al piè d’un nobile castello, sette volte cerchiato d’alte mura, difeso intorno d’un bel fiumicello.                                  

    109-111 Questo passammo come terra dura; per sette porte intrai con questi savi: giugnemmo in prato di fresca verdura.                                 

    112-114 Genti v’eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne’ lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi.

    115-117 Traemmoci così da l’un de’ canti, in loco aperto, luminoso e alto, sì che veder si potien tutti quanti.                  

    118-120 Colà diritto, sovra ’l verde smalto, mi fuor mostrati li spiriti magni, che del vedere in me stesso m’essalto.                        

    73-75 «O tu che fai onore alla scienza e all‘ arte, chi sono costoro che hanno tanta considerazione da avere una condizione diversa dalle altre anime?»

    76-78 E Virgilio mi rispose: «La fama eccellente che nel mondo terreno ancora sopravvive di loro, acquista loro una grazia in Cielo che li distingue dagli altri spiriti».

    79-81 Intanto io udii una voce: «Onorate l’altissimo poeta: la sua anima, che se n’era andata, ritorna».

    82-84 Dopo che la voce cessò e si acquietò, vidi quattro grandi anime venirci incontro: non avevano aspetto triste, né lieto.

    85-87 Il buon maestro cominciò a dire: «Osserva colui che ha quella spada in mano, che precede gli altri come il loro signore:

    88-90 quello è Omero, il più grande di tutti i poeti; l’altro che lo segue è Orazio, autore delle Satire; il terzo è Ovidio e l’ultimo è Lucano.

    91-93 Poiché ognuno di essi ha in comune con me il nome che pronunciò quella sola voce (il nome di poeta), mi rendono onore e in questo fanno bene».

    94-96 Così vidi radunarsi la bella scuola poetica di quel signore che scrisse altissimi versi, che vola sopra gli altri come un’aquila.

    97-99 Dopo che ebbero parlato un poco tra loro, si rivolsero a me facendomi cenni di saluto e il mio maestro sorrise di questo;

    100-102 e mi resero un onore ancora maggiore, poiché mi accolsero nella loro schiera, così che fui il sesto membro di quel gruppo così assennato.

    103-105. In questo modo procedemmo fino alla luce, dicendo cose che è bello tacere, proprio come era bello parlarne in quel luogo.

    106-108. Giungemmo ai piedi di un nobile castello, circondato da sette ordini di mura e protetto intorno da un bel fiumicello.

    109-111. Lo oltrepassammo come fosse di terra; entrai con questi saggi attraverso sette porte e giungemmo in un prato di fresca erba verde.

    112-114 Vi erano anime con sguardi tranquilli e austeri, dall’aspetto molto autorevole: parlavano poco, con voci dolci.

    115-117 Ci portammo in un angolo, in un punto aperto, luminoso e posto in alto, così che li potessimo vedere tutti quanti.

    118-120 Lì di fronte, sopra l’erba verde come smalto, mi furono mostrati gli «spiriti magni» (le grandi anime), e in me stesso mi esalto di averli visti.

     

    I QUATTRO “SPIRITI MAGNI”

    OMERO

    è il più grande poeta epico greco, autore dell’Iliade e della Odissea, due capolavori che sono all’origine della cultura occidentale ed erano studiati in tutte le scuole. Nonostante la sua fama sia universale, la sua vita è avvolta nel mistero: non si sa bene neppure in che periodo sia vissuto e si si stima nell’VIII sec. a.C. Molte città greche (Smirne, Chio e Atene…) si contendevano l’onore di avergli dato i natali.

    ORAZIO

    Quinto Orazio Flacco nacque a Venosa (oggi in Basilicata) l’8-12-65 a.C. da padre liberto (cioè ex schiavo poi liberato). Fu un poeta romano di grande fama, vissuto nell’età augustea. Studiò a Roma e ad Atene, scrisse satire, epodi, odi e epistole, opere che lo consacrarono come uno dei maggiori poeti della letteratura latina. Morì nell’8 a.C.

    OVIDIO

    Publio Ovidio Nasone nacque a Sulmona (oggi in Abruzzo) nel 43 a.C. e morto a Tomi nel 17/18 d.C. Poeta romano, è considerato uno dei principali esponenti della letteratura latina e della poesia elegiaca. Nell’8 d.C. però cadde in disgrazia dell’imperatore Augusto che lo relegò nella lontana Tomi(che oggi è Costanza, città della Romania) dove morì nel 17-18 d. C.

    LUCANO

    Marco Anneo Lucano, nato a Cordova (Spagna) nel 39 d.C., fu poeta romano noto per il poema epico incompiuto “Bellum civile”, che narra la guerra tra Cesare e Pompeo. Figlio di Marco Anneo Mela, fratello di Seneca, crebbe a Roma e fu ammesso alla corte di Nerone, ma cadde in disgrazia venendo costretto al suicidio nel 65 d.C.

     

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