Un interessante incontro si è svolto il 2 ottobre scorso nella Sala Papa Giovanni della Scuola del Patronato, per presentare un libro dal titolo provocatorio: “UMANITÀ IN BILICO”. All’evento hanno partecipato Giuseppe De Mola, autore del libro, Fabio Defendi, coordinatore Servizio Esodo e del Tavolo Salute Grave Marginalità, don Davide Rota, direttore del Patronato San Vincenzo di Bergamo, Antonio Semperboni, coordinatore gruppo educatori del Patronato San Vincenzo e Gabriel Ledezma, presidente AILMAC – Bergamo.
UN LIBRO CHE FA PENSARE
Giuseppe De Mola, racconta gli interventi di 25 anni di attività dei Medici senza frontiere. Evidenzia l’efficacia degli interventi effettuati e presenta una serie di stimoli.
Di fronte a una realtà che ha il carattere di una emergenza interminabile le risposte pensate per risolvere i fenomeni migratori e intercettare le povertà si rivelano nel giro di poco tempo inattuali.
Gli immigrati non sono una realtà omogenea: sono volti e storie di donne, uomini, bambini e adolescenti che rischiano la vita per fuggire da guerre, oppressioni, fame o che affrontano la traversata e per desiderio di una vita più dignitosa.
“Umanità in bilico” è un libro che fa pensare ad una umanità in bilico su tanti fronti, perché mette in pagina storie vere, avvolte dalla nebbia dell’indifferenza generale e maltrattate da governi di diverso colore.
TRA L’INCUDINE E IL MARTELLO
Antonio Semperboni, coordinatore gruppo educatori del Patronato San Vincenzo ha focalizzato l’attenzione sulla non facile situazione che l’operatore sociale si trova oggi a vivere di fronte a uno Stato, che dovrebbe essere il primo sostenitore di azioni umanitarie, e che invece sovente gioca un ruolo ambivalente. Significativa l’espressione: “Mentre un Prefetto stringe la mano, il magistrato firma gli avvisi di garanzia.
L’operatore sociale si trova di fatto tra l’incudine e il martello; è per così dire in bilico psicologicamente perché deve mantenere la giusta distanza per non farsi travolgere dalle situazioni limite; lo è moralmente perché non sempre è facile indicare alle persone la via giusta da seguire; lo è sul piano legale per non essere raggiunti da avvisi di garanzia; lo è sul piano fisico perché sono in crescita le segnalazioni di aggressioni subite da colleghi.
LE COMPETENZE DELL’EDUCATORE
L’operatore sociale, o educatore, è una figura dalle molte competenze: deve essere aggiornato sui temi dell’immigrazione, conoscere bene la normativa del funzionamento dei servizi sociali, avere tatto piscologico per accompagnare le persone nei percorsi di cambiamento, possedere nozioni base di medicina quando ci sono problemi di salute organica e mentale o di lotta alle dipendenze.
Inoltre deve in grado di superare le barriere tecno-burocratiche perché le persone possano godere dei diritti di cittadinanza. Infine, deve erogare servizi con spirito educativo, cercando sempre di perseguire l’obiettivo di emancipazione, se è possibile, della persona che chiede il suo intervento.
UN LAVORO INVISIBILE
Un ruolo importante, ma anche poco considerato e poco retribuito, forse perché è un lavoro invisibile, come sono invisibili le persone di cui si occupa. Un segno della povertà educativa e di umanità del nostro tempo.
Don Davide Rota, Superiore del Patronato, col suo stile diretto, dice di non capire perché se un infermiere italiano si trasferisce in Qatar per prendere 5000 euro al mese è un eroe, mentre se lo stesso tentativo lo fa un africano cercando di arrivare in Europa per prendere 1000 euro al mese diventa un criminale.
Qui al Patronato gli educatori lavorano con passione. Domani avanti negli anni ciascuno potrà dire in coscienza: «IO C’ERO e ho cercato di fare la mia parte per dare speranza e manifestare umanità a chi viene da lontano e tende la mano».
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