Anni fa in un paesino di montagna, una famiglia (papà, mamma e due figli) costretta a rinunciare alle vacanze da guai imprevisti, decise di occupare il tempo delle ferie in modo creativo.
Passeggiando avevano scoperto in una frazione abbandonata una chiesetta un po’ malconcia, ma si erano così affezionati a quel luogo romantico e fuori del tempo da decidere che avrebbero dedicato le vacanze a sistemarlo.
Detto, fatto: dopo aver liberato il luogo da arbusti ed erbacce, misero mano alla chiesetta col papà che si occupava del tetto e dei muri, la mamma di porta e finestre (suo padre era falegname) e i ragazzi che facevano i «bocia» rendendosi utili per tutte le occorrenze.
Nelle due settimane che seguirono, di mattina la famiglia si recava sul posto e ci restava fino al pomeriggio, consumando colazione e pranzo sul luogo e non rinunciando a momenti di svago e di refrigerio nel vicino torrente.
Alcuni pensionati si unirono a loro e li aiutarono a portare a termine l’impresa, con il risultato che la chiesetta, da rovina ingoiata dal bosco, era diventata punto di riferimento.
Quella famiglia cioè non aveva rinunciato alle vacanze, ma aveva dato loro un senso nuovo.
Vacanza infatti significa «tempo vuoto» da riempire come pare e piace: quella famiglia l’ha riempito con qualcosa di utile e di bello e oggi i figli ormai cresciuti ricordano quelle «vacanze» come indimenticabili.
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