Quando non si aggiunge altro dolore

     

    Nulla faceva pensare che il loro matrimonio si stesse sgretolando e quando l’uomo se ne rese conto, era ormai tardi.

    Chiusa in un rancore sordo e ostinato di cui il marito non riuscì mai a comprendere le ragioni, la moglie era riuscita a trasmetterlo anche all’unica figlia, così che isolato dal muro di ostilità e indifferenza innalzato dalle due, dopo aver tentato di recuperare il rapporto almeno con la figlia, lui decise di trasferirsi a vivere in un monolocale, rinunciando a tutto.

    Non si difese quando la versione di lei nella causa di separazione prevalse e determinò la perdita della casa, di parte dello stipendio e l’uscita dalla sua vita delle due persone più care. A chi gli chiedeva: «Perché non hai lottato almeno un po’?» rispondeva con un mezzo sorriso, un sospiro profondo e poche enigmatiche parole: «Voglio loro troppo bene per aggiungere altro dolore a quello già provato».

    Ha continuato a vivere bene la sua vita e a compiere il suo dovere e, dopo la pensione, ha intensificato il volontariato e moltiplicato le beneficienze. Con l’aiuto del suo confessore, si è tracciato un itinerario spirituale, trovando, insieme all’umiltà e alla pazienza, anche una profonda serenità.

    «Non importa quanto tempo mi ci vorrà, ma sto cercando di riottenere per i meriti di Dio, ciò che mi è stato sottratto senza demeriti miei».

     

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