Quegli amici che non erano poi tanto amici

     

    Le tante cose assurde che avvengono nel mondo, più che stupirci o indignarci dovrebbero farci capire che la realtà è così complessa, che chi pensa di avere la ricetta giusta per ogni problema, dovrebbe essere sottoposto a urgente Tso (trattamento sanitario obbligatorio).

    Che oltre alla realtà anche la gente sia strana e complicata lo conferma un episodio avvenuto negli anni della missione in Bolivia: una coppia di pensionati onesti e buoni d’animo, era riuscita dopo un’intera vita di lavoro e risparmi a costruirsi una casetta non distante dalla parrocchia dove ogni giorno partecipava alla Messa serale.

    A un certo punto non li si vide più e nessuno sapeva dire dov’erano finiti. Un giorno li incontrai per caso e dissero di essere stati costretti a vendere la casa per andare a vivere all’estrema periferia della città: «Cosa vi è successo?» domandai.

    E l’uomo: «Un nipote ci ha chiesto di fargli da garante per i suoi debiti e, per evitare che finisse in carcere abbiamo ipotecato la casa. Ma i suoi debiti erano così tanti, che abbiamo perso tutto e ora viviamo in una stanzetta in affitto a 10 km da qui». «E il nipote?» chiesi. «Non l’abbiamo più visto: lui ha evitato la prigione, ma ci siamo finiti noi, in pratica».

    È un episodio doloroso, simile a tanti altri che capitano in ogni parte del mondo e che la sapienza antica ha condensato nel proverbio: «Dai miei amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io».

    Non so se in Ucraina esista un proverbio del genere, ma è bene che Zelensky se ne ricordi la prossima volta.

     

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