Anni ’30 del secolo scorso: il Patronato muove i primi passi quando dalla misera cassa dell’istituzione qualcuno sottrae 8.000 lire…una cifra notevole per tempi in cui lo stipendio di un operaio si aggirava attorno alle 300 lire al mese (una canzone allora in voga esprimeva il sogno di tanti: “Se potessi avere 1000 lire al mese…”). Don Bepo, pur contrariato da quel furto, non si meraviglia più di tanto perché fra i suoi ospiti ci sono anche ex-detenuti e sbandati in cerca di un tetto e di un pasto caldo. Il buon prete si era illuso che per scoraggiare i furti bastasse occultare la cassaforte dietro un cimelio con la scritta: “Qui giace il Signore”. E invece, oltre al danno trova anche la beffa. Il ladro infatti (che doveva essere un discreto conoscitore delle Sacre Scritture), non si limita a sottrarre la somma, ma ha pure la faccia tosta di lasciare un biglietto, con la scritta: “Non è più qui. E’ risorto!”. In un’altra occasione un ex-detenuto detto il “Mato” che definire stravagante è poco, in piena notte è colto mentre spinge i maiali della casa fuori dal recinto ricavato in un angolo del cortile. “Che stai facendo?” gli chiede stupito il custode. E lui senza scomporsi: “Li sto rubando, per venderli al mercato della Malpensata”.
– don Davide –
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