sabato 1 settembre ’18

    XXI Settimana del tempo ordinario

    Proverbio del giorno

    «Chi ha l’occhio itterico vede tutto giallo (India)»

    Iniziamo la Giornata Pregando (preghiera)

    Signore, fammi “crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti”, che è la radice di quella santità che tu chiedi ad ognuno dei tuoi figli. Poiché tu non ci chiedi nulla che sia al di là delle nostre forze, liberami dalla noia del vivere, liberami dall’accidia, dalla tristezza che porta alla disperazione. La tua gioia avvolga la vita come veste. Apri i cuori alla fiamma che nessuna acqua può spegnere. 

    Egidio L’epoca in cui visse l’abate Egidio (francese Gilles) non si conosce con precisione (forse fra il V° e l’VIII° sec.); numerose le testimonianze del suo culto in Francia, Belgio e Olanda

    La Parola di Dio del giorno Matteo 25,14-30.

    «Un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha».

    BREVE COMMENTO AL VANGELO

    Il 3° servo si mette in buca illudendosi di poter così sopravvivere e resta inerte ad attendere la lavata di capo del padrone e la conferma della sua autoesclusione. Una vita triste, perseguitata dalla paranoia di un’immagine distorta e sbagliata dell’altro. Il servo subisce ciò che si è anticipato da solo e si vede sottratto il talento che avrebbe potuto valorizzare e la stessa relazione col padrone e con gli altri servi. Ha lasciato che la sua infondata paura uccidesse in modo irresponsabile fiducia e talento. Si è reso incapace di rispondere a un’apertura fiduciosa, impostata sulla logica sovrabbondante del gratuito.

    Riflessione Per Il Giorno

    (A. Leoni, “Storia delle guerre di religione” Ares, p. 99)

    «In tutta l’Europa i processi per stregoneria dal XVI al XVIII secolo furono, probabilmente, 110mila, con 60mila condanne a morte. Ora il punto interessante è che metà di questi processi avvenne in Germania mentre in Spagna e in Italia vi furono 10mila processi con pochissime condanne a morte. E il merito di tale, relativa, mitezza fu il tanto vituperato tribunale dell’Inquisizione con il suo rigore procedurale. Di conseguenza nei Paesi in cui la Chiesa cattolica fu cancellata e perseguitata si assistette a una maggiore irrazionalità proprio perché a correggere il sentire popolare non vi erano la struttura e l’organizzazione di Roma».

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo perché l’umanità tuteli maggiormente la sua casa comune, il creato che è dono di Dio.

    Don’t forget!

    IX GIORNATA NAZIONALE DELLA SALVAGUARDIA DEL CREATO

    IL PERSONAGGIO DELLA SETTIMANA

    CECILIA MANGILI

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Cecilia nasce a Bonate Sopra il 7-1-1957 da Maria Facheris (1931-1975) ed Egidio Mangili (1927).

    L’amiotrofia spinale di cui è affetta le ha tolto la possibilità di camminare fin da piccola e nel tempo le ha limitato l’uso di braccia e mani. A 6 anni la mamma la porta a Lourdes, ma madre e figlia più che la guarigione, chiedono e ottengono il dono della serenità e di compiere la volontà di Dio. Il che non significa rinunciare a guarire: nel 1963 infatti Cecilia entra in ospedale a Malcesine sul Garda, dove rimane più di un anno senza peraltro migliorare. Il dolore infatti, che sembra essere diventato il compagno di viaggio della sua vita, la colpisce ancor più duramente: a 18 anni, dopo aver perduto i fratellini Livio (1964-’67) e Giacomo (1970-’75) a causa del suo stesso male, se ne va pure la mamma e da allora in avanti sarà papà Egidio il riferimento per lei e lei per il papà: «Ricordo la sensazione di smarrimento – racconta Cecilia – e il peso che sentivo nel dover sempre più dipendere dagli altri mancando di una mia autonomia. A salvarci è stata la fiducia che l’un l’altro ci siamo donati. E la fede che ha preso casa nella nostra vita». Ma la vita di Cecilia a questo punto è come se decollasse: nel 1984 si celebrano le prime SS. Messe nell’atrio di casa che nel 2010, diventa la cappella di oggi. E Cecilia non si ferma più: testimone di nozze, madrina di battesimo e di Cresima; sindaco per un’ora per celebrare il matrimonio civile di due amici. Nel 1985 il premio della bontà, con stretta di mano di Mons. Oggioni e targa del Comune di Bergamo. E viaggi, tanti: Bologna, Mantova, 3 volte a Lourdes, Medjugorie, Terra Santa, Roma…La sua casa diventa punto di riferimento per un numero crescente di persone che diventano le sue mani, le sue braccia, i suoi piedi e le permettono di fare cose che sarebbero incredibili per ogni persona normale. Dipinge dolci Madonne e partecipa a un’esposizione; si tiene in contatto con tutti; Cristiano e gli amici di Villongo le preparano centinaia di pacchettini di dolci che lei regala a Natale agli amici; il gruppo “In cammino per Cecilia” organizza il cammino di Santiago per lei che li segue in contatto skype. E ancora scrive poesie, racconti, storie e rilascia interviste; incontra cresimandi, futuri preti, novizie, personalità e gente comune e tutti conquista con la sua dolcezza e forza, col sorriso e l’incredibile capacità di sopportare il dolore: “Avevo la visione di un Dio lontano che, piano piano è diventato esperienza di fiducia sperimentata. Il Dio che vedevo sopra le nostre vite ho imparato a sentirlo fratello in croce, in mezzo ai tanti crocifissi della terra. È un Dio Padre, fratello, tenerezza, compagno di croce”. Papà Egidio la segue in questo cammino di fede e carità e diventa una sola cosa con la figlia. Finché arriva l’ultima prova, la definitiva: un tumore aggredisce quel povero corpo già martoriato e poco a poco lo consuma, ma non intacca l’anima, anzi la rende sempre più autentica, dolce, fedele, coraggiosa. La morte la coglie il 17 agosto 2018 nella casa di Valbrembo e i successivi funerali (da lei preparati in ogni dettaglio) sono la definitiva testimonianza di un popolo di amici e di credenti che manifesta la sua gratitudine a una donna la cui vita agli occhi di chi l’ha conosciuta rimane uno straordinario e misterioso dono di Dio non solo a parenti e amici, ma alla nostra chiesa e alla nostra gente di Bergamo.

     

    OMELIA DEI FUNERALI (don Davide Rota)

    Il ricordo di Cecilia che stiamo affidando all’abbraccio definitivo della misericordia divina non può che partire da un sentimento di stupore: come ha potuto Cecilia che non ha mai camminato sulle sue gambe, riuscire a far camminare tanti? Lei che dipendeva da tutti, far dipendere tutti dalla sua fede, vitalità, voglia di vivere e di far del bene? Lei che ha sempre avuto come compagni di vita il male fisico e il dolore, comunicare tanto benessere spirituale e vitalità a chi l’avvicinava? Cecilia infatti rimane per chi l’ha conosciuta la depositaria di un mistero, lo stesso che ha incarnato e vissuto Maria. Della Madonna il grande scrittore francese Georges Bernanos ha scritto: “La Vergine è l’Innocenza. Naturalmente, lei detesta il peccato, ma in fondo non ha nessuna esperienza di esso, quell’esperienza che non è mancata ai più grandi santi, allo stesso santo d’Assisi, per quanto serafico sia. Lo sguardo della Vergine è il solo vero sguardo di bambino che si sia mai levato sulla nostra vergogna e sulla nostra disgrazia”. Perché crediamo che in questo consista il mistero di Cecilia: come la Madonna, anche lei si è così totalmente abbandonata fra le braccia di Dio, da acquistare poco a poco su di sé, sul prossimo, sulla vicenda sua e la storia del mondo, lo sguardo puro e gioioso tipico dei bambini che non avendo esperienza del male, non riescono a vederlo negli altri. Cecilia è persino riuscita a non guardare con rancore né l’amiotrofia iniziale né il tumore finale che ha accolto come compagni di viaggio, anzi li ha trattati con la stessa cortesia che riservava a ognuno e con la sua dolcezza li ha vinti, obbligandoli a collaborare a quel progetto di salvezza che sapeva di essere chiamata da Dio a realizzare. Così in lei si è compiuto il mistero evangelico per il quale gli ultimi diventano primi; i poveri sono innalzati; i miti conquistano la terra e dei bambini è il Regno di Dio. Il salmo 130 che poco fa abbiamo recitato piaceva molto a Cecilia: “Signore, il mio cuore non è ambizioso, né i miei occhi altezzosi; non vado cercando cose grandi o superiori alle mie forze. Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia. Israele attenda il Signore, da ora e per sempre”. Sembra un paradosso: Cecilia era grande perché era piccola; forte perché umile; libera perché obbediente. Che Cecilia fosse una donna forte e volitiva non è un mistero, visto che dal letto su cui giaceva non ha mai rinunciato fino all’ultimo a dirigere ad esempio i lavori per la sistemazione del giardino e non ha mai smesso di fare e a far fare agli altri ciò che lei riteneva fosse giusto e buono.

    Il secondo sentimento è di ringraziamento: al buon Dio anzitutto perché “noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio” (Rom. 8,28). Tutte le cose: la salute e la malattia, la gioia e il dolore, il benessere e le avversità perché a differenza di noi, Dio sa scrivere dritto anche sulle righe storte e nutriamo la speranza che –com’è scritto nei Promessi Sposi– «Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande». Ma il nostro grazie va anche a Cecilia per qualcosa che tutti abbiamo sperimentato con lei. Nella confusione oggi imperante per la quale la patente di brava persona non si nega a nessuno, animali inclusi, mi sono chiesto spesso chi sia la “persona buona”. Ebbene l’esperienza mi ha insegnato che la bontà non è cosa di apparenze, sentimenti o parole, ma di fatti concreti: buona è la persona che quando la vai a trovare ti rende più buono, lieto e disposto a fare a tua volta il bene. Dobbiamo riconoscere che nessuno è mai uscito dalla casa di Cecilia peggio di come ci fosse entrato, tutti abbiamo portato via qualcosa del bene e della serenità che lei donava con spontanea generosità, senza farlo pesare. Lei non ha dovuto impegnarsi come noi per far diventare bravi gli altri: ci riusciva come per contagio e se non riusciva, nessun problema…sapeva infatti leggere nell’intimo dell’anima, là dove c’è posto solo per Dio. Ma Cecilia era buona soprattutto perché ha amato sempre e tutti: ha amato Dio, gli altri e la vita, anche la sua vita così com’era rendendola bella. Mi ha sempre incuriosito il fatto che non abbia mai rinunciato alla sua femminilità; mi colpivano le sue unghie dipinte con tanta cura…

    Infine ciò che avvertiamo in questo momento è che con la sua morte non sia finito nulla: un grande mistico tedesco diceva che “la vita è passare da un inizio a un altro, fino a quell’inizio che non avrà mai fine”. Lei ora non ha solo ritrovato la mamma e i fratellini, ma Gesù, la Madonna e i santi che vede faccia a faccia, dopo aver riempito la casa delle loro statuette. Lei è nella pienezza della vita e della gioia e di sicuro provvederà al papà Egidio e a tutti noi suoi amici qui presenti. Noi dobbiamo solo continuare a far vivere quel bene che ci ha donato e ci ha portati qui oggi.          

     

    nell’immagine un dipinto di Pieter de Hooch

     

     

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