29.a settimana tempo ordinario
Avvenne il 25 ottobre…
79 – Il Vesuvio eruttando ricopre di ceneri e lapilli le città romane di Pompei, Stabia e Ercolano.
1415 – Gli inglesi sconfiggono i francesi nella battaglia di Azincourt.
1662 – Carlo II d’Inghilterra vende Dunkerque alla Francia.
1854 – Crimea: per rompere l’assedio alleato, i russi attaccano il campo britannico di Balaklava.
1936 – Adolf Hitler e Benito Mussolini creano l’Asse Roma-Berlino.
1945 – Il Giappone consegna l’isola di Formosa alla Cina.
1973 – Fine della guerra del Kippur
Aforisma di Ennio Flaiano
«I fascisti (in Italia) si dividono in due categorie: i fascisti propriamente detti e gli antifascisti.»
Santo del giorno

Carlo Gnocchi, nacque da una povera famiglia in provincia di Milano e diocesi di Lodi nel 1902. Alla morte del padre si trasferì a Milano. Entrato nel Seminario, fu ordinato prete nel 1925. Dopo alcuni anni come curato, fu nominato assistente spirituale dell’Istituto Gonzaga degli Scolopi, a Milano. Allo scoppio della 2.a guerra mondiale, partì come cappellano militare volontario per il fronte greco–albanese, per condividere la sorte dei suoi giovani. Ritornò nel 1942 ma ripartì per la Russia con gli alpini.
La drammatica esperienza della guerra e della ritirata dei soldati italiani lo spinse a riflettere e a considerare il mistero del dolore, specie negli innocenti e nei bambini e si dedicò a una grandiosa opera di carità nei confronti di orfani di guerra e mutilatini. Malato di tumore, morì il 28 febbraio 1956, dopo aver donato le proprie cornee a due ragazzi ciechi, in un’epoca dove i trapianti d’organi non erano ancora regolamentati. È stato beatificato sotto papa Benedetto XVI il 25-10-2009 in piazza Duomo a Milano..
Preghiera Colletta
Dio onnipotente ed eterno, donaci di orientare sempre a te la nostra volontà e di servirti con cuore sincero. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Parola di dio Luca 13,2-9
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Riflessione dal Mattutino di Mons. Ravasi
Coloro che vincono, in qualunque modo vincano, mai non ne riportano vergogna. Vae victis! avrebbe gridato Brenno, capo dei Galli, ai Romani impauriti dopo la sua devastazione di Roma nel 390 a. C., stando almeno alla Storia di Roma di Tito Livio. Che i vinti debbano sempre temere è anche convinzione di quello spirito freddo e pragmatico che è il nostro Machiavelli, che oggi ho voluto presentare in una delle sue frasi lapidarie e realistiche, tratta dalle sue Istorie Fiorentine (1520-25). Il vincitore ha sempre ragione, potremmo sintetizzare, prescindendo purtroppo da ogni considerazione morale sui mezzi, le forme e il merito stesso della vittoria.
L’amoralità del vincere è una convinzione da secoli diffusa, per cui ci si premura subito di aggregarsi alla folla e al carro del vincitore, spesso senza pudore. È, questa, una sorta di legge nella politica, nella guerra, nella carriera e così via, in tutte le occasioni dalle quali emergono nettamente vincitori e vinti. Ciò che vorrei, però, mettere in luce nella frase di Machiavelli è quel «non riportarne mai vergogna». L’arroganza del vincitore lo rende spudorato, gli cancella il rimorso, gli amputa dal cervello il senso critico. Quella della perdita della vergogna è una delle più truci esperienze dei nostri giorni, un vizio che non è più appannaggio dei vincitori, ma di tutti.
Scherzando, lo scrittore russo Anton Cechov parlava di «un bassotto che camminava per la strada e provava vergogna di avere le gambe storte». Ora, invece, le gambe storte – soprattutto le storture dello spirito – vengono ostentate e diventano materia di spettacoli televisivi. Come, invece, è profondo l’asserto di un altro russo, il pensatore Vladimir S. Solov’ëv: «Provo vergogna, dunque esisto».
Intenzione di preghiera
Preghiamo perché il processo di pace in Terra Santa sia rispettato da tutti e sostenuto dalla comunità internazionale e si abbandonino le continue polemiche che avvelenano anche le cose buone.
Don’t Forget! 6° CANTO 3.A PARTE

mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ‘nvita;
ma dimmi, se tu sai, a che verranno
61-63 li cittadin de la città partita;
s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione
per che l’ha tanta discordia assalita”.
64-66 E quelli a me: “Dopo lunga tencione
verranno al sangue, e la parte selvaggia
caccerà l’altra con molta offensione.
67-69 Poi appresso convien che questa caggia
infra tre soli, e che l’altra sormonti
con la forza di tal che testé piaggia.
70-72 Alte terrà lungo tempo le fronti,
tenendo l’altra sotto gravi pesi,
come che di ciò pianga o che n’aonti.
73-75 Giusti son due, e non vi sono intesi;
superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c’hanno i cuori accesi”
3 DOMANDE DI DANTE A CIACCO RIGUARDO A FIRENZE (58-75)

A questo punto Dante ribatte dicendosi pronto a piangere per l’angoscia provocata dalla pena di Dante fa a Ciacco tre domande riguardanti la loro comune patria, Firenze: Dante vuol sapere quale sarà l’esito delle lotte politiche, se vi sono cittadini giusti, quali sono le ragioni delle discordie intestine. Ciacco risponde alla prima domanda con una oscura profezia, dicendo che dopo una lunga contesa i due partiti (Guelfi Bianchi e Neri) verranno allo scontro fisico (zuffa di Calendi-maggio del 1300) e i Bianchi cacceranno i Neri con grave danno.
Prima che passino 3 anni, però, i Neri avranno il sopravvento grazie all’aiuto di un personaggio che si tiene in bilico tra i due partiti (Bonifacio VIII). I Neri conserveranno il potere per lungo tempo, infliggendo gravi pene alla parte avversa (condanne ed esili). La risposta alla 2.a domanda è che i giusti a Firenze sono solo in due, ma nessuno li ascolta. Alla 3.a domanda Ciacco risponde che superbia, invidia ed avarizia sono le tre scintille che hanno acceso le lotte politiche.








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