Che avesse ragione don Lorenzo Milani quando nel 1960 scriveva in «Lettera a una professoressa»: «Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi» lo dimostra a volte l’esperienza che si fa al Patronato.
Fra i tanti casi ce n’è uno esemplare: quello di A., un africano nostro ospite con disturbi psichiatrici aggravati da dipendenze (spinelli e pasticche soprattutto). Se avesse un permesso di soggiorno anche solo temporaneo, lo si potrebbe far curare. Ma sono 3 o 4 anni che aspetta una risposta che non arriva.
Si è preso contatto con sua mamma in Africa, che ha supplicato di rimandarlo a casa: ma per il viaggio di ritorno in aereo occorre qualcosa che sui barconi non era necessario, cioè il passaporto che finora non si è riusciti a produrre né in Africa né nell’ambasciata del suo Paese in Italia, anche pagando più del dovuto.
Le forze dell’ordine che chiamiamo quando si lascia andare a scatti d’ira che mettono a rischio la sua e altrui incolumità, non possono fare altro che riconsegnarcelo poco dopo e lui ha una collezione personale di decreti di espulsione rimasti carta straccia…Perché a volte la burocrazia che da una parte ne decreta l’espulsione, dall’altra la rende di fatto impossibile.
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