Da tempo la mamma dall’Africa ci supplicava che aiutassimo suo figlio a tornare da lei: aveva saputo che per i suoi problemi psichici e una vita disordinata, il giovane viveva per strada col rischio o di far del male o di subirlo.
Noi ci eravamo impegnati a fare il possibile per esaudire la sua accorata richiesta e avevamo contattato le forze dell’ordine, l’ambasciata del suo Paese, l’avvocato ecc. ma ci siamo trovati fin da subito in una specie di incubo: non era questione di soldi, li avremmo messi noi, ma occorreva il passaporto, impossibile da ottenere.
Non solo: ogni volta che si schiudeva una possibilità, succedeva qualcosa o si intrometteva qualcuno che vanificava tutto. Finché la polizia intervenne e il giovane sparì dalla circolazione. Eravamo convinti che sua madre avesse finalmente riabbracciato il figlio, finché mesi dopo, una sera alle 22,30 sento bussare e, aprendo, mi trovo davanti lui che mi fa: «I came back».
Cosa sia avvenuto non è chiaro, ma sembra sia stato lasciato dalla polizia a Roma in un Cpr (Centro di permanenza per rimpatri) dove qualcuno deve aver brigato per farlo restare in Italia, riuscendoci.
Ora ci stiamo di nuovo prendendo cura di uno che insiste per tornare a casa dalla sua mamma, ma non può farlo, perché c’è gente «di buon cuore» che glielo impedisce.
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