15.a settimana tempo ordinario
Avvenne il 18 luglio…
387 a.C. – Sacco di Roma: i Galli Senoni comandati da Brenno saccheggiano l’Urbe
1620 – Nel corso della notte i cattolici, aizzati da fanatici predicatori, attaccano e uccidono tutti i protestanti della Valtellina. L’evento passa alla storia con il nome di sacro macello.
1925 – Adolf Hitler pubblica il Mein Kampf.
1994 – A Buenos Aires, un’esplosione distrugge un edificio che ospitava organizzazioni ebraiche, uccidendo 96 persone e ferendone molte altre
1995 – Il vulcano Soufrière, sull’isola di Montserrat, inizia a eruttare. Nel corso di diversi anni devasterà l’isola, distruggendo la capitale e costringendo gran parte della popolazione a emigrare.
Aforisma di S. Ambrogio
“Non sono da annoverare tra i discepoli di Cristo coloro i quali pensano che la durezza sia da preferire alla dolcezza, la superbia all’umiltà e che, mentre invocano per sé la divina pietà, la negano agli altri”.
Santo del giorno

S. Arnolfo di Metz. Nato a Metz (Francia), verso il 582 – Morto a Remiremont (Francia), il 18 luglio 640-641. Di nobile famiglia, ebbe cariche amministrative sotto il re dell’Austrasia, Teodeberto. Si sposò ed ebbe due figli, uno dei quali fu Clodolfo, vescovo di Metz, mentre l’altro, Ansegiso, fu il primo dei grandi ” maestri di palazzo ” e quindi antenato dei Carolingi.
Dopo aver riunito l’Austrasia ala Neustrasia, benché laico, venne eletto vescovo, mantenendo la carica di consigliere a corte e di educatore del futuro re Dagoberto. Si dedicò comunque a un’intensa attività pastorale.
Dopo aver partecipato a due Concili, desideroso di una vita ascetica, finalmente ottenne da Dagoberto il permesso di entrare ad Habend, nella fondazione monastica di Romarico, un suo amico conte palatino che vi si era a sua volta ritirato. Qui Arnolfo vive i suoi anni più sereni, qui si sente realizzato fino alla morte.
Preghiera Colletta
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Parola di dio Matteo 12,1-8
In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti.
O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
Riflessione di don Arturo Bellini su don Bepo
«Ogni domenica ha luogo la dottrina: per il dovere di santificare la festa; per una preziosa e vitale istruzione cristiana; dove si dimentica Dio, si adora la creatura». Don Giuseppe Vavassori.
«Dove si dimentica Dio, si adora la creatura», lo scrive don Bepo Fondatore del Patronato S. V. In una omelia del 2012, papa Benedetto si è rivolto ai fedeli così: «Se la luce di Dio si spegne, si spegne anche la dignità divina dell’uomo. Allora egli non è più l’immagine di Dio che dobbiamo onorare in ciascuno, nel debole, nello straniero, nel povero. Allora non siamo più tutti fratelli e sorelle, figli dell’unico Padre in vicendevole correlazione; ma ci troviamo in un clima di violenza arrogante che schiaccia l’uomo, come accaduto nel secolo scorso e come sta avvenendo nelle guerre militari e commerciali oggi in atto.
Solo se la luce di Dio brilla sull’uomo allora si capisce che ogni esser umano è voluto, conosciuto e amato da Dio, ed è portatore di una dignità è inviolabile. Nel corso dei secoli, non sono mancate cattivi comportamenti anche da parte di cristiani…ma occorre riconoscere che dalla fede in quel Dio che si è fatto uomo, sono venute sempre forze straordinarie di riconciliazione e di bontà. Nel buio del peccato e della violenza, dei lager e dei gulag, la fede ha inserito un raggio luminoso di pace e di bontà che continua a brillare.
Chi pensa di farsi da sé e dimentica Dio, con la sua gratuità, dimentica la realtà fondamentale della vita: che il bene viene dalla benedizione di Dio, dal suo dono gratuito. Quando si scorda questo, si finisce per vivere la propria condizione e il proprio limite non più con il sostegno di sentirsi amati e salvati, ma con l’illusione di non aver bisogno né di amore, né di salvezza.
Si smette di lasciarsi voler bene e ci si ritrova prigionieri delle proprie passioni e della propria ideologia. La dimenticanza di Dio ci toglie la pace, ci fa sentire senza pace. Sotto il sole di Dio, invece, s’impara ad accogliere il Suo domani, vivendo il presente in un cammino sempre nuovo, motivato e sostenuto dalla speranza.
Intenzione di preghiera
Preghiamo perché impariamo a mantenere nei confronti di Dio un atteggiamento umile e fiducioso che ci permetta di non giudicare né Lui, né il prossimo e neppure noi stessi, ma lasciare ogni giudizio nelle mani di Dio.
Don’t forget! INFERNO 4° CANTO Vv. 121-151
Nella 2.a parte del canto 4° dell’Inferno è descritto il CASTELLO DEGLI «SPIRITI MAGNI» cioè la dimora dei pagani virtuosi che si sono distinti per meriti letterari, militari, morali o scientifici, e che godono di maggior considerazione rispetto alle altre anime. Il luogo in cui essi risiedono è un nobile castello che li tiene separati dalle altre anime del Limbo e che rappresenta l’unico punto luminoso nell’oscurità del I Cerchio; all’interno vi è un giardino la cui descrizione ricorda molto il locus amoenus, nonché i Campi Elisi dell’Eneide.
Tra questi Dante cita personaggi del mito classico, sia del ciclo troiano sia di quello latino e dell’antica storia romana: Dante scorge ELETTRA (progenitrice della stirpe troiana), ETTORE (eroe dell’Iliade, figlio di Priamo re di Troia), ENEA (protagonista dell’Eneide), CESARE (Giulio Cesare), CAMILLA (vergine guerriera), PENTESILEA (regina delle Amazzoni), il re LATINO e sua figlia LAVINIA, LUCIO BRUTO (fondatore della repubblica di Roma), LUCREZIA (matrona romana suicida dopo uno stupro), GIULIA (figlia di Cesare), MARZIA (moglie di Catone Uticense), CORNELIA (madre dei Gracchi), il SALADINO. C’è anche un gruppo di filosofi, tra cui ARISTOTELE, SOCRATE, PLATONE, DEMOCRITO, DIOGENE, ANASSAGORA, TALETE, EMPEDOCLE, ERACLITO, ZENONE, DIOSCORIDE. Non mancano poeti (ORFEO e LINO) nonché scrittori: CICERONE e SENECA, EUCLIDE, TOLOMEO, IPPOCRATE, GALENO, AVICENNA e AVERROÈ (questi ultimi arabi musulmani). È probabile, anche se Dante non lo afferma in modo esplicito, che fra gli spiriti magni vadano inclusi anche i quattro poeti che lui e Virgilio incontrano al loro ingresso nel Limbo, ovvero OMERO, ORAZIO, OVIDIO e LUCANO.
121-123 I’ vidi Eletra con molti compagni, tra ’ quai conobbi Ettòr ed Enea, Cesare armato con li occhi grifagni.
124-126 Vidi Cammilla e la Pantasilea; da l’altra parte, vidi ’l re Latino che con Lavina sua figlia sedea.
127-129 Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino, Lucrezia, Iulia, Marzia e Corniglia; e solo, in parte, vidi ’l Saladino.
130-132 Poi ch’innalzai un poco più le ciglia, vidi ’l maestro di color che sanno seder tra filosofica famiglia.
133-135 Tutti lo miran, tutti onor li fanno: quivi vid’io Socrate e Platone, che ’nnanzi a li altri più presso li stanno;
136-138 Democrito, che ’l mondo a caso pone, Diogenés, Anassagora e Tale, Empedoclès, Eraclito e Zenone;
139-141 e vidi il buono accoglitor del quale, Diascoride dico; e vidi Orfeo, Tulio e Lino e Seneca morale;
142-144 Euclide geomètra e Tolomeo, Ipocràte, Avicenna e Galieno, Averoìs, che ’l gran comento feo.
145-147 Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno.
148-150 La sesta compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l’aura che trema.
151 E vegno in parte ove non è che luca.
124-126 Vidi Camilla e Pentesilea; dalla parte opposta vidi il re Latino, che sedeva con sua figlia Lavinia. 1
27-129 Vidi Lucio Bruto che cacciò Tarquinio il Superbo, Lucrezia, Giulia, Marzia e Cornelia; e tutto solo, in un angolo, vidi il Saladino.
130-132 Dopo aver alzato un poco più lo sguardo, vidi il maestro di tutti i sapienti (Aristotele) che sedeva in mezzo ad altri filosofi.
133-135 Tutti lo ammirano, tutti gli rendono onore: qui io vidi Socrate e Platone, che gli stanno più vicini degli altri;
136-138 (vidi) Democrito, che dice che il mondo è governato dal caso, Diogene, Anassagora e Talete, Empedocle, Eraclito e Zenone;
139-141 e vidi il saggio che descrisse le qualità delle piante, ovvero Dioscoride; e vidi Orfeo, Cicerone, Lino e il filosofo Seneca;
142-144 (vidi) Euclide, fondatore della geometria, e Tolomeo, Ippocrate, Avicenna e Galeno, e Averroè che scrisse il grande commento (ad Aristotele).
145-147: Io non posso parlare dettagliatamente di tutti, poiché la vastità della materia mi incalza a tal punto che, spesso, devo omettere dei particolari.
148-150: Il gruppo di sei poeti si divide in due: il saggio maestro mi conduce per un’altra strada, fuori dell’aria quieta e in quella che è burrascosa.
151: E giungo in una parte dove non c’è nulla che sia illuminato.
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