Venerdì 28 marzo 2025

     

    3a Settimana di Quaresima

     

    Avvenne il 28 marzo…

    1958 – Nikita Chruščëv diventa primo ministro dell’Unione Sovietica.

    1969 – Viene lanciato il Mariner 7.

    1977 – Disastro di Tenerife, 583 morti nel più grave incidente aereo dell’aviazione civile.

    1994 – Italia: elezioni politiche, che vedono la vittoria della coalizione di centrodestra.

    2020 – COVID-19 Papa Francesco invoca Dio in Piazza S. Pietro: un discorso e la benedizione Urbi et Orbi straordinaria, poiché impartita di solito solo a Natale e Pasqua

     

    Aforisma dal Profeta Osea 4

    “Torna, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità.”

     

    Preghiera

    Padre santo e misericordioso, infondi la tua grazia nei nostri cuori perché possiamo salvarci dagli sbandamenti umani e restare fedeli alla tua parola di vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Nato a Meriot, Sherborne, Inghilterra, 1060 e morto a Citeaux, Francia, 28 marzo 1134, la vicenda storica di Stefano Harding rimanda alle origini dell’ordine monastico dei cistercensi, tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo. Questo monaco inglese è infatti accanto a san Roberto di Molesme e ad Alberico quando nel 1098 fondano il nuovo monastero a Citeaux (Cistercium in latino, da cui “Cistercensi) in Borgogna.

    Il principio ispiratore della nuova comunità era la volontà di ristabilire l’obbedienza alla Regola benedettina nella sua integrità. Di Citeaux Stefano Harding diverrà anche abate. E sarà lui ad accogliere qui S. Bernardo che col suo carisma contribuirà alla grande fioritura del nuovo ordine monastico. Alla sua morte l’Ordine Cistercense contava già più di settanta monasteri diffusi in tutta Europa. Morto nel 1134, Stefano è stato canonizzato nel 1623.

     

    Parola di Dio del giorno Matteo 12,28-34

    In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”.

    Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

    Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

     

    Riflessione del giorno

    Don Bepo: il paradiso fonte della gioia. Commenti di don Arturo Bellini

    «Il Paradiso: siamo creati per il Paradiso… Come possiamo assicurarci l’entrata in Paradiso».  Don Giuseppe Vavassori (omelia 9 giugno 1960). Don Bepo nella sua omelia addita agli ascoltatori il Paradiso, meta che è fonte della gioia, forza che sostiene nelle lacrime della vita; prospettiva che ci spinge ad allargare lo sguardo su tutti; certezza che rivedremo i nostri cari. Difficile conoscere gli esempi a cui si è riferito.

    Don Bepo citando la visione di S. Vincenzo de Paoli, il martirio di S. Tarcisio, l’esemplarità sacerdotale di don Antonio Seghezzi indica come vivere per sentirsi dire un giorno: «Vieni, servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore» (Mt 15, 21.23).  «Il problema – ha scritto don Giò a 20 anni – è dove costruire la vita. La roccia sono le parole “ascoltate e messe in pratica”. Non mille invocazioni, ma gesti concreti. Nel vangelo si parla di persone che hanno parlato di Gesù e agito in nome suo (miracoli…).

    Eppure Gesù non li riconosce, anzi, li chiama “operatori di iniquità”. Egli non chiede a noi i miracoli (quelli li fa Lui!). Noi dobbiamo essere il segno che il mondo è stato salvato da Cristo, non salvarlo noi. Dobbiamo essere in questa terra segno del Paradiso, del mondo di Dio. Col perdono, la gratuità» (Don Giò – diario 1995). 

    La missione della Chiesa e di ogni cristiano è di essere come «sale» che dona sapore e senso alla vita, come «luce» che illumina le tenebre e come «lievito» che trasforma i cuori e le intelligenze. I primi cristiani erano poco numerosi, ma nonostante ciò, essi hanno potuto portare il Vangelo fino alle estremità della terra.  

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo perché lo Spirito Santo faccia fiorire nella Chiesa l’integrità della fede, la santità della vita, la carità fraterna, perché, stretta alla croce, innalzi i suoi germogli fino al cielo.

     

    Don’t Forget! Dante alighieri: Divina Commedia Inferno Canto III (parte 5.a)

    Il quadro a sinistra è opera di Gabriele dell’Otto

    La perifrasi e i commenti che seguono sono in gran parte di Franco Nembrini

     

    118-120 Così sen vanno su per l’onda bruna, e avanti che sien di là discese, anche di qua nuova schiera s’auna.

    121-123 “Figliuol mio”, disse ‘l maestro cortese, “quelli che muoion ne l’ira di Dio tutti convegnon qui d’ogne paese:

    124-126 e pronti sono a trapassar lo rio, ché la divina giustizia li sprona, sì che la tema si volve in disio

    127-129 quinci non passa mai anima buona; e però, se Caron di te si lagna, ben puoi sapere ormai che ‘l suo dir suona”.

    130-132 Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento la mente di sudore ancor mi bagna.

    133-135 La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento;

    136 e caddi come l’uom cui sonno piglia.

    118-120 Così se ne vanno su quell’acqua scura e prima che siano scese da quell’altra parte, da questa si raduna una nuova schiera.

    121-123 «Figliolo» mi disse cortese il maestro «tutti quelli che muoiono fuori della grazia di Dio arrivano qui da ogni paese

    124-126 e sono tesi ad attraversare il fiume perché la giustizia divina li sprona, così che la paura si trasforma in desiderio.

    127-129 Da qui non passa mai anima buona; perciò, se Caronte si lamenta di te, ora puoi ben capire che cosa significano le sue parole

    130-132 Quand’ebbe finito di dire ciò, quella regione buia tremò così forte che per lo spavento di sudore mi si bagna la fronte

    133-135 Da quella terra di lacrime si alzò un vento e fece balenare un lampo rosso che mi fece perdere i sensi.

    136 E caddi a terra come uno preso dal sonno. 

     

    Fin qui abbiamo offerto ai nostri lettori il testo del 3° cantico dell’Inferno e la sua parafrasi. Dalla prossima settimana a continuazione offriremo alcune note che permetteranno di chiarire il messaggi che Dante voleva comunicare ai suoi lettori e che riguardano sia i personaggi reali o simbolici sia i contenuti filosofici, morali e spirituali che voleva trasmettere.

     

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