Venerdì 31 ottobre 2025

     

    30.a settimana tempo ordinario

     

    Avvenne il 31 ottobre…

    475 – Romolo Augustolo è proclamato imperatore romano d’Occidente

    1512 – Michelangelo Buonarroti finisce la decorazione della volta della Cappella Sistina a Roma

    1954 – Il Fronte Algerino di Liberazione Nazionale si rivolta contro il governo coloniale francese

    1956 – Regno Unito e Francia bombardano l’Egitto per costringerlo a riaprire il Canale di Suez

    1961 – In Unione Sovietica, il corpo di Iosif Stalin viene rimosso dal Mausoleo di Lenin

    1984 – Il primo ministro indiano Indira Gandhi viene assassinata da due guardie del corpo Sikh

    1992 – La Chiesa cattolica riabilita Galileo Galilei dopo la condanna del 1633

     

    Aforisma di Gesualdo Bufalino

    «Ho un debole per le cose rotte, per i cuori trafitti, per le rughe e i sorrisi stanchi, per le cose vecchie e malandate, ho un debole per ciò che ha vissuto. Ho un debole per la vita.».

     

    Santo del giorno

    Wolfango nacque in Svevia, Germania, nel 924 e morì a Pupping, in Austria, nel 994. Nella tradizione popolare cristiana i racconti sul diavolo sono spesso un modo per ricordare che il Vangelo ha superato le superstizioni e il paganesimo radicati da secoli nella cultura europea. Accade anche nella storia di san Volfango di Ratisbona, che, si dice, sul finire della sua vita riuscì a vincere il diavolo facendosi aiutare dal maligno in persona a costruire una chiesa.

    Il senso di questa narrazione appare chiaro se letta alla luce della vera storia di questo vescovo nato nel 924 in Svevia e divenuto poi un apostolo del Vangelo nel cuore di un Europa inquietata dalla paura della fine del mondo. Lui seppe cogliere i segni positivi, organizzando la vita ecclesiastica e civile, costruendo nuove chiese, appunto. Vescovo nel 972, morì nella regione di Salisburgo nel 994.

     

    Preghiera Colletta

    Dio onnipotente ed eterno, accresci in noi la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, fa’ che amiamo ciò che comandi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Parola di dio Luca 14,1-6

    Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisia. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole. 

     

    Riflessione Dal Blog di Costanza Miriano – Berlicche

    Spesso discuto con persone che dissentono dalla mia affermazione che l’uomo sia cattivo. Personalmente, la ritengo una evidenza incontrovertibile. Io so di essere cattivo. Vedo tracce di questa cattiveria in tutte la gente che incontro. A volte anche più che tracce. Potrei mostrare cicatrici sulla mia anima fatte da individui che ritenevo degni di fiducia. Di pochi non ho mai visti lati negativi, di solito i medesimi che dicono di sé stessi di essere cattivi. Il bene che facciamo, se lo facciamo per sentirci meglio, per la fratellanza umana, per giustizia sociale, dura poco.

    Decade orribilmente; diventa un modo per affermare sé stessi, l’ideologia che seguiamo, tornaconto personale. L’ho visto accadere troppe volte, malgrado le migliori intenzioni. Gli unici atti di carità che non ho visto decadere nel tempo sono quelli che si agganciano a Cristo, se riescono a rimanere ancorati a Lui. L’uomo è cattivo, sbaglia, equivoca, mente, persino a sé stesso, specialmente a sé stesso. Troppe volte non ci rendiamo neanche conto della misericordia che ci viene usata, della gratuità di cui usufruiamo. La diamo per scontata, come se ci fosse dovuto. Non ci rendiamo conto dei doni ricevuti, come bambini viziati.

    Mi ha colpito una meditazione del mio parroco sul Vangelo di qualche giorno fa, il caso dei lebbrosi guariti di cui uno solo torna a ringraziare. Quello che è tornato era un samaritano: a differenza degli altri, membri del popolo eletto, non dava per scontato l’essere stato sanato. Forse il nostro essere cattivi sorge in parte anche da questo: l’irriconoscenza verso chi ci dà tutto, la presupponenza di essere in grado di fare da noi. Il credere di essere Dio, mentre siamo solamente creature viziate e viziose, incapaci di restare buone per il tempo tra un pensiero e l’altro. E, nonostante la nostra cattiveria, salvate. Ma da Dio, non da noi stessi. 

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo perché Dio la consapevolezza della nostra inevitabile inclinazione al male ci renda umili e la certezza nell’incondizionata misericordia divina ci renda fiduciosi. 

     

    Don’t Forget! 6° CANTO 4.A PARTE

    DOMANDA DI DANTE A RIGUARDO DI ALCUNI FIORENTINI ILLUSTRI (76-93)

    76-78 Qui puose fine al lagrimabil suono.
    E io a lui: “Ancor vo’ che mi ‘nsegni,
    e che di più parlar mi facci dono.
    79-81 Farinata e ‘l Tegghiaio, che fuor sì degni,
    Iacopo Rusticucci, Arrigo e ‘l Mosca
    e li altri ch’a ben far puoser li ‘ngegni,
    82-84 dimmi ove sono e fa ch’io li conosca;
    ché gran disio mi stringe di savere
    se ‘l ciel li addolcia, o lo ‘nferno li attosca”.
    85-87 E quelli: “Ei son tra l’anime più nere:
    diverse colpe giù li grava al fondo:
    se tanto scendi, là i potrai vedere.
    88-90 Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
    priegoti ch’a la mente altrui mi rechi:
    più non ti dico e più non ti rispondo”.
    91-93 Li diritti occhi torse allora in biechi;
    guardommi un poco, e poi chinò la testa:
    cadde con essa a par de li altri ciechi.
    76-78 Qui pose fine alle parole che invitavano al pianto. E io a lui: «Voglio che tu mi dica ancor qualcos’altro, voglio che tu mi dia altre notizie! 79-81 Farinata e il Tegghiaio, che furono così onorati, Jacopo Rusticucci, Arrigo Fifanti e il Mosca e gli altri, che operarono per il bene della città, 82-84 dimmi dove sono e fa’ che li conosca, perché provo un gran desiderio di sapere se il cielo li consola o l’inferno li amareggia». 85-87 Ed egli: «Essi sono fra le anime più nere: colpe diverse li trascinano giù nel fondo: se scendi ancora, li potrai vedere. 88-90 Ma, quando sarai nel dolce mondo, ti prego di richiamarmi alla memoria dei vivi. Non ti dico niente di più e non ti rispondo altro». 91-93 Allora piegò di sbieco gli occhi rivolti verso di me, mi guardò un poco, poi chinò la testa e, con essa, cadde nel fango come gli altri dannati.

    Dopo che Ciacco ha cessato di parlare in modo lamentoso, Dante gli domanda ancora se sa quale sia il destino ultraterreno di alcuni celebri fiorentini, tra cui FARINATA DEGLI UBERTI, TEGGHIAIO ALDOBRANDI DEGLI ADIMARI, IACOPO RUSTICUCCI, un ARRIGO (di cui non conosciamo l’identità), MOSCA DEI LAMBERTI. Dante ha gran desiderio di sapere se essi sono all’Inferno o in Paradiso e Ciacco risponde prontamente che essi sono tra le anime peggiori e si trovano tutti nel più profondo dell’Inferno, dove Dante stesso potrà vederli se scenderà fin laggiù. Ciacco conclude il suo discorso pregando Dante di ricordarlo ai vivi una volta tornato sulla Terra, quindi non aggiunge altro. Il dannato Ciacco strabuzza gli occhi, guarda per qualche istante il poeta e poi china la testa, ricadendo nel fango insieme agli altri golosi.

    Condividi questa!

    Informazioni sull'autore

    Potrebbe piacerti anche

    Nessun commento

    È possibile postare il commento di prima risposta.

    Lascia un commento

    Please enter your name. Please enter an valid email address. Please enter a message.

    WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com