Vincere la lotta dentro di sé

     

    Capita di incontrare persone che quando si fanno conoscere per quel che sono, ti lasciano basito: così un uomo a cui la moglie aveva detto che non «sentiva più niente per lui» ed era riuscita a farsi assegnare con la custodia dei figli, anche la casa, mi confidava che ad aiutarlo erano state le parole di Ebrei 12,4 «non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il male». «In che senso?» chiesi.

    Rispose: «Alla dichiarazione di guerra di mia moglie ho capito che dovevo rispondere “lottando”. Lo dice la lettera: “resistere… nella lotta”. Il problema era lottare, d’accordo, ma contro chi? Contro mia moglie che ha sbagliato, visto che io continuo a volerle bene? Significava diventare suo complice.

    Contro colei che è anche la madre dei miei figli? Voleva dire includere anche loro nella lotta. Finché ho capito che avrei dovuto combattere contro me stesso, lottando contro il risentimento, resistendo alla tentazione di fargliela pagare, restando fedele al patto stipulato davanti a Dio.

    Sono passati anni e lei si è rifatta una vita e insiste affinché anch’io faccia lo stesso. Le rispondo che sono sposato e mantengo con lei un rapporto cordiale per il bene dei figli che mi cercano, ma soprattutto mi rispettano, ascoltando consigli e ammonizioni del loro papà».

    Questo fatto fa pensare, e nel clima di irenismo imperante – peraltro contraddetto dalla crescente aggressività nei toni e nei modi – fa capire che per vincere la lotta contro il male fuori di sé, occorre aver vinto prima la lotta dentro di sé.

     

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