giovedì 5 ottobre ’17

    XXVI settimana del tempo ordinario

     

    nell’immagine un quadro di Fedele Caliri – vendemmia in Sicilia

     

     

    Proverbio del giorno

    Sulla porta del successo troverai due scritte: entrata e uscita. – Proverbio Yiddish

     

    Iniziamo la Giornata Pregando (preghiera di S. Faustina)

    O Gesù, disteso sulla croce, ti supplico, concedimi la grazia di adempiere fedelmente la santissima volontà del Padre tuo, sempre, ovunque e in tutto. E quando la volontà di Dio mi sembrerà pesante e difficile da compiere, scenda allora su di me dalle tue piaghe la forza e il vigore necessario e le mie labbra ripetano: Signore, sia fatta la tua volontà. Amen

     

    FAUSTINA KOWALSKA

    Nata nel 1905 e battezzata col nome di Elena, è terza di 10 figli di poveri contadini polacchi. Pensa di farsi suora fin da piccola, ma realizza il progetto nel 1925: a Varsavia entra nella comunità della Vergine della Misericordia, prendendo i nomi di Maria Faustina. Fa la cuoca, la giardiniera, la portinaia, passando per varie case. E’ destinataria di visioni e rivelazioni, ma scrive che alla perfezione si arriva con l’unione intima dell’anima a Dio, non per mezzo di “grazie, ed estasi” permesse al fine di richiamare l’attenzione sulla Bibbia che parla della misericordia e di stimolare la fiducia nel Signore e la volontà di farsi misericordiosi. Muore a 33 anni in Cracovia.

     

    La Parola di Dio del giorno (Lc 10,1-12)

    Il Signore designò altri 72 discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio».  Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino…in quel giorno Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città». 

     

     

    Riflessione per il giorno (Da M. Yousafzai, Io sono Malala, Milano, Garzanti, 2013, pp. 44-45)

    Un dibattito infuocato fu innescato dal libro Versi satanici, di Salman Rushdie. Era una parodia della vita del Profeta, ambientata a Bombay, e suscitò una tale ondata di sdegno che per un po’ sembrò che non si potesse parlare d’altro. La cosa strana è che in Pakistan il libro non era neppure in commercio. Ma poi su tutti i giornali in urdu uscirono articoli scritti da un mullah vicino ai servizi segreti pakistani che accusava il testo di insultare il Profeta e incitava i musulmani a reagire. Ben presto i mullah di tutto il Pakistan cominciarono ad attaccare il libro, che fosse messo al bando. La manifestazione più violenta si svolse a Islamabad il 12-02-1989 con bandiere americane date alle fiamme (anche se Rushdie e il suo editore erano inglesi). La polizia aprì il fuoco sulla folla e 5 persone rimasero uccise. Tra chi osservava i disordini c’era l’ayatollah Khomeini, capo supremo dell’Iran, che giorni dopo emise una fatwa chiedendo che Rushdie fosse assassinato. Nella scuola di mio padre, in una sala piena zeppa di studenti, si tenne un dibattito infuocato. Molti chiesero che il libro fosse messo al bando e bruciato pubblicamente, e la fatwa venisse osservata. Anche papà era dell’idea che il libro offendesse l’Islam, ma suggerì: «Innanzitutto dobbiamo leggere il libro. E perché non rispondere a nostra volta con un libro?». E concluse: «L’Islam è forse una religione così debole da non poter tollerare un libro scritto contro di lei? No, non il mio Islam!».

     

    Intenzione del giorno

    Per coloro che si dedicano con tutte le forze al recupero dell’infanzia sfruttata

     

    DON’T FORGET!

    05-10-2009: muore a Teresina, Piauì in Brasile P. PEDRO BALZI, di Ponte Nossa prete fidei donum e missionario in Polesine, in Bolivia e in Brasile dove il suo corpo riposa in attesa della Resurrezione. Fu grande uomo e prete che realizzò grandi opere e si donò tutto a Dio e al prossimo.

     

     

    187° quadro della serie: “i 1.000 quadri più belli del mondo”

    JACOPO DAL PONTE detto il BASSANO: DUE CANI DA CACCIA. 1548/49 – Olio su tela – 61 x 80 cm – Museo del Louvre – Parigi

     

    I Dal Ponte, soprannominati Bassano, furono una famiglia di pittori di Bassano del Grappa, attiva in Veneto tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘600. Discendevano da Jacopo di Berto un conciatore di pelli il cui figlio Francesco il Vecchio fu il primo ad esercitare l’arte pittorica: a lui si deve l’apertura della bottega di famiglia dove operavano numerosi artisti impegnati nella realizzazione di tele, gonfaloni e affreschi per chiese e palazzi, nonché oggetti d’uso ordinati dall’emergente borghesia veneta. Fu in questo ambiente che si formarono i suoi tre figli, Giambattista, G. Francesco e Iacopo (1510 -1592), il rappresentante più autorevole della famiglia. Dei figli di Iacopo si ricordano Francesco il Giovane, Giambattista, Leandro e Gerolamo, tutti pittori, con la scomparsa dei quali scomparve anche la loro scuola pittorica. Dai documenti risulta che Jacopo abbia passato quasi tutta la sua vita a Bassano: dal 1540 si avvicinò alla pittura manieristica (soprattutto a Francesco Salviati) e produsse quadri nella bottega di famiglia, insieme ai figli, fino alla morte. Questo bel dipinto, realizzato per il patrizio veneto Zantani, rappresenta il primo ritratto esclusivo di due animali nella pittura occidentale: non è un caso, visto che proprio gli animali, che così spesso Bassano raffigurava nei suoi dipinti, sono resi con un talento che fa di lui il miglior pittore di animali del ‘500 veneziano. Questi due bracchi, colti in un momento di sosta all’aria aperta, appartenevano allo stesso Bassano. A riprova dell’eccezionale qualità del dipinto, nello stesso anno Tintoretto gli rese omaggio realizzando una “Lavanda dei piedi” dove si vede identico il cane in primo piano.

     

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