XIV Settimana del tempo ordinario
nell’immagine un dipinto di Ivan Aivazovsky
Proverbio del Giorno
«Da una piccola scintilla, un grande fuoco (Cina)»
Iniziamo la Giornata pregando
Mio Salvatore e amico, la sola cosa di cui ho bisogno per realizzare la mia vita, è di amarti con tutto il cuore, l’anima e con tutte le mie forze. Preparandomi a compiere con fede e gioia i miei doveri di ogni giorno, vorrei cominciare con l’adorarti con tutto il mio essere, perché tu solo sei la mia gioia e la mia vera felicità. Amen.
Ippolito
Nel 230 Ippolito, sacerdote, colto e austero, giunse ad accusare di eresia lo stesso papa S. Zefirino e il diacono Callisto, e quando quest’ultimo fu eletto papa, si ribellò, accettando di essere lui stesso invalidamente eletto dai suoi partigiani. Quando l’imperatore Massimino, più duro nei confronti dei cristiani, si trovò di fronte a una Chiesa con due capi, spedì entrambi ai lavori forzati in una miniera della Sardegna. Ippolito morì nel 235.
La Parola di Dio del giorno Matteo 18,1-5.10.12-14
I discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli». Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli».
La Riflessione del giorno (detti dei padri del deserto)
Un anziano disse un giorno: «Se il mugnaio non copre gli occhi dell’animale che gira la macina, questi si volterà e mangerà il frutto del suo lavoro. Così, per una disposizione divina, noi abbiamo ricevuto un velo che ci impedisce di vedere il bene che facciamo, di beatificare noi stessi e di perdere così la nostra ricompensa. E’ anche per questo che di tanto in tanto siamo abbandonati ai pensieri impuri e non vediamo più che questi; ci condanniamo così ai nostri stessi occhi, e questi pensieri sono per noi un velo che copre il poco bene che facciamo. In effetti, quando l’uomo si accusa, non perde la sua ricompensa».
Intenzione del giorno
Preghiamo per chi deve attraversare le acque profonde della prova, della sofferenza e della malattia
Don’t Forget…! – I “1000 quadri più belli del mondo”
CARLO CERESA Nasce a S. Giovanni Bianco (BG) nel 1609 da Ambrogio della Valsassina e Caterina Maurizio di Oltre il Colle. Coltiva fin dall’infanzia grande passione per la pittura, non però accompagnata da studi specifici. Verso i 20 anni comincia a eseguire i primi affreschi nelle chiese dei paesi vicini con notevole approvazione dai vari committenti. Solo allora comincia a frequentare la bottega del pittore milanese Daniele Crespi. La morte del maestro lo riporta nella sua valle, dove ricominciò a dipingere in chiese e santuari locali. I suoi soggetti erano principalmente a sfondo religioso, essendo lui stesso pervaso da una grande fede. Le opere emanano notevole espressività, tanto che comincia a eseguire, con ottimi risultati, numerosi ritratti. In quegli anni si sposa con Caterina Zignoni, di una famiglia benestante della zona. Dall’unione nascono undici figli. Si trasferisce a Bergamo in S. Alessandro della Croce dove muore nel 1679, lasciando una cospicua eredità.
Il dipinto rappresenta il cavaliere del S. Sepolcro Giovanni Paolo Pesenti, autore di un’interessante “Pellegrinaggio a Gerusalemme” (che sarebbe poi il libro con il titolo in latino sul quale il personaggio del dipinto poggia con orgoglio la sua mano destra) edito a Bergamo nel 1615 da Comin Ventura e ristampato con successo editoriale 13 anni dopo a Brescia. Il Pesenti compì il lungo tragitto da Bergamo a Gerusalemme su vie non consuete e alla fine di esso ricevette l’investitura a cavaliere e dell’ordine di Malta il nostro esibisce tutte le insegne. Eppure questo come altri suoi ritratti, nei quali Carlo Ceresa eccelle in dimensione europea, non ha nulla della spettacolarità barocca dei pittori suoi contemporanei e rivela invece la potenza brusca dei suoi personaggi, quel senso del naturale che è verità dell’anima più che dello sguardo, e che rappresenta la sua lezione più alta.
Nessun commento
È possibile postare il commento di prima risposta.