Nel 2020 era finito in ospedale nel periodo più duro della pandemia, ma grazie a Dio era scampato e si era ripromesso di mettere in atto ogni misura necessaria a combattere il virus.
Così aveva rispettato lockdown, sanificazioni, tamponi, uso della mascherina e distanziamento; si era sottoposto ai vaccini 1 e 2 ed era in attesa del 3°; esibiva il green-pass ed era sostenitore convinto di tutti i provvedimenti possibili e immaginabili nella lotta al covid19.
Giorni fa però stupì tutti la veemenza dello sfogo contro ciò che aveva sempre sostenuto. Invitato a una conferenza in una città vicina, aveva accettato di buon grado l’attesa all’esterno, il controllo facciale all’ingresso, la sanificazione delle mani, il rilevamento della temperatura, l’invito a sistemarsi la mascherina, la richiesta del green pass ecc.
Ma quando gli furono chiesti il documento d’identità e la tessera sanitaria reagì: “Perché mai tutti questi controlli?”. “Devo verificare che i suoi documenti non siano contraffatti” aveva risposto impassibile l’addetto.
L’idea di essere sospettato come simulatore lo aveva fatto andare fuori di sé: se ne andò gridando che non l’avrebbero più rivisto.
Perché purtroppo capita che i no green-pass non siano soli a complicare le cose; ci sono anche certi controllori dal cervello troppo molle e dai modi troppo rigidi.
– don Davide Rota
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