cosa ci insegna il coronavirus? – riflessione di don Davide Rota

     

    1°: PER OGNI COSA C’E’ IL SUO TEMPO

    C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace. (Qoelet 3,1-8)

    Della terribile esperienza del coronavirus che si è abbattuta su di noi come uno tsunami, non tutto è da buttare: ci sono insegnamenti e richiami di cui vale la pena di fare tesoro. Il primo è quello che il libro del Qoelet insegna da 23 secoli e che abbiamo citato in apertura. Attraverso 14 contrapposizioni l’autore ricorda che nella vita può capitare di tutto e di conseguenza non ci sono comportamenti unici e validi per ogni circostanza. Così ad es. l’emergenza impone il distanziamento, l’isolamento, il non contatto a noi che, se in tempi normali ci comportassimo così, saremmo accusati di essere asociali ed egoisti. Ancora: la chiesa che ha sempre raccomandato di non perdere la Messa festiva senza valido motivo, adesso raccomanda di non andare a Messa nemmeno a Pasqua. Ora la polizia è dappertutto e fioccano multe pesanti per comportamenti innocui sì, ma in tempi normali, non quando imperversa il virus. E chi protesta contro la sospensione dei diritti personali ha ragione, ma solo in teoria: in pratica ha torto marcio, perché dimostra di non capire la gravità della situazione.

    Ecco, il virus ci insegna che se i valori e i principi (pace, giustizia, amore, fede, libertà, verità) sono immutabili, è mutevole invece la modalità di applicazione che dipende da circostanze e tempi (c’è un tempo per…e un altro per…). Quello che stiamo dicendo non c’entra con il “relativismo etico” che Papa Benedetto XVI ha più volte condannato e basta un esempio a confermarlo: S. Carlo Borromeo che nella peste del 1576 a Milano indisse tre processioni (contro le disposizioni delle autorità politiche e civili) per chiedere a Dio la cessazione del contagio, contribuì a potenziarlo, proprio lui che si era prodigato con tutte le sue forze e i suoi beni per soccorrere i malati. In altre parole i drammi non cambiano i valori, ma le regole, perché ciò che è buono in un tempo, può non esserlo in un altro. Per non sbagliare, occorre allora esercitare il discernimento: la qualità dell’animo che permettere di riconoscere in ogni circostanza ciò che conviene fare, anzi che conviene fare qualcosa, si può e si deve prendere una decisione, per non rimanere sempre e solo spettatori (Giuseppe Angelini). Capire e decidere, ecco il da farsi in ogni tempo: nei tempi duri è difficile e rischioso prendere decisioni ed è forte la tentazione di restare a guardare per mettersi al sicuro e riservarsi poi il diritto di lamentarsi o di criticare. E’ questo che troppi hanno fatto nei tempi “normali”, ostinandosi a cogliere solo il negativo, fustigando negli altri ciò che non vedevano in se stessi. Quando verranno i tempi migliori, l’importante è non ricadere negli errori passati cioè di essere perennemente scontenti, brontoloni, ipercritici, aggressivi, pretenziosi, risentiti, sospettosi…Questo non avverrà se impareremo in questo dramma a rimanere nella difficoltà, accettare le limitazioni, soffrire con chi soffre, gustare ogni cosa buona, ringraziare per ciò che si ha, impegnarsi per ciò che manca. Abbiamo sprecato in lamentele e critiche il tempo per ridere che ci è stato concesso. Ora che quel tempo è scaduto, ci è data la possibilità di uscire migliori dal tempo per piangere. Vediamo di non perdere anche quest’occasione.

     

     

     

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