II Domenica di Pasqua
OGGI SI CELEBRA LA FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Sangue e Acqua, che scaturisti dal Cuore di Gesù sorgente di misericordia per noi, confido in Te
Iniziamo la Giornata Pregando (colletta)
O Dio, che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte, eredità dell’antico peccato trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio; e come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita, l’immagine dell’uomo terreno, così per l’azione del tuo Spirito, fa’ che portiamo l’immagine dell’uomo celeste. Per Cristo nostro Signore.
La Parola di Dio del Giorno LETTURE: Atti 2,42-47; Salmo 117; 1 Pietro1, 3-9; Giovanni 20, 19-31 |
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Riflessione per il giorno
– L’augurio del Vescovo Mons. Francesco Beschi per la Pasqua –
A 40 anni Franz Kafka (1883-1924), mai sposato e senza figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bimba che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita.
Lei e Kafka cercarono la bambola senza successo. Kafka le disse di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a cercarla. Il giorno dopo, quando non avevano ancora trovato la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera «scritta» dalla bambola che diceva: «Per favore non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure». Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka. Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili. Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino. «Non assomiglia affatto alla mia bambola», disse la bambina. Kafka le consegnò un’altra lettera in cui la bambola scriveva: «I miei viaggi, mi hanno cambiata».
La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò tutta felice a casa. Un anno dopo Kafka morì. Molti anni dopo, la bambina oramai adulta trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c’era scritto: «Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l’amore tornerà in un altro modo». Prima che il contagio, lo sgomento e il dolore dilagassero, ho trovato questo racconto che mi ha commosso. L’ho conservato in evidenza, avvertendo che, in maniera delicata, rappresentava l’accavallarsi dei sentimenti di queste settimane e l’esigenza di darvi ordine e di condurli in direzione di una credibile speranza. Chiedo scusa a chi è stato percorso dalla forza abrasiva del dolore, a chi quotidianamente ha impegnato se stesso nella ruvida necessità di decisioni impellenti e nella loro attuazione generosa e competente, a chi è assalito da sconcerto, rabbia e smarrimento: la lievità dell’immagine non vorrebbe far torto alla durezza della prova e al cuore di chi la vive. In questi giorni parole e immagini che raccontano, rappresentano e interpretano ciò che viviamo, si moltiplicano all’infinito: sono necessarie e nello stesso tempo ci confondono. La storia della bambola di Kafka, ha per me il sapore di una risurrezione. Alla virulenza travolgente del contagio, che un poco si placa ma non si spegne, subentra la comprensibile ansia di ricominciare, riprendere, rialzarsi, ripartire…In realtà non è solo un sentimento: è una necessità, un dovere, una responsabilità. Ma non si tratta semplicemente di voltar pagina, di archiviare il più velocemente possibile una primavera infausta, di ritornare al più presto a ciò che abbiamo sempre fatto. Nel momento stesso in cui si riaccenderanno luci, motori, schermi, in cui le strade cominceranno a essere percorse in maniera più insistente da chi deve e può, in cui a bisogni essenziali non risponderemo solo in modo essenziale, non vogliamo riporre nella vetrina dei gioielli, il patrimonio di generosità diffusa e solidale, di competenze affidabili e coraggiose, di responsabilità per il bene comune che abbiamo arricchito in questi mesi.
Percorrendo questa terra orgogliosa e sorprendente ho potuto riconoscere ed ammirare la quotidiana, determinata ed ammirevole capacità di corrispondere ad attese, bisogni, necessità ovunque si presentino. Ho anche sofferto, quando, superata l’emergenza, ho visto riporre queste doti nel doppio fondo del cuore, lasciandolo riempire da ciò che è capace di smentire i nostri convincimenti più profondi. Abbiamo imparato drammaticamente che cosa significa la saturazione del sangue, cosa comporta l’elastico dilatarsi dei nostri polmoni, cosa rappresenta una bombola di ossigeno e un kit di protezione; ma abbiamo dovuto anche riconoscere che non meno decisivi sono la competenza, la generosità, e la responsabilità personale e condivisa. Non sono solo requisiti che fanno funzionare le cose, ma pilastri morali necessari alla costruzione della casa comune o, se volete, sorgenti a cui attingere per vivere insieme da persone umane. Gesù di Nazareth, riconosciuto come il Salvatore e Figlio di Dio, crocifisso, morto e sepolto, è risorto. Inaugura una vita nuova, proprio quella che desideriamo. Noi possiamo ricominciare, rialzarci, ripartire, ma risorgere è un dono di Dio, una sorpresa come diceva la lettera nascosta nella piccola bambola: «Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l’amore tornerà in un altro modo».
Intenzione del giorno
Preghiamo per il tarlo del dubbio e del sospetto non scavi solchi nella nostra anima.
Don’t forget!
19/04/2008: muore don Tomaso Milesi, prete del Patronato
EMMA DI SASSONIA
Vissuta verso il 1000 andò sposa al conte Liutgero di Sassonia. Rimasta vedova giovane, erede di un ricchissimo patrimonio, Emma donò le sostanze ai poveri e alla Chiesa perché fossero investite in opere di carità, e si dedicò al bene del prossimo fino alla morte, avvenuta nel 1040. Fu presto onorata con culto pubblico. Il suo corpo riposa nella cattedrale di Brema.
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