Su una pagina famosissima del «Mondo piccolo» di Guareschi e su quanto dice ancora oggi sulla richiesta di battezzare i figli Don Camillo e Peppone sono così familiari nell’immaginario collettivo italiano che perfino il Papa, nel discorso alla Chiesa italiana radunata a convegno a Firenze, ha voluto citare i due personaggi nati dalla penna sagace di Guareschi:
«Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: «Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro».
Certamente molta popolarità è dovuta ai simpatici film che periodicamente sono trasmessi dalle reti televisive nazionali, sempre con un buon successo di pubblico. È il ritratto di un’Italia antica, semplice e leale (ma non idilliaca!), che ha fatto grande questo paese, tanto nella vita civile quanto in quella religiosa, come ha detto il Papa.
Nel primo libro della serie Mondo piccolo lo scrittore emiliano inserisce un racconto che ha la sua più remota origine nel Vangelo che chiude il tempo di Natale, con la narrazione del Battesimo di Gesù nel fiume Giordano.
La novella di Guareschi si intitola Il Battesimo: la moglie di Peppone chiede a don Camillo di battezzare il figlio appena nato con il nome di Lenin Libero Antonio. Di fronte a un nome così marcato politicamente il parroco rifiuta in malo modo, ma, come spesso accade, invece di trovare approvazione nel Cristo dell’altar maggiore con cui è solito dialogare, riceve un duro rimprovero:
«Don Camillo, hai fatto una gran brutta cosa! Va’ a richiamare quelle gente e battezza il bambino!»
Piccata e comica la risposta del sacerdote:
«-Gesù […] dovete metterVi in mente che il battesimo non è mica una burletta. Il battesimo è una cosa sacra. Il battesimo…-
– Don Camillo – lo interruppe il Cristo. – A me vuoi insegnare cos’è il battesimo? A me che l’ho inventato?-»
A queste parole segue l’ingresso in Chiesa di Peppone, una scazzottata tra i due per dare al bambino il battesimo col nome scelto dai genitori, e la vittoria finale del prete. Da qui il nuovo nome per il figlio del sindaco:
«- Come lo chiamiamo? – chiese don Camillo
-Camillo, Libero, Antonio-, borbottò Peppone.
Don Camillo scosse il capo.
-Ma no: chiamiamolo invece Libero Camillo Lenin- disse. -Sì, anche Lenin: quando hanno un Camillo vicino, i tipi come quello là non hanno niente da fare-.
-Amen-, borbottò Peppone, tastandosi la mascella.»
L‘episodio, in sé divertente, indica l’importanza del Battesimo per un cristiano “tiepido” come Peppone, tanto da insistere, fino ai pugni, per vedere il figlio battezzato. «Il battesimo non è mica una burletta. Il battesimo è una cosa sacra» dice don Camillo al Cristo. È l’inizio della vita dell’uomo come Figlio di Dio, così importante che perfino il Figlio stesso ha voluto immergersi nelle acque del fiume Giordano, come un peccatore qualunque, pur non essendo tale.
Nelle nostre città, dove diminuisce la frequenza ai sacramenti, flette ma resiste la richiesta di battezzare i figli: certo molto giocano la convenzione e la festa familiare, però rimane sottesa l’immagine che il bambino presentato al fonte è un «figlio prediletto», come annuncia la voce dal cielo su Gesù in preghiera.
È veramente un innalzamento della nostra vita, fino ad arrivare al cielo, che si apre.
Guareschi ci aiuta a far memoria dell’importanza di quel semplice rito e dalle sue pagine sembrano uscire domande che ci toccano: quanti cristiani ricordano la loro data di battesimo? Quanti hanno sentimenti di riconoscenza per essere stati battezzati? Quanti ne riconoscono il valore? Quanti, in fondo, si ricordano semplicemente di essere “figli di Dio”?
E forse il Cristo stesso potrebbe dire, a coloro che spesso socchiudono le porte delle Chiese a chi non è considerato “regolare”: «Hai fatto una gran brutta cosa! Va’ a richiamare quella gente…».
Per poi ammettere, con le stesso parole che il Crocifisso rivolge a Don Camillo riguardo a Peppone minaccioso:
«Non sono sistemi da approvare, ma si possono comprendere».
Comprendere… per andare a «richiamare quella gente».
– Sergio Di Benedetto –
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