giovedì 14 gennaio ’16

    1.a Settimana del Tempo Ordinario

     

     

     

    Iniziamo la Giornata Pregando (preghiera dei padri del deserto)

    “Dal cielo è sceso come la luce, da Maria è nato come un germe divino, dalla croce è caduto come un frutto, al cielo è salito come una primizia. Benedetta sia la tua volontà! Tu sei l’offerta del cielo e della terra, ora immolato e ora adorato. Sei disceso in terra per essere vittima, sei salito come offerta unica, sei salito portando il tuo sacrificio, o Signore. Amen”

     

    San Felice da Nola

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    Felice è un sacerdote del III sec. di Nola in Campania. Durante l’imperversare delle persecuzioni, patì in carcere atroci torture e, una volta ristabilita la pace, fece ritorno tra i suoi, ritirandosi in povertà fino ad avanzata vecchiaia, invitto confessore della fede

     

    Ascoltiamo la Parola di Dio (Mc 1,40-45)

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    Venne a Gesù un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!».  Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.  E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma va’, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro».  Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte”.

     

    Riflessione Per Il Giorno (Detti e fatti dei padri del deserto)

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    L’abate Olimpo di Scete era schiavo. Scendeva ogni anno ad Alessandria a portare il suo guadagno ai padroni. Questi gli venivano incontro per salutarlo, ma l’anziano metteva dell’acqua in una bacinella e la presentava per lavar loro i piedi. «No, Padre, non darti pena!», gli dicevano i suoi padroni. «So di essere vostro schiavo», rispondeva, «e vi ringrazio di lasciarmi libero di servire Dio. In cambio, vi laverò i piedi, e voi riceverete ciò che ho guadagnato». Gli altri insistevano, e poiché non volevano cedere, Olimpo diceva loro: «Credetemi: se non volete prendere il mio danaro, rimango qui a servirvi». Allora i padroni, pieni di deferenza, gli lasciavano fare quello che voleva; e alla sua partenza lo riaccompagnavano con onore e gli donavano il necessario perché distribuisse in vece loro delle elemosine.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per tutti coloro che si impegnano per la promozione, la giustizia e la dignità dell’uomo e la difesa del mondo                                        

     

    E…don’t forget! 109° quadro della serie: i 1000 quadri più belli del mondo

     

    Giovanni Bellini: la Madonna di Alzano

    Giovanni Bellini: la Madonna di Alzano 1485 – olio su tavola – cm 83×66 – Accademia Carrara – Bergamo

     

    Collocato originariamente nella chiesa di S. Maria della pace in Alzano Lombardo, attraverso numerosi spostamenti di proprietà, entrò alla fine a fare parte della collezione del conte Morelli che lo lasciò all’Accademia Carrara della quale continua a essere uno dei pezzi più pregiati. A mezza figura dietro un parapetto di marmo rosso, la Vergine delinea la propria ombra sul velluto verde di una cortina, dietro la quale digrada lo stupendo paesaggio che si perde in lontananza, punteggiato da segni della presenza umana, con torri, castelli e figurette, tipici della produzione belliniana. Vicino alla città si intravedono lagune lontane sulla sinistra, gondolieri che vogano; una partita di caccia è guidata da un cavaliere a cavallo e due uomini che si riposano accanto a un albero, identificati come pellegrini dagli emblemi e dalla conchiglia. La città vicina sulla destra ha torri lungo il perimetro e due uomini ammantati impegnati in una conversazione fuori le mura. Lo stacco rende più grandioso il gruppo di Madre e figlio avvolti, più che dai gesti, dal tenero sguardo di Maria verso il bambino che gli siede sulle ginocchia. Estremamente dolci sono i volti e i gesti, con particolare virtuosismo nel disegno della mani di Maria. L’intimità del momento, lambito da un velo di malinconia, trova la sua sintesi nella pera poggiata sul davanzale, che potrebbe riferirsi al peccato originale pagato da

    Gesù con il sacrificio della croce (nella Genesi non si parla di mela, ma di un “frutto” generico). L’ azzurro splendente del manto della Madonna e il nitore tagliente della descrizione delle pieghe, mettono l’artista veneziano in dialogo con il cognato Andrea Mantegna e soprattutto con Antonello da Messina. Ma pienamente belliniana è la definizione dorata del raggio luminoso e lo spalancarsi maestoso del paesaggio naturale. In basso, sul parapetto di marmo Bellini firma l’opera su un finto cartiglio gualcito e piegato ad arte, orgogliosa affermazione di un talento incomparabile nel trattare le possibilità mimetiche della pittura.

    Cattura

     

     

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