Giovedì 16 marzo 2023

     

    3a settimana di Quaresima 

     

    Aforisma del giorno di Nicolàs Gòmez Dàvila

    Chi si lamenta dell’angustia dell’ambiente in cui vive pretende che siano gli avvenimenti, i vicini, i paesaggi a fornirgli la sensibilità e l’intelligenza che la natura gli ha negato.

     

    Preghiera del giorno

    Dio grande e misericordioso, quanto più si avvicina la festa della nostra redenzione, tanto più cresca in noi il fervore per celebrare santamente il mistero della Pasqua. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

     

    Santo del giorno

    S. Eriberto

    Nato intorno al 970, studiò nell’abbazia di Gorze e nella cattedrale di Worms, di cui divenne prevosto. Cancelliere di Ottone III divenne nel 999 arcivescovo di Colonia.

    Al momento della nomina si trova in Italia insieme all’imperatore, che ora governa a pieno titolo e ama vivere a Roma, come i sovrani dell’antico Impero.

    Morto Ottone, Eriberto cade in disgrazia sotto Enrico II, vivendo nell’ombra. Eriberto perde le cariche di stato: ma la disgrazia politica gli ha fatto bene, diventa vescovo sul serio, scopre la vita dei poveri, e i doveri dell’uomo di Chiesa: percorre ogni città e paese, e ben di rado se ne allontana.

    Muore nel 1021 e il Martirologio romano ricorda che «ha illuminato clero e popolo praticando le virtù che predicò”.

     

    Parola di Dio del giorno Luca 11,14-23

    In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni».

    Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in sé stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in sé stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici.

    Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

     

    Riflessione del giorno di don Davide Rota

    “La moda è una forma di bruttezza così insopportabile che bisogna cambiarla ogni sei mesi”. Che Oscar Wilde fosse un personaggio eccentrico, lo si sa, ma che non fosse scontato, ma geniale in molte affermazioni, lo dimostra questa frase che colpisce uno degli ambiti più celebrati del nostro mondo e cioè quello della moda.

    In inglese moda si dice fashion, termine collegato con trend che in italiano si traduce tendenza: la moda cioè crea consenso perché è considerata originale e accattivante. Ma che sia considerata tale, non significa che lo sia davvero, anche perché essa non è al servizio del bello, ma dell’irrefrenabile smania di molti di voler a tutti i costi apparire o sembrare belli.

    La si potrebbe paragonare al pacco regalo, dove una confezione elegante e accurata spesso serve solo a mascherare la pochezza effettiva del regalo che contiene. L’ambito della moda in questo senso è per eccellenza l’ambito della finzione dove non conta quel che si è, ma quel che si sembra e dove si chiede allo stilista di mettere in atto uno spettacolo con scenografie ed effetti adatti a creare l’evento e capaci di inventare il personaggio.

    L’importante è colpire l’immaginazione pubblica e far parlare di sé e in molti casi l’eleganza -cioè la qualità che esprime distinzione, classe, stile, buon gusto, finezza- passa in secondo piano. Per questo alla moda si affida non solo chi gioca tutto sulle apparenze, ma anche chi ha così poca fiducia in sé da doversi mascherare per non far capire chi è davvero.   

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo per i genitori, i maestri, i sacerdoti e tutti gli educatori perché non venga mai meno in loro la forza della testimonianza e non cerchino i privilegi e i vantaggi a scapito degli educandi.

     

    Don’t Forget! Santi della carità

    BEATO GIOVANNI NEPOMUCENO ZEGRÍ Y MORENO FONDATORE 1831-1905

    “Juan” nasce a Granada (Spagna) nel 1831, da famiglia cristiana, ricca e importante, che gli garantisce una brillante carriera legale, a cui è portato dalla sua intelligenza viva e la sua naturale predisposizione per lo studio. È giovane inquieto, brillante, impegnato nel sociale, un po’ incline alla vanità per colpa dell’ambiente in cui è nato e che frequenta.

    Improvvisa ed inaspettata arriva la “conversione”: il lavoro lo porta a contatto con il vescovo di Malaga, che diventa suo amico e lo aiuta ad approfondire la vocazione. Negli studi teologici brucia le tappe ed è ordinato a 24 anni, il 2 giugno 1855. I primi impegni pastorali in Granada, lo mettono a contatto con la miseria, la malattia, l’abbandono dei più poveri, il che risveglia in lui l’interesse sociale e l’apertura ai bisogni degli altri. Prima di tutto, però, è un evangelizzatore che fa ciò che prega e vive ciò che insegna.

    In aggiunta agli impegni pastorali, gli si chiede anche di svolgere l’incarico di esaminatore sinodale, giudice sinodale, segretario nei concorsi dei parroci, visitatore delle religiose, formatore dei seminaristi; è nominato predicatore di sua Maestà e cappellano reale. Il 16 marzo 1878 fonda le Suore Mercedarie della Carità, alle quali affida il carisma di praticare le opere di misericordia corporale e spirituale nei confronti dei poveri.

    Per lui le occasioni di esercitare la carità non mancano, anche perché gli si sta preparando una grossa prova: la superiora della sua Congregazione accusa all’autorità Padre Juan di abusare delle sue suore. L’accusa infamante fa scattare la sospensione “a divinis” e l’allontanamento dalla Congregazione da lui fondata. La prova dura 6 anni e nonostante la sua accusatrice venga ricoverata in manicomio (il che basta a dimostrare l’infondatezza delle accuse) per lui continua un lungo calvario di vergogna e isolamento che non cessa neppure con la completa riabilitazione papale del 1894.

    Diffidenza, esclusione e sospetto continuano ad accompagnarlo e Padre Juan accetta tutto con umiltà e pazienza, isolato da tutti e scavato nel fisico dal martirio spirituale che sta subendo. Abbandonato e in completa solitudine, muore il 17-3-1905. Anche dopo morte sarà accompagnato dall’ostracismo delle sue suore, che solo nel 1925 lo riconoscono come fondatore. La Chiesa gli ha reso giustizia proclamandolo beato il 9-11-2003 e le sue 1200 suore oggi continuano la sua opera dalla Corea, all’America, all’Africa.

     

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