giovedì 5 novembre ’15

     

    XXXI Settimana tempo Ordinario

     

     Iniziamo la Giornata Pregando

    O Dio, che ci hai nascosto l’ora e il momento della nostra morte, concedimi che vivendo io tutti i giorni della mia vita nella giustizia e nella santità, possa meritare di uscire da questo mondo nella pace di una buona coscienza, e morire nel Tuo amore, per i meriti del Signor Nostro Gesù Cristo che vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

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    SS. ZACCARIA ED ELISABETTA,

    GENITORI DI S. GIOVANNI BATTISTA.

    Elisabetta (nome che significa: Dio è mio giuramento) accogliendo in casa sua Maria, piena di Spirito Santo, salutò la Madre del Signore come la benedetta tra le donne. Zaccaria (nome che significa: memoria di Dio), suo marito e sacerdote della classe di Abìa, pieno di spirito profetico, alla nascita del figlio, lodò Dio redentore e predisse il prossimo avvento di Cristo, che verrà dall’alto come sole che sorge.

    La Parola di Dio del giorno

    In quel tempo, si avvicinavano a Gesù i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta.  Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione…”

    Riflessione Per Il Giorno (Fabrizio de André)

    La morte verrà d’improvviso, avrà le tue labbra e i tuoi occhi; ti coprirà di un velo bianco, addor-mentandosi al tuo fianco. Nell’ozio, nel sonno, in battaglia, verrà senza darti avvisaglia: la morte va a colpo sicuro, non suona il corno, né il tamburo. Madonna che in limpida fonte, ristori le membra stupende, la morte non ti vedrà in faccia, avrà il tuo seno e le tue braccia. Prelati, notabili e conti sull’uscio piangeste ben forte: chi bene condusse sua vita, male sopporterà sua morte. Straccioni che senza vergogna portaste il cilicio o la gogna, partirvene non fu fatica perché la morte vi fu amica. Guerriero che in punta di lancia, dal suolo d’Oriente alla Francia, di stragi menasti gran vanto e fra i nemici il lutto e il pianto, di fronte all’estrema nemica non vale coraggio o fatica, non serve colpirla nel cuore perché la morte non muore.

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per tutti i benefattori defunti del Patronato S. Vincenzo.

    Don’t forget! … 100° quadro della serie: i 1000 quadri più belli del mondo

    Cattura

    Giacomo Borlone de Buschis: danza macabra. 1485 circa oratorio disciplini – Clusone

     

    Il pensiero della meditatio mortis aveva fortemente caratterizzato il XV secolo, periodo di grandi cambiamenti, pestilenze (la peste nera tra il 1347 e il 1353 uccise 1/3 della popolazione europea), carestie e guerre. E’ in questo periodo che si diffonde l’uso della danze macabre la cui idea è la stessa dappertutto: è la eguaglianza del cimitero applicata alle follie del mondo. Dalla reggia del principe alla capanna del contadino, la morte batte a tutte le porte ed esce trascinando per mano le vittime e costringendole a danzare. Allegra e buffona, si atteggia a ironia e disprezzo, soprattutto coi grandi e i potenti. Il trionfo della morte di Clusone è una sorta di giudizio universale macabro, in cui il buon Gesù giudice sparisce, per lasciar il posto a personaggi da film horror. In questo affresco la

    Morte è una regina che sottomette tutti a sé; è uno scheletro trionfante avvolto nel mantello e con la corona sul capo. Sventola cartigli con scritto: “Gionto per nome chiamata morte / ferisco a chi tocherà la sorte; / no è homo chosì forte / che da mi no po’ a schanmoare” e “Gionto la morte piena de equaleza / sole voi ve volio e non vostra richeza / e digna sonto da portar corona / perché signorezi ognia persona”. I cartigli proseguuono con altre 2 scritte: Ognia omo more e questo mondo lassa / chi ofende a Dio amaramente pasa. E: Chi è fundato in la iustitia e (bene) / e lo alto Dio non discha(ro tiene) / la morte a lui non ne vi(en con dolore) / poy che in vita (lo mena assai meliore). Il messaggio non salva nessuno: la morte / regina non accetta doni, non ne è interessata, la sua sola ricchezza è la vita delle persone. Non salva nessuno e sceglie in modo accidentale, ma non a tutti rierva gli stessi dolori, perché dipende dall’onesta della vita di ognuno. Sotto i cartigli, sono raffigurati i potenti della terra: un doge (a conferma del dominio della Serenissima: sarebbe il Mocenigo, morto di peste) un vescovo, un cavaliere, un re che interpella un ebreo per capire come corrompere la morte. Tutti la implorano offrendole ricchezze e doni, ma nulla può sovvertire, o ritardare, nella sua giustizia che non fa differenze, l’unica cosa vera e certa della vita, la sua fine.

    Ai suoi piedi, in un sepolcro di marmo, giacciono i corpi del Papa (Sisto IV morto l’anno precedente) e dell’Imperatore, circondati da serpenti, rospi e scorpioni, simboli di superbia e morte improvvisa. La grande Regina colpisce in modo spietato, aiutata da altri scheletri: quello a destra ha in mano un archibugio, mentre a sinistra uno scheletro colpisce con tre dardi. Quella di Clusone è una delle più notevoli opere del genere in Europa, sia dal punto di vista estetico, per la vivacità delle tinte e dell’impianto iconografico, sia da un punto di vista storico, in quanto rappresenta una delle più antiche danze macabre conosciute delle più di 300 dipinte nell’arco alpino.

    Cattura

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