Il coronavirus oltre a paura, angoscia e dolore, ha fatto riemergere anche qualcosa che l’uomo d’oggi sembra aver definitivamente esorcizzato (e invece ha semplicemente rimosso): cioè quel senso di provvisorietà, precarietà e incertezza che è impossibile da eliminare anche oggi, ma che in passato caratterizzava la vita non solo dei poveri, ma di tutti: quel “vivere alla giornata” che oggi è considerato sinonimo di arretratezza e sottosviluppo. Ma come facevano in passato ad affrontare guerre continue? A sopportare periodiche, ma devastanti pestilenze e carestie che decimavano intere popolazioni e i cataclismi naturali che oltre a distruggere i territori, venivano interpretati come castighi di Dio? Loro non avevano né i mezzi né le strutture di oggi; non c’erano né previdenza né società di assicurazione; di diritti umani non se ne parlava e nessuno garantiva per gli ultimi, se non le istituzioni caritative; chi perdeva tutto non poteva contare sui fondi di solidarietà e di indennizzi neanche a parlarne…
Eppure ogni volta quei popoli rialzavano la testa per ricostruire case, seminare campi, produrre beni, far ripartire attività e far rifiorire cultura e vita con un coraggio e una tenacia che noi neanche ci sogniamo. Ebbene, forse questi nostri antenati che consideriamo sorpassati, hanno da insegnare anche a noi che stiamo affrontando una drammatica instabilità a causa della pandemia in atto.
Anzitutto quella gente faceva la cosa più ovvia: se la terra trema sotto i piedi o se senti che tutto sta franando che fai? Cerchi un terreno solido dove rifugiarti nel momento critico e da cui ripartire per la ricostruzione. E quegli antichi sapevano che c’è una sola realtà solida, ferma, sicura e incrollabile: Dio.
Basta leggere i salmi per sentirselo ripetere in tutte le salse: “O Dio, mia grazia e fortezza, mio rifugio e liberazione, mio scudo in cui confido…Dio è per noi rifugio e forza…perciò non temiamo se trema la terra, se crollano i monti nel fondo del mare…”. Una delle immagini più potenti e commoventi di questo periodo è quella del Papa che prega e intercede per tutti in una piazza S. Pietro deserta e battuta dalla pioggia: molti credenti e non, ne hanno avvertito la forza straordinaria. Così dovremmo stare attenti a liquidare come superstizioni le devozioni a S. Lazzaro, S. Rocco e S. Sebastiano; alla Madonna e al Crocifisso (le cui ferite richiamavano le piaghe degli appestati): nei momenti in cui valeva solo la regola del “si salvi chi può”, loro erano amici fedeli e sicuri presso l’Onnipotente.
Non è tutto. Quando ancora si era consapevoli che l’uomo per capace e intelligente che sia, non potrà risolvere ogni problema, sconfiggere ogni male, evitare ogni rischio, ci si era premurati di formare persone moralmente e spiritualmente attrezzate ad affrontare i momenti critici, di formare alle virtù.
Nell’elenco delle virtù, quattro sono dette “cardinali”: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Si noti il numero: quattro come le gambe del tavolo e della sedia, come gli spigoli della casa: un numero che dice solidità, stabilità, sicurezza…proprio ciò di cui si ha bisogno nei momenti critici. Sono virtù: in latino “habitus” cioè comportamento abituale, che da parte di noi, struttura la nostra personalità. A differenza di doti, carismi, sentimenti e gusti personali, le virtù non sono innate, ma possono essere acquisite attraverso lo sforzo e l’impegno personale, come fanno gli sportivi. Sono “cardinali” da cardine, il perno su cui poggiano e girano porte o finestre: infatti queste virtù fanno da perno alla vita e alle scelte. In questi momenti consigliare a tutti la pratica di queste virtù potrebbe risultare utile.
PRUDENZA: Se non si conosce la via, il percorso, la prudenza è d’obbligo: bisogna mettere in atto il discernimento per sapere dove e come muoversi; fare un passo alla volta, consolidando l’appoggio raggiunto, prima di cercare il successivo. L’importante è che la prudenza non diventi calcolo che è un vizio.
GIUSTIZIA: quando domina la precarietà, la giustizia soprattutto nei confronti dei più deboli, poveri e fragili è a rischio. Regole chiare e provvedimenti drastici sono necessari, ma non a scapito degli ultimi e deboli come si è visto in Ecuador coi morti per strada o in India con i poveri infetti appollaiati sugli alberi. In soccorso alla giustizia per fortuna arriva sempre la solidarietà come si vede ogni giorno non solo qui da noi, ma in tutto il mondo.
FORTEZZA: c’è chi sa solo lamentarsi, accusare, criticare…non è dignitoso come comportamento e serve ad accentuare i problemi, non a risolverli. E poi occorre riconoscere che le crisi almeno un merito ce l’hanno: quello di far emergere i forti, i generosi, i coraggiosi, chi fa la differenza…Forse si abusa del termine eroi: ma è certo che mai in questi momenti occorre fortezza e coraggio.
TEMPERANZA: nell’arte questa virtù è dipinta come una donna che mescola acqua calda e fredda, a significare che se tutto è complicato, non saranno i toni gridati, gli atteggiamenti eccessivi, gli estremismi a risolvere i problemi, ma la ponderatezza, la riflessione, il dialogo, la concertazione e tanta, tantissima pazienza, umiltà e sincerità.
– don Davide Rota –
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