martedì 18 giugno ’19

    XI Settimana del tempo ordinario

     

     

    nell’immagine un dipinto di Lesser Ury

     

     

    Proverbio del Giorno

    Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco. Proverbio cinese

     

    Iniziamo la giornata pregando

    Dio fedele, che nutri il tuo popolo con amore di Padre, ravviva in noi il desiderio di te, fonte inesauribile di ogni bene: fa’ che, sostenuti dal sacramento del Corpo e Sangue di Cristo, compiamo il viaggio della nostra vita, fino ad entrare nella gioia dei santi, tuoi convitati alla mensa del regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen

    S. GREGORIO BARBARIGO

    Nel 1656 fu incaricato di coordinare i soccorsi agli appestati dell’Urbe: il Papa aveva fiducia in questo prete veneziano di soli 31 anni, conosciuto in Germania. Nel 1667 lo nomina vescovo di Bergamo, poi di Padova e infine lo crea cardinale. Gregorio agisce secondo lo stile di S. Carlo Borromeo. A Padova dà slancio al seminario. Si fa riformatore dei costumi del clero. «Mangia con la servitù, non lascia d’insegnare la dottrina cristiana, di fare missioni e assistenza ai moribondi». Muore nel 1697. E’ patrono del Seminario di Bergamo.

     

    Ascoltiamo la Parola di Dio (Mt 5,43-48)

    Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. »

     

    Riflessione Per Il Giorno (Madeleine Delbrel)

    Non c’è preghiera se non c’è silenzio.Il silenzio è qualche volta tacere: ma il silenzio è sempre ascoltare. Un’assenza di rumore che fosse vuota della nostra attenzione alla Parola di Dio non sarebbe silenzio. Una giornata piena di rumori e di voci può essere una giornata di silenzio se il rumore diventa per noi eco della presenza di Dio. Quando parliamo di noi stessi rompiamo il silenzio. Quando ripetiamo con le labbra i suggerimenti intimi della Parola di Dio che si levano dal fondo, lasciamo intatto il silenzio. Sappiamo parlare o tacere, ma ci riesce male accontentarci delle parole necessarie. Oscilliamo incessantemente fra un mutismo che affonda la carità e una esplosione di parole che soverchia la verità. Il silenzio è carità e libertà. Risponde a chi gli domanda qualche cosa, ma non dà che parole cariche di vita. Il silenzio ci conduce al dono di noi stessi e non a un’avarizia mascherata.  E ci conserva raccolti per questo dono.Non si può donare quando ci si è sperperati.  Le parole vane sono un costante sperpero di noi stessi. “Di tutte le vostre parole vi si chiederà conto”. Di tutte quelle che bisognava dire e che la nostra avarizia ha serbato. Di tutte quelle che bisognava tacere e che la nostra prodigalità ha sparpagliato ai quattro venti della nostra fantasia o dei nostri nervi.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo perché i credenti riscoprano la fondamentale importanza dell’Eucaristia

     

    Don’t Forget! 270° quadro de “1.000 quadri più belli del mondo

    Paragonato a luminosa meteora apparsa d’improvviso e troppo presto spentasi, il pittore GIOVANNI SERODINE (Ascona 1594/1600 – Roma, 1630), ha brillato troppo poco nella costellazione degli artisti più noti. Forse per uno stile che ha attinto di qua e di là in quel Seicento di grandi menti, forse per la sua breve vita che terminò a poco più di trent’anni. Rivalutato 4 secoli più tardi come uno dei massimi rappresentati del movimento caravaggesco, definito da Roberto Longhi «non solo il più forte pittore del Canton Ticino, ma uno dei maggiori del ‘600 italiano», è stato innalzato al livello di Rembrandt

    GIOVANNI SERODINE: S. PIETRO IN CARCERE 1628- Olio su tela – cm 147 x 218 cm - Rancate, Pinacoteca Cantonale “Giovanni Züst”

    GIOVANNI SERODINE: S. PIETRO IN CARCERE 1628- Olio su tela – cm 147 x 218 cm – Rancate, Pinacoteca Cantonale “Giovanni Züst”

    per il sublime S. Pietro in carcere che oggi presentiamo. Improntata a un mirabile luminismo, ma realizzata con una pennellata rapida e densa che quasi anticipa l’impressionismo, è quest’opera della sua maturità: un capolavoro, come tanti altri quadri suoi sempre misteriosi, antiretorici, vivaci. Qui la sua pittura si fa materia intrisa di luce, vigorosa e incandescente. Un anziano S. Pietro è immerso nella lettura del libro che sostiene con la sinistra, mentre la destra afferra un teschio di cui il pittore ci mostra l’impressionante parte inferiore. Sul tavolo il calamaio con due penne, il candeliere col lume che getta luce gialla su tutta la scena e 2 chiavi che sembrano più quelle della prigione che non quelle del Regno che Gesù gli ha affidato. Dal cassetto aperto spuntano altri libri e fogli, mentre la parete di fondo rivela l’estrema povertà dell’ambiente. La gamma dei colori va dal giallo intenso al marrone scuro, anche questi ridotti all’essenziale. L’anziano apostolo vede vicina la morte, anzi la carezza già con la mano, ma la prospettiva ormai sicura del martirio così come l’angusta e buia cella in cui è costretto riescono a distoglierlo dalla meditazione di quella Parola che egli ha conosciuto nel Cristo. Serodine ci raffigura un S. Pietro umanissimo e trasfigurato insieme, immerso nel dramma (il colore giallo e le ombre che lo avvolgono) che però già splende di una luce tutta spirituale ben più forte della tenue fiammella della candela. Ci troviamo di fronte a un capolavoro assoluto.

     

     

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