mercoledì 2 settembre ’20

     

     

    nell’immagine un dipinto di George Hughes

     

    XXIIa Settimana Tempo Ordinario

     

    Proverbio del giorno (Proverbio Orientale)

    La gioia è destinata a chi ha il cuore contento, per chi porta il copricapo, il cielo è fatto di ombra.

     

    Iniziamo la Giornata Pregando

    Onnipotente ed eterno Iddio, ti prego di curare il mio male, di lavare il mio vizio, illuminare la mia cecità, arricchire la mia povertà, vestire la mia nudità, affinché riceva il Signore dei signori, con tanta riverenza ed umiltà, contrizione e devozione, purezza e fede, affinché, mediante tali buone intenzioni, consegua la salvezza della mia anima. Per il nostro Signore Gesù Cristo. Amen

     

    ALBERTO da PONTIDA ABATE

    Della nobile famiglia Prezzati, per una grave ferita lasciò le armi per cercare Cristo. Dopo un pellegrinaggio a Santiago di Compostela, si ritirò nel borgo natale di Pontida, dove nella seconda metà del sec XI, fondò un monastero dedicato a S. Giacomo, basato sulla regola di Cluny. Fu superiore a Pontida, dove morì nel 1095 o ‘99.

     

    La Parola di Dio del giorno Lc 4,38-44

    In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva. Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demoni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo. Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

     

    Riflessione per il giorno – frammenti di vita del Patronato

    Siccome il figlio poco più che ventenne è ingovernabile, i genitori si rivolgono a me in cerca di un consiglio. Insieme riusciamo a fatica a convincerlo a un colloquio al quale il giovane si presenta con faccia cupa e atteggiamento irritante. Cerco di farlo parlare, ma uno così ha poco da dire e avrebbe piuttosto bisogno di una lezione o di qualcuno che gli faccia capire che è solo uno sciocco presuntuoso …più facile a dirsi che a farsi. Dalle sue poche frasi smozzicate però mi par di capire che ha praticato yoga (di cui io non so nulla) e decido di giocare la carta dell’assurdo: ricordando un racconto orientale, suggerisco: “C’è un esercizio yoga facile facile, ma utile per iniziare il cammino per star bene con sé stessi”. “Sarebbe?” fa lui senza cambiare espressione. “Scegli un bel posto solitario e per un’ora siediti a meditare, senza dar retta a nessuno e senza muoverti qualsiasi cosa accada”. Una settimana dopo torna più rilassato: “Com’è andata?”. “All’inizio bene, poi ha cominciato a piovere e così, inzuppato d’acqua com’ero, mi sono sentito molto stupido”. Era quel che gli serviva e sorridendo gli dico: “Per essere la prima volta, devi ammettere che è stata un’esperienza molto illuminante”.    

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo perché la certezza di Cristo risorto ci liberi dal pessimismo e dallo scoraggiamento.

     

    Don’t forget!

    Santi e beati della carità

     BEATO

    LUIGI ANDREA BORDINO

    1922-1977

    Bordino era nato da una famiglia di vignaioli a Castellinaldo (Cuneo) il 12 agosto 1922. Più propenso allo sport che allo studio, Andrea (il nome Luigi lo prende quando veste l’abito religioso), dal fisico atletico, diventa campione di pallone elastico, sport popolare nelle sue terre e si forma cristianamente fra le mura domestiche, la parrocchia e l’Azione Cattolica. «Tra i filari non sentiva la fatica, nelle gare nessuno riusciva a batterlo e le coetanee non avevano occhi che per lui» ha scritto il giornalista Carlo Cavicchioli. A 20 anni Andrea viene reclutato tra gli artiglieri alpini della divisione «Cuneese», destinata al fronte russo come addetto al vettovagliamento. Ma ecco gli orribili giorni della ritirata in quell’inferno di ghiaccio e dolore che fu la campagna di Russia. La sconfitta e la resa portarono fame e “morte bianca”. Andrea cade prigioniero con suo fratello Risbaldo il 26 gennaio 1943. Approda prima agli orrori dei lager siberiani e poi nei campi della Mongolia. Ma non bada a se stesso, bensì agli altri e nel lazzaretto del campo 19/3 di Pactarol si prende cura di infettivi e moribondi. Con i suoi compagni cammina per lande e steppe gelate, su sentieri costeggiati di morti e matura la sua vocazione religiosa. È fra i pochi a rivedere la sua famiglia, la sua terra e, non più abituato ad un letto, dorme per un po’ sul pavimento: ritornare alla vita non è cosa semplice. Il 23 luglio 1946 bussa alla porta del Cottolengo di Torino, viene accolto e diventa fratel Luigi della Consolata. Le giornate si dipanano nella preghiera e nel servizio ai malati: è l’infermiere più richiesto dal corpo medico e dai pazienti delle corsie, sia per le sue capacità professionali, sia per la sua carica umana, apostolica. Incarna in tutto e per tutto il «Caritas Christi urget nos» del Cottolengo. Il suo atteggiamento verso i malati è lo stesso che ha di fronte all’Eucaristia. Poi, improvvisa, la malattia. Ha 55 anni quando egli stesso diagnostica la leucemia che lo assale. Inizia un calvario di sofferenza, accompagnato dalla sua serena e forte lode a Dio. Morirà il 27 agosto 1977. Il suo biografo, fratel Domenico Carena, ha scritto di lui: «Fratel Luigi non ha solo seguito Cristo, ma si è identificato in lui e per questo ne ha irradiato l’amore tra i poveri che ha servito». Papa Giovanni Paolo II il 12 aprile 2003 ha dichiarato Fratel Luigi “Venerabile” e il 2 maggio 2015, a Torino il Card. Angelo Amato ha presieduto la cerimonia di beatificazione.

     

    Il ricordo e il grazie…

    Prof. Giorgio Szegö

    RETTORE

    UNIVERSITÀ DI BERGAMO

    Morto il 14 aprile 2020

     

    Docente e rettore dell’Università degli studi di Bergamo dal 1975 al 1984, il professor Giorgio Szegö, fu protagonista dell’impegno ad accrescere gli spazi dell’ateneo, compiendo significative azioni e spinte di apertura dell’ateneo della città. Con una laurea in Fisica conseguita ad appena 22 anni, e una carriera da docente universitario iniziata negli Stati Uniti nel 1960, il professor Szegö nel corso della sua lunga carriera accademica ha insegnato matematica generale e finanziaria, economia dei mercati monetari e finanziari, in Italia e negli Usa, e ha insegnato in Australia, Inghilterra e Giappone come visiting professor. È stato consulente di Fondo monetario internazionale, Banca mondiale e dell’Ocse. Numerosi i testi scientifici che portano la sua firma, così come le attività di ricerca. Negli anni del suo rettorato all’università di Bergamo, si manifestò urgente il bisogno di trovare aule dove tenere lezioni e conferenze. In città c’erano 70 mila metri quadri di edifici storici inutilizzati, ma riqualificare questi contenitori era difficile. Fu così che l’Università di Bergamo si ampliò occupando Palazzo Terzi in via Salvecchio e iniziò ad aprirsi all’estero. Szegö fu davvero un grande precursore della internazionalizzazione dell’ateneo bergamasco. Durante il suo rettorato fu organizzato il 1° meeting italiano dell’Efa (European Finance Association) e venne promosso un evento con gli accademici di Svezia che assegnarono il Premio Nobel all’ economista Modigliani. Il 14 novembre 2000, l’allora Rettore Alberto Castoldi conferì al prof. Szegö la laurea honoris causa in Economia e Commercio.

     

     

     

     

     

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