XXIX settimana del tempo ordinario
nella fotografia un quadro di August Macke
Proverbio del giorno
Il cammino del viaggiatore è tracciato dagli astri e non dalle dune di sabbia. (Arabia)
Iniziamo la Giornata Pregando (preghiera all’inizio del giorno)
Ti benedico o Padre, all’inizio di questo nuovo giorno. Accogli la mia lode e il mio grazie per il dono della vita e della fede. Con la forza del tuo Spirito guida i miei progetti e le mie azioni: fa’ che siano secondo la tua volontà. Liberami dallo scoraggiamento davanti alle difficoltà e da ogni male. Rendimi attento alle esigenze degli altri. Proteggi con il tuo amore la mia famiglia. Così sia
Daria
Crisanto e Daria vissero e morirono martiri nel 283. Crisanto, di origine alessandrina, venne a Roma per studiare filosofia: qui si fece battezzare. Il padre cercò di farlo tornare al culto degli dei, servendosi di alcune donne, fra cui la bella Daria. Ma Crisanto riuscì a convertirla e di comune accordo, simulando il matrimonio, i due furono lasciati liberi di predicare. Scoperti furono accusati e affidati al tribuno Claudio che si convertì insieme a moglie, figli, parenti amici e i 70 soldati della guarnigione. Scoperti, vennero tutti condannati a morte dall’imperatore.
Ascoltiamo la Parola di Dio (Lc 12,39-48)
Gesù disse ai discepoli: «Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Riflessione Per Il Giorno (Card Ravasi commenta Simone Weil)
I giorni della nostra vita sono come un blocchetto di assegni in bianco. Li puoi spendere come vuoi, ma l’ultimo devi riservarlo a Lui. (Simone Weil). «Tutti i giorni vanno verso la morte, l’ultimo vi arriva», ammoniva il pensatore francese Montaigne. È un’altra francese, di origine ebrea, Simone Weil, a rileggere il monito in chiave spirituale: abbiamo tra le mani un assegno in bianco e ciascuno, nell’intimità della coscienza, può dire se l’ha investito, se l’ha lasciato in un cassetto, se l’ha strappato o macchiato rendendolo invalido. Ma – continua la Weil – c’è un ultimo assegno che si deve intestare a Dio. È quello del bilancio della propria esistenza che, se si vuole, può diventare una metafora della conversione. Durante la vita abbiamo avuto disponibilità di intelligenza, tesori di amore, fondi di beni materiali, depositi di sentimenti, ricchezze di amicizie e forse abbiamo dissipato tale patrimonio, sacrificandolo all’egoismo, dissolvendolo nelle banalità, riservandolo a persone sbagliate. È, questo, il rischio della nostra libertà. Ma questa stessa libertà può farci decidere di impiegare bene l’ultimo assegno. Noi, però, non sappiamo quale sia. Per questo, allora, è prudente intestare subito a Dio e al bene l’assegno che abbiamo ora tra le mani perché – come diceva un altro francese, il poeta Lamartine – «l’uomo non ha porto, il tempo non ha riva: esso scorre e noi passiamo!».
Intenzione del giorno
Preghiamo per chi bestemmia e disonora il santo nome di Dio con una condotta di vita indegna.
Don’t forget! – 189 quadro dei: “1.000 quadri più belli del mondo”
Jean Cousin nacque attorno al 1520 a Sens, dove rimase fino al 1540. Fu pittore, scultore e incisore, fu considerato dai contemporanei più bravo nella teoria che nella pratica. Di lui non sappiamo l’esatta data di morte: l’ultima opera documentata risale comunque al 1582. Il quadro: nella semioscurità di una caverna che si apre su un paesaggio lacustre, è sdraiata di fianco una giovane donna nuda (si tratta del primo nudo della pittura francese). Le intimità sono coperte da un morbido drappo, mentre il braccio destro poggia su un teschio e in mano tiene un ramo con un frutto (mela o melograno); avvolto sul braccio sinistro è un serpente, mentre la mano è mollemente poggiata su un’urna. Un cartiglio appeso sull’atrio della grotta svela l’identità della donna…Eva prima Pandora. Secondo la mitologia Pandora era stata plasmata con l’argilla da Vulcano. In onore della sua bellezza gli Dei le donarono tutte le virtù, relegando i mali dentro un “pithos”, un vaso.
Quando la giovane giunse sulla terra, inconsapevole del contenuto della sua urna, l’aprì liberando tutto il male. Nel ‘500 la chiesa e la gente identificò Pandora con Eva, intendendola come causa e origine di ogni male. I simboli tutti attorno confermano la sua doppia identità: il serpente che tentò Eva e a causa del quale -come dice Sap. 2,24- “la morte (il teschio) entrò nel mondo per invidia del diavolo”. La mela (o melograno) che la prima donna offrì ad Adamo e la caverna oscura che descrive la condizione dell’uomo/donna in seguito al peccato, mentre il luminoso paesaggio sullo sfondo allude al paradiso terrestre perduto. L’esecuzione dell’opera risale al tempo del soggiorno di Cousin a Parigi, come è evidente dal tipo di composizione, dalla qualità cromatica e dalla linea sinuosa con cui è costruito il corpo della donna, elementi acquisiti dal pittore a contatto con gli artisti italiani della Scuola di Fontainebleau: Rosso Fiorentino, Primaticcio e Benvenuto Cellini. L’influenza della Venere di Urbino, opera di Tiziano è però evidente sia nella postura della donna sia nel diadema che ne orna la chioma.
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