Ping pong alla Casa del Giovane…rigorosamente in attesa di tempi migliori!

    Li raggiungo in sala giochi mentre sono impegnati in qualche veloce scambio a ping pong. La sala sente ancora di nuovo; l’abbiamo appena tirata a lucido per la nuova stagione, ripavimentata, reimbiancata, ricablata. È sempre un riavviarsi qui, ad ogni inizio stagione; ritmi sempre uguali eppure sempre nuovi.

    Ma in questi giorni la sala giochi è spesso chiusa. I ragazzi se ne sono andati alle loro case, a causa delle disposizioni dell’ultimo dpcm. Di nuovo. Ma non tutti. L’Atalanta, che da anni ci affida le nuove leve provenienti da fuori territorio, ha deciso di sospendere le attività delle fasce più giovani. Ha tenuto attivi però i più “maturi”, i ragazzi della fascia Under 18 e Primavera.

    La ritmica bitonale della pallina arancio che traccia traiettorie paletta – tavolo a raffica è come un rassicurante toccasana, un flebile segno di vita che riecheggia tra i corridoi della casa semivuota.

    «Si, ce lo si poteva aspettare, ma non così alla svelta!» – risponde F. alla battuta tristemente ironica «Che bello, sembra di essere tornati a marzo…». 17 anni, è ospite della casa e gioca con l’Atalanta da quando ne aveva 14. «E considera che è da ferragosto che non vado a casa; adesso che hanno bloccato tutto è un casino». Anche se in realtà non è vero, perché un rientro a casa per ricongiungimento familiare sarebbe autorizzato. Ma, come sempre, bisogna leggere tra le righe: il “casino” è la limitazione, il non fare più liberamente quello che si faceva prima, il dover stare costantemente in allerta. Che impatto può avere su degli adolescenti il clima di emergenza sanitaria che stiamo vivendo? Tema enorme. F. si è appena fatto 14 giorni di quarantena, chiuso in camera, perché entrato in contatto con un positivo. Come T., suo compagno di squadra, che sta dall’altra parte del campo di ping pong.

    «Com’è andata filosofia stamattina?» «6,5, mìa màl, dai!». T. è friulano, ma ogni tanto mi fa il verso in bergamasco. In quattro anni è come aver imparato un’altra lingua. L’interrogazione ovviamente era online; gli chiedo come si trova con la didattica a distanza. «Già uno fa fatica a seguire in classe, figurati a casa… Poi non è che tutti i professori brillino nel catturare l’attenzione»; fatiche quotidiane, di qua e di là da una webcam. Un periodo che ci insegna una volta di più ad opporre al comodo adagiarsi un più faticoso reinventarsi.

    Sono le 14.20. Riposte le palette, F. e T. se ne vanno al pullman che li porta a Zingonia per l’allenamento quotidiano. Rigorosamente individuale. Rigorosamente in attesa di tempi migliori.

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