Ai miei tempi circolava la storia di un giovane, un tal Sandro, che aveva deciso di andare in Svizzera a lavorare.
Il giorno della partenza la mamma con le lacrime agli occhi gli aveva raccomandato: «Sta’ attento alle cattive compagnie». Al che il papà, sorridendo sotto i baffi, le aveva suggerito: «Maria, sarebbe piuttosto il caso di dire alle cattive compagnie che stiano attente a Sandro».
Molti anni dopo quell’episodio e più o meno nella stessa zona, un ragazzo di nome Alessandro è redarguito da un professore della scuola media per i suoi continui comportamenti da bullo nei confronti dei compagni.
I genitori dell’alunno si presentano il giorno dopo nell’ufficio della preside e inveiscono contro di lei minacciando ritorsioni nel caso il docente insista a «bullizzare» il loro figlio e fanno partire una diffida nei suoi confronti.
Forse un tempo i metodi educativi non erano raffinati come oggi, ma se i genitori di Sandro avevano capito che voler bene e dire la verità sono la stessa cosa, quelli di Alessandro non prendono neppure in considerazione che la verità sia parte essenziale non solo dell’educazione, ma anche del voler bene.
Eppure già 1500 anni fa anni fa S. Agostino diceva che la carità dev’essere vera e la verità dev’essere cara… in altre parole che la verità e l’affetto non possono fare a meno l’uno dell’altra e che solo la loro unione e interazione è garanzia di amore autentico.
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