venerdì 17 giugno ’16

    XI Settimana tempo Ordinario

     

    Iniziamo la giornata Pregando

    Santifica, o Dio, le mie azioni con la tua grazia e sostienile con il tuo aiuto. Ognuno dei miei atti abbia inizio con te e così si compia in te. O Dio, fa’ che l’inizio e la fine di questo giorno siano nelle tue mani. Amen.

     

    Giulitta Martire

    Durante la persecuzione di Diocleziano a Iconio (oggi in Turchia) Giulitta, donna ricca, vedova con il figlio in tenera età, Quirico, lascia la città, per sfuggire alla persecuzione, e scende con le ancelle in Cilicia, dove è arrestata con l’accusa di essere cristiana. La leggenda narra che il persecutore teneva il fanciullo sulle ginocchia: Quirico, vista la madre sofferente, si disse anch’egli cristiano e morì scaraventato a terra dal governatore. La madre, impietrita dal dolore, restò ferma nella fede e dopo strazianti torture, fu consegnata al boia per essere giustiziata intorno al 304

     

    La Parola di Dio del giorno (Matteo 6,19-23)

    Gesù disse ai discepoli: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!»

     

    La riflessione del giorno (Card. Ravasi)

    La sapienza e la giustizia cominciarono ad abbandonare la terra allorquando i dotti, organizzati in sette, cominciarono ad usare la loro dottrina a scopo di lucro. In un saggio dedicato alla figura del filosofo e scrittore Giordano Bruno (1548-1600) c’è questa sua frase che merita una riflessione. La società contemporanea ci ha ormai abituato a dare un costo a tutto, anche alle realtà spirituali, al punto tale che è ormai legge quello che Ignazio Silone metteva in bocca a uno dei suoi «cafoni» di Fontamara: «Se è gratis, c’è l’inganno». Abbiamo perso il senso del gratuito e tutto viene compiuto secondo un calcolo, esplicito o implicito. È per questo – come dice Bruno – che sapienza e giustizia sono così rare e il dono libero e puro è quasi un miracolo.

     

    L’intenzione del giorno

    Preghiamo per don Fausto e i cappellani delle carceri

     

    Don’t forget! …Ricorda!

    Giornata mondiale per LA LOTTA A DESERTIFICAZIONE E SICCITÀ

    17/06/1978: 37° anniversario dell’Ordinazione Sacerdotale di don Fausto Resmini

     

    130° quadro della serie “1.000 quadri più belli del mondo”

    Cattura

    LORENZO LOTTO: LUCINA BREMBATI. 1518. Olio su tavola 52 x 44 cm. Accademia Carrara BERGAMO

     

    Il dipinto è opera di Lorenzo Lotto (Venezia 1480 – Loreto 1556/’57) che fu tra i principali esponenti del Rinascimento veneziano, sebbene l’indole originale e anticonformista lo abbia portato a una sorta di emarginazione dalla città, dominata da Tiziano. Si spostò quindi in zone considerate periferiche come Bergamo e le Marche. La sua vicenda umana fu talvolta segnata da insuccessi e delusioni che fanno di lui un soggetto sofferto, introverso e umorale, di grande modernità. Il quadro di oggi, nel 1882 entrò in Accademia Carrara da collezione privata bergamasca, come ritratto d’ignota. All’inizio del Novecento fu svelata l’identità della donna, grazie ai dettagli inseriti dall’autore: lo stemma della famiglia Brembati nell’anello all’indice sinistro e il rebus sullo sfondo, con la luna e l’iscrizione CI: “CI in luna” = “Lu-CI-na” nome della nobildonna. La protagonista è ritratta a mezza figura, col busto frontale e il volto a tre quarti.

    L’abbigliamento è consono allo status sociale, col vestito dalle maniche ampie e gonfie, scollato sul petto e nastrini dorati e ricami a conchiglia, nonché un discreto numero di gioielli, tra cui una collana di perle fatta di fili attorcigliati e una catena con un pendente a forma di cornetto d’oro, che era uno stuzzicadenti in uso all’epoca. In testa porta un copricapo voluminoso vermiglio con nastri e perle, la “capigliara”, secondo una moda lanciata da Isabella d’Este e la pelliccia è di donnola. A differenza della tradizione veneziana del ritratto idealizzato (Tiziano e Palma il Vecchio) quello del Lotto è vero e realistico, come dimostrano i dettagli del volto asimmetrico, del mento appesantito, dei tratti popolari che i lussuosi vestiti e i gioielli non nascondono. Ha una trentina d’anni, tra l’altro portati piuttosto male. La donna appare compiaciuta del suo status e della sua appartenenza a una delle famiglie più in vista della città, ma il Lotto, catturandoci con il suo misto di introspezione psicologica, originalità e capacità di conciliare mondo reale e mondo simbolico, ci consegna una provinciale agiata e opulenta, una specie di “sciura” cinquecentesca, di cui nessuno si sarebbe ricordato, all’immortalità della pittura.

    gingol

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