La faccia contrita e il tono dimesso facevano capire che era nei guai: aveva convinto un amico a prestargli l’auto per alcune prove in vista dell’esame della patente. “Ma sai guidare almeno un po’?” gli aveva chiesto.
E lui: “In Africa guidavo i camion”. Dieci minuti dopo si era schiantato contro l’auto di un connazionale parcheggiata in cortile: aveva confuso la retromarcia con la prima! Messo alle strette, doveva pagare i danni procurati sia all’amico sia all’altro e si era rivolto a me per un aiuto.
Ma pure a me anni fa era capitato lo stesso in Bolivia: in una gita sul lago Titicaca, un giovane aveva chiesto di poter guidare un attimo la jeep della parrocchia e glielo avevo permesso: la spiaggia era immensa, ma lui, manco a dirlo, si era infilato dritto nel lago.
Il recupero del pilota e del mezzo era costato una fortuna, ma in compenso avevo imparato la lezione: fidarsi va bene, ma a condizione di verificare se il richiedente sia all’altezza della fiducia concessa, perché in caso di danni, colpevole non è solo chi li provoca, ma anche chi l’ha messo nella condizione di provocarli.
Morale: alla luce di ciò che è successo nel nostro paese, se ci lamentiamo dei nostri rappresentanti politici, chiediamoci almeno perché mai ci siamo ciecamente fidati di loro al momento di eleggerli…
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