Giovedì 27 luglio 2023

     

    XVI settimana Tempo Ordinario

     

    Aforisma di Proust

    “Ogni generazione ride delle vecchie mode, ma segue religiosamente le nuove”.

     

    Preghiera dal libro di Daniele 3

    Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri, benedetto il tuo nome glorioso e santo. Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso, benedetto sei tu sul trono del tuo regno. Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi e siedi sui cherubini, benedetto sei tu nel firmamento del cielo. Amen.

     

    Santo del giorno

    Pantaleone nacque nella seconda metà del III secolo a Nicomedia, nell’odierna Turchia. Diventerà successivamente medico e sarà perseguitato dall’imperatore di Costantinopoli Galerio per la sua adesione alla fede cristiana. Fu condannato a morte nel 305: gli furono inchiodate le braccia sulla testa, che poi il boia gli mozzò.

    È il patrono di medici (insieme ai santi Cosma e Damiano) e delle ostetriche. Viene considerato uno dei quattordici santi ausiliatori (viene invocato contro le infermità di consunzione). Il gruppo dei 14 santi detti “ausiliatori” è composto da Acacio, Barbara, Biagio, Caterina, Ciriaco, Cristoforo, Dionigi, Egidio, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone, Vito; in Italia fu aggiunto s. Magno. A loro i fedeli si rivolgevano per particolari necessità.

     

    Parola di dio del giorno Matteo 13,10-17

    In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha.

    Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi,

    non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».

     

    Riflessione Gilbert K. Chesterton

    In ogni romanzo puro ci sono tre personaggi vivi e commoventi. Per amor di discussione possono essere chiamati San Giorgio e il Drago e la Principessa. In ogni storia d’amore ci devono essere gli elementi gemelli dell’amore e della lotta. In ogni romanzo ci devono essere i tre personaggi: ci deve essere la Principessa, che è una cosa da amare; ci deve essere il Drago, che è una cosa da combattere; e ci deve essere San Giorgio, che è una cosa che ama e combatte allo stesso tempo.

    Ci sono molti sintomi di cinismo e decadenza nella nostra civiltà moderna. Ma tra tutti i segni della debolezza moderna, della mancanza di comprensione della morale così come deve essere, non ce n’è stato nessuno così sciocco o pericoloso come questo: che i filosofi di oggi hanno iniziato a dividere l’amore dal combattimento e a metterli in campi opposti. Non c’è segno peggiore che si possa trovare un uomo, persino Nietzsche, che dica che dovremmo combattere invece di amare.

    Non c’è segno peggiore che un uomo, persino Tolstoi, ci dica che dovremmo amare invece di combattere. Le due cose si implicano a vicenda; si implicano a vicenda nel vecchio romanticismo e nella vecchia religione, che erano le due cose permanenti dell’umanità. Non si può amare una cosa senza voler combattere per essa. Non si può combattere senza qualcosa per cui combattere.

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Preghiamo per le vittime degli incendi e per quelle dei devastanti temporali che sconvolgono l’Europa in questi giorni.

     

    Don’t forget! Santi e beati della carità

    BEATO FRANCIS SOLANUS CASEY 1870 – 1957

    Bernard Francis Casey, sesto di 16 figli, nacque a Prescott nel Wisconsin il 25-11-1870 da Bernard James Casey e Ellen Elisabeth Murphy, contadini di origine irlandese. Terminate le scuole inferiori, intraprese vari lavori: bracciante agricolo, taglialegna, meccanico, elettricista, guardia carceraria, conducente di tram. Di carattere volitivo, era dotato di uno spirito altruistico e di una buona dose di buonumore.

    Nel 1892 a 22 anni, entrò nel seminario di Milwaukee e non essendo in grado di pagare la retta intera, fece il barbiere fra i compagni. Per la sua non più giovane età e una scarsa preparazione di base, incontrò grandi difficoltà negli studi, tanto che i superiori gli suggerirono di farsi religioso. Bernardo accettò il consiglio, pregando Dio di indicargli la sua volontà. Alla vigilia dell’Immacolata del 1896, comprese che il Signore lo chiamava tra i cappuccini di Detroit. Il 14-1-1897 iniziava il suo noviziato nel convento di S. Bonaventura, dove riceveva il nome di Francesco Solano.

    Concluso il noviziato riprese gli studi di teologia nel seminario dei cappuccini di Milwaukee. I superiori decisero di ordinarlo sacerdote sulle parole del preside degli studi: «Ordineremo fra Francesco Solano e come prete sarà per la gente un nuovo curato d’Ars». Il 24-7-1904 ricevette così l’ordinazione sacerdotale come “prete simplex”, con la clausola di non confessare e non predicare in pubblico. Subito dopo iniziò la grande avventura di fra Francesco Solano “prete simplex” o, come spesso firmava le sue lettere, “homo simplex”, al servizio dei frati e della gente più bisognosa.

    La prima obbedienza lo portò nella fraternità di Yonkers (1904-1918), come sagrestano e assistente delle donne che curavano il decoro della chiesa. Trasferito a Manhattan, (1918-1924), fu portinaio e promotore dell’opera delle SS. Messe per l’aiuto alle missioni dei cappuccini. Questo impegno fu trasformato da fra Francesco Solano in promozione alla partecipazione alla messa, all’animazione missionaria e alla necessità di pregare per i defunti. La gente semplice aveva compreso che fra Francesco Solano li accoglieva, li ascoltava, portava i dolori di tutti al Signore e i frutti non mancarono.

    Si trovò occupato tutto il giorno ad ascoltare, consolare, istruire, accompagnare tante persone. Dal 1923, su obbedienza del superiore, tenne un registro dove la gente annotava le grazie ricevute. Soleva così ripetere ai molti che avevano ricevuto una grazia che «tutto era possibile per chi aveva fede in Dio, nella sua bontà, nella sua misericordia, nell’intercessione della Madonna». Nel 1924 riceveva la nuova obbedienza nel convento di S. Bonaventura, a Detroit, con l’incarico di aiuto portinaio e vi rimase fino al 1945: trascorreva anche dieci ore al giorno in portineria, senza mai concedersi una tregua o una vacanza, esercitando il suo apostolato con la buona parola, la carità, la pazienza, la giovialità e l’obbedienza. Nella grande depressione degli anni Venti, fra Francesco Solano fu destinato a Detroit.

    Il contatto con la dura realtà di chi non ha da mangiare, lo svelò nel suo tratto più forte: ricevere i poveri alla porta del convento con il più grande rispetto per la loro persona. Mai chiese da dove venissero, se fossero cattolici o no, se avessero un reale bisogno: trattò tutti con compassione, senza favoritismi, senza parzialità. In lui il povero trovava l’amico e il confidente, sperimentando di non essere giudicato né compatito, ma di essere compreso, aiutato e sorretto. Il 21-7-1945 ricevette l’obbedienza di trasferirsi a Brooklyn (1945-1946). Aveva 75 anni e i superiori pensarono di ridurgli il servizio trasferendolo alla fraternità di Huntington (1946-1956). La sua salute, però, declinava e dopo ripetuti ricoveri in un ospedale a Detroit, i superiori ritennero bene trasferirlo nel convento di S. Bonaventura, dove morì il 31 luglio 1957, a 87 anni. È stato beatificato il 18 novembre 2017.

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