Cosa c’è di più nobile, bello, utile ed efficace del fatto che si possa dedicare un po’ del proprio tempo e donare un po’ delle proprie energie e sostanze al prossimo soprattutto a quello più debole, indifeso o bisognoso? Se Gesù nel Vangelo dice che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 25,34-35) deve essere vero per forza. Ma non tutto è così semplice e lineare come sembra. Bisogna almeno che uno chieda a se stesso perché mai voglia diventare volontario. Capita infatti che a volte (sempre più di frequente, purtroppo) ci si illuda di trovare nel volontariato se non la soluzione, almeno una via di fuga o un po’ di sollievo ai propri problemi personali…il che è vero: far del bene è sempre efficace e utile non solo a chi lo riceve, ma anche a chi lo fa. Perciò, fatto salvo che il volontariato è opera utile e meritoria, ci permettiamo di dare pochi suggerimenti:
- Ricordare che nessuno può dare più di ciò che ha. Soprattutto chi ha problemi da risolvere, è probabile che non solo non risolva i problemi altrui, ma scarichi i propri addosso al prossimo. L’esperienza in Patronato è significativa in proposito: l’accoglienza di italiani o stranieri che si trovano in situazioni di emergenza è opera meritoria, il che non toglie che si tratti di un’operazione difficile e complicata. E così capita che a volte sia lo straniero apparentemente più disponibile o l’italiano più generoso a complicare una situazione giù complessa di suo e che certi volonterosi tentativi di soluzione ai problemi, finiscano per ingarbugliare le cose ancor di più…e il tutto con tanta buona volontà! Una delle raccomandazioni ai collaboratori è: “Non impegnatevi a risolvere i problemi, limitatevi a tenerli sotto controllo”. E ai volontari: “Prima di risolvere i problemi degli altri, impara a tenere sotto controllo i tuoi”.
- Le buone intenzioni non bastano, anzi spesso nascondono un atteggiamento pericoloso per chi vuol fare il volontario e cioè la presunzione. Certe persone non si limitano infatti a eseguire il compito loro affidato, ma interpretano la fiducia dei responsabili come un permesso a fare di tutto e di più. Ci sono poi individui dalla vita confusa che stranamente hanno (o credono di avere) idee chiare e distinte su come si debba condurre un progetto di vita comunitaria: poco importa che la famiglia li abbia scaricati, il progetto matrimoniale sia fallito o la comunità di prima accoglienza li abbia cacciati. La sapienza antica diceva che di buone intenzioni è lastricato il cammino che porta all’inferno. Giorni fa a un ospite che auspicava maggiore severità nei confronti di chi non rispetta le regole, non si è potuto a meno di osservare che in questo caso il primo a dover essere cacciato sarebbe dovuto essere lui che da mesi non pagava la retta della stanza.
- Imparare a tenere sotto controllo i sentimenti e a usare la testa. La volontà di aiutare i poveri, gli stranieri, i bisognosi spesso è mossa da ottimi sentimenti, ma è bene che si affranchi dal loro eccessivo influsso, per diventare più fondata, stabile, decisa e sicura, per resistere alle delusioni, superare le prove e soprattutto per imparare a leggere con chiarezza le situazioni e dare le risposte più utili e convenienti non per il volontario, ma per la persona da aiutare. Così capita con certe persone di buon cuore che hanno dedicato tempo ed energie al giovane africano di turno e che vivono con sofferenza la sua decisione di andarsene: non capiscono che la richiesta di autonomia è il segnale che l’impegno nei suoi confronti ha funzionato. Sono perplesso nei confronti di quelli (più spesso quelle) che si innamorano della persona che aiutano: nella vita –è vero- tutto può succedere e non è escluso che la scelta funzioni. Ma certi rapporti che nascono troppo asimmetrici, sono destinati a manifestare prima o poi tutta la loro debolezza e a riportare a galla, potenziandoli, proprio quei disagi e sofferenze che si pensava di eliminare col sentimento.
- Darsi un limite: un parroco a proposito dei volontari della sua comunità diceva: “Ci sono persone così generose che sono disposte a dare tutto, proprio tutto, meno le dimissioni”. Vale anche per i volontari di oggi quello che lo “Speculum asceticum” testo del medioevo (forse di S. Bernardo) ripreso da Papa Giovanni XXIII nel “Giornale dell’anima” raccomandava: “Ascolta tutti, credi a pochi, onora ognuno. Non credere a tutto ciò che senti; non giudicare tutto ciò che vedi; non fare tutto ciò che puoi; non dare tutto ciò che hai; non dire tutto ciò che sai”.
– don Davide Rota –
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