XXIII Settimana tempo Ordinario

     

    Iniziamo la Giornata Pregando – Inno

    Lodate Dio, schiere beate del cielo. Lodate Dio, genti di tutta la terra: cantate a lui che l’universo creò, somma sapienza e splendore. Lodate Dio, Padre che dona ogni bene. Lodate Dio, ricco di grazia e perdono: cantate a lui che tanto gli uomini amò da dare l’unico figlio. Lodate Dio, uno e trino Signore. Lodate Dio, meta e premio dei buoni: cantate a lui, sorgente d’ogni bontà. Amen.

    Santo del giorno – S. Nicola da Tolentino

    Nato nel 1245 a 14 anni entrò fra gli eremitani di sant’Agostino di Castel Sant’Angelo come oblato e nel 1274 fu ordinato sacerdote. Era un asceta che diffondeva sorriso, un penitente che metteva allegria: veniva da 8-10 ore di preghiera e digiuno a pane e acqua, ma aveva parole che spargevano sorriso. Molti venivano da lontano a confessargli ogni sorta di misfatti, e andavano via arricchiti dalla sua fiducia gioiosa. Sempre accompagnato da voci di miracoli, nel 1275 si stabilì a Tolentino dove resterà fino alla morte il 10 settembre 1305

    La Parola di Dio del giorno – Lc 6,27-38

    Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.  A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.  Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».

    Riflessione del Giorno – Lalla Romano commentata da Mons Ravasi

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    In un povero vecchio ubriaco/ che trascina malcerto i suoi passi, / goffamente incespica e cade;/ di sangue e di polvere intriso,/ un’oscura bellezza ravviso./ In sembianza d’uccello ferito,/ dalle ali stroncate e pesanti,/ mi rammenta che un angelo vinto/ dal suo cielo nativo scacciato/ è l’uomo, ed il volo ha scordato.

    E’ una poesia di Lalla Romano (1906-2001) di tema quasi metafisico-teologico e di taglio simbolico. Quante volte ci è accaduto di seguire con curiosità e malinconia l’incedere sconnesso di un barbone ubriaco. In quella figura Lalla Romano vede una parabola della stessa natura umana, una raffigurazione del paradiso, del nostro splendore offuscato, della primitiva bellezza angelica impiastricciata di fango.

    Ma al di là di questa metafora alta e “autobiografica” per ogni creatura umana, vorrei richiamare la bontà e la potenza dello sguardo della poesia e della fede. Entrambe, infatti, sanno sempre intuire – anche dietro i lembi cadenti di un volto e persino nell’abbrutimento e nella miseria – «un’oscura bellezza». Ogni persona ha in sé una stimmata di luce, ha sempre qualche tratto dell’immagine divina su cui fu modellata.

     

    …Don’t forget! 91° quadro della serie: i 1000 quadri più belli del mondo

     

    Cattura

    Pietro Perugino: consegna delle Chiavi. 1481/2 – affresco – 335×550 cm. Cappella Sistina – Vaticano – Roma

     

    Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come il Perugino (Città della Pieve, 1448 – Fontignano, 1523), fu il più noto e influente pittore italiano per almeno un paio di decenni e titolare in contemporanea di due attive botteghe, a Firenze e a Perugia. Fuse insieme la luce e la monumentalità di Piero della Francesca con il naturalismo e i modi lineari di Andrea del Verrocchio, filtrandoli attraverso i modi gentili della pittura umbra. Fu il maestro di Raffaello. Nel 1480 Perugino si trovava nell’antica Basilica vaticana ad affrescare una cappella per conto di Sisto IV, ottenendo un tale successo da ricevere, subito dopo, la commissione per la decorazione della cappella Sistina, dove dipinse –con aiuti- sei grandi scene di cui se ne sono conservate tre: la più nota è quella che oggi presentiamo. La Consegna delle chiavi è di fondamentale importanza nel tema del ciclo pittorico, perché sottolinea la trasmissione del potere spirituale da Cristo a S. Pietro, giustificandone il primato su cui si basava tutta l’autorità papale.

    La scena si svolge su due fasce orizzontali: una con le figure in primo piano e una con sfondo architettonico. In primo piano Cristo consegna le chiavi d’oro e argento del paradiso a S. Pietro inginocchiato, circondato dagli altri apostoli -riconoscibili dalle aureole- e da ritratti di contemporanei, tra cui l’autoritratto di Perugino nell’uomo vestito di nero che guarda lo spettatore nel gruppo di destra. Celebre è l’apparato scenografico che amplifica la scena principale, inquadrata dalle linee prospettiche del pavimento a grossi quadrati marmorei della piazza decorata da edifici monumentali. Al centro un magnifico edificio a pianta centrale con cupola, simbolo dell’universalità del potere papale e visione ideale del Tempio di Gerusalemme: questa visione architettonica, espressiva degli ideali di classica perfezione del Rinascimento, venne ripresa dagli allievi di Perugino, il Pinturicchio e soprattutto Raffaello nel celeberrimo Sposalizio della Vergine di Brera.

    Ai lati della piazza citazioni dell’arco di Costantino, omaggio alla passione per l’antico tipica di quel tempo. Guardando al corteo di figure in primo piano si nota come i vari atteggiamenti siano ripetuti ritmicamente per creare un andamento vario e ordinato, come “musicale”. I volti, i capelli, gli abiti di tutto il gruppo sono resi con cura e profusione di dettagli e con la raffinatezza che si addice alla tematica trattata. Il paesaggio che chiude lo sfondo è tipico dell’artista, con le dolci colline umbre, punteggiate da esili alberelli, che sfumano in lontananza verso l’orizzonte, dando quel senso di distanza infinita grazie alla puntuale resa atmosferica data dalla prospettiva aerea.

     

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