19.a Settimana Tempo Ordinario
Proverbio
Il malvagio somiglia alla punta dell’ago e il buono alla cruna con il filo: il primo fa il buco, l’altro lo tura.
Preghiera Antico inno liturgico
Il tuo Corpo sacro crocifisso per noi, noi mangiamo; il tuo prezioso Sangue versato per noi, noi beviamo. Il tuo Corpo sia la nostra salvezza e il tuo Sangue ci liberi dalle colpe. Per la tua tomba nuova e per la tua sepoltura noi rinasceremo nell’anima e nel corpo. Per la tua risurrezione che ci richiama alla vita, noi risorgeremo e staremo eretti dinanzi alla tua giustizia. Amen
SANTA GIOVANNA FRANCESCA DE CHANTAL Religiosa
La vita di Giovanna Frémiot è legata alla figura di Francesco di Sales, suo direttore e guida spirituale, e di cui fu seguace, ispiratrice e collaboratrice. Nata a Digione nel 1572, a vent’anni sposò il barone de Chantal, da cui ebbe molti figli. Rimasta vedova, avvertì il desiderio di ritirarsi dal mondo e consacrarsi a Dio. Sotto la guida di Francesco di Sales, diede vita alla fondazione intitolata alla Visitazione e destinata all’assistenza dei malati. L’Istituto si diffuse rapidamente nella Savoia e nella Francia: la seguirono numerose ragazze, le Visitandine, come erano chiamate e universalmente note le suore dell’Istituto. Prima della morte a Moulins il 13-12-1641, le case della Visitazione erano 75, quasi tutte fondate da lei.
Parola di Dio del giorno Matteo 18,21-19,1
Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.
Riflessione breve
Da Italo Calvino, L’avventura di un fotografo, Amori difficili, 1970
Basta che cominciate a dire di qualcosa “Ah che bello, bisognerebbe fotografarlo!” e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto, che è come se non fosse esistito, e che quindi per vivere veramente bisogna fotografare quanto più si può, e per fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita. La prima via porta alla stupidità, la seconda alla pazzia.
Intenzione di preghiera per il giorno
Perché le risorse del pianeta non siano saccheggiate, ma condivise in modo equo e rispettoso
Don’t Forget! Santi della carità
San Vincenzo Romano – 1751-1831
Vincenzo Romano nacque a Torre del Greco, Napoli, il 3-6-1751. Studiò nel seminario di Napoli e fra gli insegnanti c’era S. Alfonso Maria de’ Liguori. Ordinato prete il 10.6.1775, svolse il suo apostolato per 20 anni nella natia Torre del Greco. Il 15-6-1794 una terribile eruzione del Vesuvio distrusse quasi per completo la città, compresa la chiesa di S. Croce. Don Vincenzo si dedicò subito all’opera di ricostruzione materiale e morale sia della città che della chiesa, che volle più grande e sicura. Introdusse a Torre la “sciabica”, strategia missionaria tesa ad avvicinare gruppi di persone o singoli passanti per invitarli alla preghiera. Fu mediatore nei contrasti fra gli armatori delle «coralline» e i marinai che affrontavano i rischi della pesca del corallo. Morì il 20-12 -1831. |
È stato canonizzato da papa Francesco il 14-10-2018. Ciò che colpisce in lui è l’apertura ai problemi umani e materiali della gente, di cui condivideva gioie, dolori e speranze. Vincenzo Romano era infatti un apostolo della carità: si dedicò all’educazione dei fanciulli e dei giovani nella sua casa, dove gratis dava lezioni per i vari ordini di scuola. Si impegnò per risolvere le questioni economiche e sociali e si interessò per riscattare i torresi caduti in schiavitù dei corsari. Cercava di «sorprendere i delinquenti» fino a distruggere i luoghi in cui la delinquenza comune e organizzata poteva attecchire per i suoi loschi affari. Non abbandonò mai il gregge durante gli scompigli politici, né durante le eruzioni del Vesuvio o le azioni carbonare: in questo senso era un uomo sempre sulla strada delle persone da salvare, che cercava in tutti i modi di incontrare e poco importava dove. Vincenzo Romano è salito agli altari, facendo il parroco e “struggendosi”, come egli diceva, per il popolo a lui affidato. E se i suoi contemporanei lo chiamavano già “il santo” ciò era dovuto al fatto che era per tutti segno dell’amore di Dio e dei fratelli. Per questo egli deve essere considerato modello di carità pastorale per i sacerdoti, in modo particolare per i parroci desiderosi di vivere il ministero nell’ascolto della Parola che salva, nella fede dell’Eucaristia che santifica, nella pratica dell’amore che libera.
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