giovedì 18 novembre ’21

     

    33a Settimana del tempo ordinario

     

    Aforisma del giorno di Paulo Coelho

    Un bambino può insegnare sempre tre cose a un adulto: a essere contento senza un motivo, a essere sempre occupato con qualche cosa e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera.

     

    Preghiera del giorno di Hellmuth Gollwitzer

    Signore, attendiamo la tua parola che ci rende liberi. Sintonizzaci sulla tua voce, sul tuo silenzio…A noi è concesso prefigurarci la tua vittoria, e il tuo regno eterno. Siamo oppressi dalle tenebre del presente e viviamo incerti il giorno per giorno. Ci è concesso di credere e non abbiamo il coraggio di credere. Ci è concesso di amare e ci chiudiamo in noi stessi egoisticamente. Signore, facci riflettere sul tuo amore. Ti preghiamo per il mondo, per gli uomini che soffrono la guerra e la fame, per quelli che subiscono l’ingiustizia. Fa’ che confessiamo le nostre colpe, che non restiamo insensibili. Amen.

     

    Santo del giorno

    DEDICAZIONE BASILICHE DEI SS. PIETRO E PAOLO: delle due basiliche, la prima fu edificata dall’imperatore Costantino sul colle Vaticano al di sopra del sepolcro di S. Pietro, finché consunta dal tempo e ricostruita nelle forme grandiose che vediamo oggi, in questo giorno fu consacrata di nuovo e aperta al culto dei fedeli.

    L’altra basilica dedicata a S. Paolo apostolo fu realizzata sulla via Ostiense e costruita dagli imperatori Teodosio e Valentiniano: la chiesa fu quasi completamente distrutta da un terribile incendio nel 1823: ricostruita ex novo, fu dedicata il 10 dicembre 1854.

    Nella loro comune commemorazione viene simbolicamente espressa la fraternità degli Apostoli e l’unità della Chiesa.

     

    La Parola di Dio del Giorno Luca 19,41-44

    In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.

    Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

     

    Riflessione del giorno

    “Che cosa resta del Cristianesimo senza il pensiero della morte, della fine del mondo? Rimane solo un’ideologia del pauperismo abbastanza confusa, abbastanza contraddittoria.

    Tanto confusa, tanto contraddittoria, che coloro che la professano dimenticando la morte e la fine del mondo, con ansia tendono a fonderla in altra più precisa, più conseguente, più ’scientifica’ ideologia”.

    Sono parole di Leonardo Sciascia, tutt’altro che credente e tenero nei confronti della chiesa, ma che coglie in pieno il punto focale del problema dei credenti di ogni tempo e soprattutto di questo tempo.

    Se vien meno la prospettiva ultraterrena, se i “novissimi” (morte, giudizio, inferno, paradiso) non fanno più parte dell’annuncio cristiano, questo risulta mutilato e per certi versi incomprensibile.

    Per organizzare al meglio la vita nel mondo basta e avanza la società di oggi che ha garantito (e cerca di garantire) più o meno a tutti un accettabile livello di vita…Ma il messaggio cristiano colloca il compimento della vita al di là della stessa: una chiesa che rinunciasse all’annuncio delle verità escatologiche sarebbe tutt’al più –secondo le parole di Papa Francesco- un’ong misericordiosa e poco di più.

    Questi giorni che segnano la fine dell’anno liturgico 2021 e l’inizio del nuovo anno 2022 ci richiamano proprio questa verità…Facciamola nostra senza paura: ne va del nostro futuro altrimenti. 

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Preghiamo perché la fine dell’anno liturgico provochi in noi una profonda revisione di vita.

     

    Don’t Forget! Santi della carità

    Santa Elisabetta d’Ungheria (1207-1231). Nacque nel 1207 in Ungheria, dal re Andrea II, nel castello di Saros Patak, vicino a Budapest, ma ancora bambina venne trasferita nel castello di Wartburg e fu promessa come sposa a Lodovico, figlio del Langravio di Turingia.

    A 14 anni, giunta per quei tempi l’età di sposarsi, si celebrarono le nozze e fu un matrimonio felice, con intesa spirituale tra i due coniugi, tutti e due affascinati – attraverso il loro confessore, il francescano frate Rüdiger – dalla figura di Francesco d’Assisi, ancora vivente allora.

    Proprio mentre stava per nascerle la terza figlia, suo marito Lodovico morì durante il viaggio intrapreso per prendere parte alla crociata guidata dall’imperatore Federico II.

    Elisabetta aveva vent’anni, e non volle accettare la proposta di un altro matrimonio; rinunziando a ogni cosa, passò il resto della vita a servire i malati per i quali volle far edificare, con la dote, un ospedale a Marburgo, dedicandolo a S. Francesco.

    Morì quattro anni dopo, il 17 novembre 1231, venerata da tutti, ispiratrice di un modello di vita per le donne che, pur rimanendo nell’ambito della vita civile, si dedicavano integralmente alla preghiera e al servizio dei poveri e che da lei avrebbero preso il nome di “elisabettine”.

    Dopo la sua morte, il confessore rivelò che, ancora vivente il marito, lei si dedicava ai malati, anche ai ripugnanti: scrisse: “Elisabetta conobbe e amò Cristo nei poveri, cominciò presto a distinguersi in virtù e santità di vita…

    Distribuiva con larghezza i doni della sua beneficenza non solo a coloro che ne facevano domanda presso il suo ospedale, ma in tutti i territori dipendenti da suo marito.

    Arrivò al punto di erogare in beneficenza i proventi dei quattro principati di suo marito e di vendere oggetti di valore e vesti preziose per distribuirne il ricavato ai poveri.

    Aveva preso l’abitudine di visitare tutti i malati di persona, due volte al giorno, mattino e sera. Si prese cura diretta dei più ripugnanti. Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre in ogni attività di bene, senza mettersi tuttavia per questo in contrasto con suo marito.

    Dopo la morte di lui, tendendo alla più alta perfezione, mi domandò con molte lacrime che le permettessi di chiedere l’elemosina di porta in porta”. “Collocava la sua dedizione in una cornice di normalità, che includeva anche piccoli gesti “esteriori”, ispirati non a semplice benevolenza, ma a rispetto vero per gli “inferiori”: come il farsi dare del tu dalle donne di servizio.

    Ed era poi attenta a non eccedere con le penitenze personali, che potessero indebolirla e renderla meno pronta all’aiuto. Visse da povera e da povera si ammalò, rinunciando al ritorno in Ungheria, come volevano i suoi genitori, re e regina.

     

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