martedì 13 aprile ’21

     

    Seconda Settimana di Pasqua

     

    Proverbio – proverbi asiatici 

    L’uomo con la coscienza tranquilla non avrà mai paura se sentirà bussare alla sua porta a mezzanotte.

     

    preghiera del giorno

    E’ buono e giusto, nostro dovere e fonte di salvezza, proclamare la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questo tempo nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato. Per mezzo di lui rinascono a vita nuova i figli della luce, e si aprono ai credenti le porte del regno dei cieli. In lui morto è redenta la nostra morte, in lui risorto tutta la vita risorge. Per questo ti rendiamo grazie e lodiamo senza fine il tuo nome. Amen

     

    MARTINO 1° PAPA E MARTIRE

    Originario di Todi, Martino fu prete a Roma e in seguito legato pontificio alla corte imperiale di Costantinopoli. All’epoca il dibattito teologico mirava a stabilire se Gesù aveva una o due volontà. I padri conciliari a Calcedonia avevano stabilito che Gesù aveva due nature. Eletto Papa nel 649, Martino dovette affrontare la questione e indisse un sinodo a Roma che stabilì che la negazione della realtà della volontà umana del Cristo renderebbe impossibile la piena redenzione dell’uomo. Furente, l’imperatore Costante II inviò in Italia l’esarca Olimpio con l’ordine di condurre prigioniero il Papa in Oriente. Olimpio si ribellò, si autoproclamò signore d’Italia e per tre anni governò sulla penisola: Martino poté così svolgere il suo ministero in libertà. Poi, però, Olimpio morì in battaglia e Costante inviò un nuovo emissario che fece prigioniero il Papa e lo portò prigioniero nella penisola di Crimea, dove morì nel 655, presto venerato come martire della fede.

     

     

    Parola di Dio del giorno – Giovanni 3,7-15

    Gesù disse a Nicodemo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Replicò Nicodemo: «Come può accadere questo?». Rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

     

    la Riflessione del giorno  (Mons. Ravasi: Mattutino)

    La nobiltà dello spirito, rispetto a quella tradizionale del sangue, ha il vantaggio che uno se la può conferire da solo. Questa citazione è di Robert Musil che era nato a Klagenfurt in Austria nel 1880 e aveva studiato e vissuto in Germania, col prevalere di Hitler, aveva deciso di lasciare Berlino e di riparare in Svizzera, e a Ginevra si spegneva nel 1942. Là aveva condotto un’esistenza povera e la morte l’aveva colto all’improvviso mentre stava lavorando al suo capolavoro incompiuto, l’Uomo senza qualità. Vi ricordate l’esilarante battuta di Totò: «Signori si nasce. E io lo nacqui!»? In realtà, non si nasce né signori né raffinati né insigni, lo si diventa con un serio esercizio. Si può ereditare per nascita di essere conti o marchesi, blasonati e patrizi: frutto di condizioni meramente estrinseche è appartenere alla classe aristocratica o plebea. La «nobiltà dello spirito», come ammonisce Musil, è invece l’unica che ci conferiamo da soli con un impegno severo, anche nei piccoli comportamenti. A quest’ultimo proposito mi viene in mente la battuta di un altro scrittore, Anton Cechov: «La signorilità vera non sta nel non versare la salsa sulla tovaglia, ma nel non mostrare di accorgersi se un altro lo fa». Il contegno, l’educazione, il rispetto sono valori che rivelano una classe che non è assegnata dai documenti anagrafici, ma che fiorisce da una finezza umana profonda.

     

    l’intenzione di preghiera del giorno

    Preghiamo perchè i cristiani non si scandalizzino della croce, ma da essa attingano vita eterna

     

    don’t forget! 1000 Quadri più Belli del Mondo

    GIAMBATTISTA PITTONI: VISIONE DI S. ANTONIO DA PADOVA 1730 – Olio su tela – 90 x 59 cm   - San Diego Museum of Art California USA

    GIAMBATTISTA PITTONI: VISIONE DI S. ANTONIO DA PADOVA 1730 – Olio su tela – 90 x 59 cm   – San Diego Museum of Art California USA

     

    Giovanni Battista Pittoni (1687–1767) fu pittore e docente cittadino della Repubblica di Venezia. A partire da Sebastiano Ricci e con Giovanni Antonio Pellegrini, Rosalba Carriera, Jacopo Amigoni e Giambattista Tiepolo è considerato tra i più rilevanti esponenti del Rococò veneziano. L’opera che oggi presentiamo ripete una composizione tra le più care e preziose del Pittoni ed è notevole per il vigore dell’impianto, sostenuto da un modello largo e saldo, ma di pasta morbida. Il pittore ritrae la visione a cui ebbe la possibilità di assistere il conte Tirso al quale Antonio chiese di costruirgli tra i rami di un albero una specie di celletta dove ritirarsi in preghiera. Il nobile gliela allestisce e il santo passa in quel rifugio le sue giornate di contemplazione, rientrando nell’eremo solo la notte. Una sera, il Conte si reca nella stanzetta dell’amico, quando, dalla porta socchiusa, vede sprigionarsi un intenso splendore. Temendo un incendio, spinge la porta e resta immobile davanti alla scena di Antonio che stringe fra le braccia Gesù Bambino. Quando si riscuote dall’estasi, il santo prega l’amico di non dire a nessuno dell’apparizione. Solo dopo la morte del Santo il Conte racconterà quello che aveva visto. L’opera ritrae il momento in cui Antonio stringe fra le braccia Gesù bambino: il pittore mirabilmente riesce a tradurre in immagini la beatitudine evangelica dei puri di cuore che vedono Dio. Infatti S. Antonio nella mano destra, oltre al giglio simbolo di purezza, stringe un panno bianco su cui poggia il bambino circondato da nube luminosa: il santo non lo guarda e fa così intuire che la sua è visione tutta interiore. Il bambinello con la braccia compone un segni di croce e china lo sguardo benedicente sul giovane frate. I colori soffusi, i gesti contenuti, i sentimenti intimi, i toni raccolti…tutto parla di un’esperienza mistica intensissima che però non ha nulla della retorica e ridondanza barocca. Siamo di fronte a un vero capolavoro.      

     

     

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